Philip Johnson Il padiglione della Glass House, New Canaan, 1962
"Tutti i bambini dovrebbero avere una casa costruita fra i rami di un albero, tutte le bambine una casa per le bambole. Tutti i bambini cresciuti dovrebbero avere una loro personale casa giocattolo; questo padiglione in un laghetto è la mia... Nel mio padiglione ci si sente grandi e importanti. Quando ci si siede a prendere il tè si diventa grandi come un bambino e si gode romanticamente il panorama attraverso gli archi apparentemente infiniti del colonnato; ci si sente isolati dal mondo sopra un’isoletta in mezzo al lago... La forma del progetto – la sua grammatica – è schiettamente "moderna"... Grandi o piccoli, di pietra scolpita o di metallo fuso, con o senza volte, liberi come nel padiglione o inglobati nelle pareti piatte come nella Sheldon Art Gallery, gli archi sono fondamentalmente affascinanti. Gli archi su un’isola in mezzo a un lago lo sono due volte. E gli archi in falsa scala ma purtuttavia veri, tre volte. Lunga vita agli archi. Lunga vita alle bizzarrie" (D. Whitney e J. Kipnis, "Philip Johnson – La casa di cristallo", Electa, Milano, 1996, pp.23-25).
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