CODICI
Ogni progetto è sempre differente dal suo precedente come lo sarà dal successivo, certo è che l'idea e le linee guida nascono dalla stessa mente e dalla stessa mano, ecco perché, anche solo soffermandosi poco a pensare al proprio "modo di progettare", si riscoprono certe regole fisse che si ripetono in ogni studio di forme. Nulla però è definitivo e analizzato a priori, perciò i codici di progetto che ora proverò a dettarmi non hanno lo scopo di ostacolare la mia creatività, sono semplicemente dei punti di partenza e come tali potrebbero non coincidere con quelli d'arrivo.
Umano: come interpretare questo concetto l'ho già chiarito in precedenza, ci sono però degli accorgimenti progettuali che giustificano la mia scelta. Umano inteso come diretto rapporto tra l'individuo e l'architettura, quasi una compenetrazione perché questi due protagonisti devono convivere al ,meglio.
L'uomo deve percepire al massimo l'ambiente
che vive, non deve essere soffocato; per questo eviterei lunghi
corridoi stretti sostituendoli con piccole zone di smistamento
ben areate e illuminate. Il rapporto deve essere talmente diretto
tra abitante e abitato che ogni angolo deve presentare un motivo
di sosta. Utilissimi a mio parere sono delle piccole aree di
riposo: due assi che escono inaspettatamente da una parete, un
davanzale che aumenta la sua profondità per diventare un sedile
improvvisato.
Umano significa anche comodo, eviterei quindi
estenuanti scalinate, diminuendo al minimo l'alzata dei gradini
in modo che l'attraversamento dell'architettura, anche in verticale, venga vissuto come una passeggiata in una natura
costruita. RAPPORTO DI SCALA TRA ALZATA E PEDATA: 1:4
Naturale: la spettacolarità dell'architettura deve essere vissuta in tutto l'arco delle 24h, deve essere a stretto contatto con il cammino del sole e sfruttare ogni piccolo accorgimento che l'ambiente esterno offre.
L'idea è quella di
ricreare un natura costruita dove il prolungarsi, anche senza
significato pratico, di volumi e geometrie sia reso necessario
per la creazioni di giochi di luce ed ombre, come se
l'architettura vivesse e respirasse. Il colore, sempre tenue,
deve essere variato dalle ombre, anche costruite per esempio
attraverso la scelta di materiali che forniscano sensazioni si
scabrezza e particolare lucidità alle superfici.
La natura
scorre sempre e comunque, non è qualcosa di statico e
inattaccabile ecco perché amo l'inserimento dell'acqua
all'interno di un'architettura: qualcosa che lambisca dolcemente, che guidi lo sguardo e
segni sia visivamente che sonoramente un
percorso. Le zone di cammino potrebbero essere associate a
piccoli canali d'acqua in movimento, quelle di sosta a vasche
poco profonde di acqua pressoché ferma. I percorsi devono essere inclinati
di circa 3° in modo da far scorrere l'acqua senza che la pendenza venga
percepita da chi cammina.
Equilibrato: è una questione di sequenzialità di forme. Un'ascesa di dimensioni deve essere graduale, così come una diminuzione delle stesse. Non amo le forme che di punto in bianco irrompono sulla scena senza prima essere state introdotte.
Allo stesso tempo non concepisco la continua e perfetta
ripetitività, immagino delle finestre a nastro che squarciano la
facciata, ma né tutte delle stesse dimensioni né completamente
indipendenti le une dalle altre,: una variazione graduale e
studiata che solo un occhio attento sa leggere. Esigo anche un
giusto equilibrio tra pieni e vuoti perché solo in questo modo
si ricrea la plasticità vera e propria di un ambiente. La regola di fondo
per organizzare le dimensioni delle finestre segue il concetto di raddoppiare
il lato minore o dividere in due quello maggiore. In questo modo emerge una
impercettibile, ma esistente legge alla base di tutto.
- 3 AGGETTIVI - CATALIZZATORE - PARADIGMA e PUNTI DI VISTA -