SITO DI PROGETTO: il Q.T.8
"Il QT8  per l’autorevole voce dell’arch. Luigi Picinato è stato definito nel 1955: “la più interessante esperienza urbanistica attuale...".
(Consonni, Meneghetti e Tonon 1988)



 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


BREVE STORIA DEL Q.T.8 di Piero Bottoni

Il QT8, che per l’autorevole voce dell’arch. Luigi Picinato è stato definito nel 1955: “la più interessante esperienza urbanistica attuale” trae origine dagli studi del CIAM e ne è la precisa conclusione, con aspetti di notevole progresso se ci si riferisce alle situazioni di fatto e reali della urbanistica italiana nel momento in cui il quartiere fu pensato e creato.
Il QT8 fu pensato, all’origine, come un grande laboratorio sperimentale dell’edilizia e come fatto reale legato a certi aspetti di una edificazione che nella primissima origine, non era stata formulata in termini urbanistici in quanto sembrava essere questo un fatto secondario rispetto all’importanza del problema edilizio architettonico che urgeva.
Fu alla fine dell’anno 1933 e cioè alla chiusura della V Triennale di Milano (che aveva visto affermato in modo ormai travolgente quel movimento per l’architettura razionale che si era iniziato nell’anno 1927) che Giuseppe Pagano ed io ci trovammo concordi nel riconoscere l’errore gravissimo che le sperimentazioni faticosamente e costosamente realizzate nell’ambito del parco della Triennale di Milano andassero in quei giorni distrutte.
Fu in quell’incontro che decidemmo di promuovere l’iniziativa per un quartiere stabile al di fuori del Parco di Milano, quartiere dove le sperimentazioni della Triennale potessero trovare una sede adatta, facile ad essere esaminata, veduta, controllata, criticata e specialmente passibile di essere riferita come fatto sperimentale non solo alle caratteristiche di durata dei materiali e della loro convenienza strutturale od economica, ma anche alla verifica delle qualità insediative e abitative rispondenti nel tempo alle esigenze dell’uomo. Quindi la necessità di un quartiere permanente.
La scelta cadde sopra un territorio della periferia nord-ovest allora completamente disabitato e abbandonato da qualsiasi iniziativa di carattere edificatorio che stava lungo l’asse dell’Olona.
Gli avvenimenti del tempo, la guerra di Abissinia ed altri fatti impedirono l’attuazione di quel programma che seppure assai embrionale, già si era espresso in forme di planimetria. La proposta, per i suoi riflessi edilizi e culturali, aveva posto comunque il principio di un’idea di notevole importanza.
Nel dopoguerra, per alcune fortunate occasioni che si concretarono nella possibilità che io ebbi di dirigere la Triennale di Milano, posi come tematica legata a quella realtà che si era voluta affermare nel programma dell’ottava Triennale, il problema della casa, il solo problema della casa, come tema unico dell’Esposizione.
Dall’antico progetto iniziale, che fu lungamente discusso fra i collaboratori, sorse una prima idea schematica dell’opera nel 1947 in occasione della Triennale stessa.
Il QT8 doveva essere il primo dei quartieri satelliti sui quali il P.R.G. fondava l’espansione della città: un quartiere residenziale concepito come parte integrante del piano di ricostruzione, sufficientemente dotato di servizi e legato alle più importanti direttrici urbane.
La concezione del quartiere cosiddetto autosufficiente, concezione che traeva origine, nella storia, da quel complesso di ricerche metodologiche che si affermarono all’epoca delle cosiddette città giardino, praticamente si legava ad una autosufficienza utopica, senza in realtà verificarsi come questa autosufficienza potesse veramente realizzarsi si da potersi considerare assoluta.
Alcune importanti conquiste, però, nel campo urbanistico si affermarono nell’impostazione del nuovo quartiere.
Innanzi tutto la netta distinzione tra strade di transito veloce e strade di transito rallentato o locale, strade queste ultime configurate essenzialmente come strade di penetrazione da una periferia su quattro diverse provenienze verso un centro di quartiere in modo particolarmente definito.
In secondo luogo ci si preoccupava di una distribuzione di proporzionali servizi per ogni settore di quartiere. A questo proposito si ricordi che le due strade afferenti al centro erano disposte ortogonalmente quasi a delineare un cardo e un decumano. Si formavano così esattamente nel quartiere quattro settori pressappoco equilibrati come quantità di popolazione e dotati ognuno di un nucleo di servizi primari.
Tutto questo dava una caratteristica di equilibrata distribuzione di infrastrutture in rapporto alla entità della residenza (circa 5000 abitanti per settore considerato). Questa indicazione relativa ai tracciati stradali si accentuava e precisava nella disposizione delle strade volte a raggiungere il centro del quartiere nel quale era previsto un insieme di edifici ad uso collettivo quali una chiesa, un cinema, un ufficio postale, caffè e ristoranti ad uso dell’intero quartiere.
Nel progetto finale, che fu dal sottoscritto redatto a modifica del progetto di base, fu affrontata una rigida gerarchia delle strade che differenziava, ancor maggiormente e secondo uno schema assoluto, le strade locali a fondo cieco con percorsi pedonali di accesso alle abitazioni, dalle strade di penetrazione (che partivano dalla periferia verso il centro).
Il QT8, se non fosse stato sperimentale anche in termini di architettura, già avrebbe portato un contributo dialettico alla prassi formativa di quartieri cosiddetti autosufficienti oltre al fondamentale principio della differenziazione dei percorsi viari, principio che vi fu integralmente conservato e che costituisce ancora oggi un’importante base di confronto, di esame, di verifica sull’utilità delle proposte fatte. Pertanto, pur con certe sue carenze di carattere realizzativo, rimane certamente un fortissimo passo avanti nell’organizzazione delle reti stradali interne ai quartieri residenziali.
E ancora, nel QT8, si affermavano alcuni concetti che solo molto più tardi vennero assunti come elemento importante nella pianificazione di quartieri residenziali nell’ambito di un’area metropolitana e cioè quello di essere il quartiere polo di interesse cittadino e non solo locale, grazie al grande parco progettato e sorto su un’area di circa 300 mila mq, su una area cioè superiore a quella occupata dal parco Sempione di Milano che rappresentava, nella città, uno dei solo due  esistenti spazi verdi a disposizione dell’intera città. Interessante era anche la presenza di un piccolo lago lungo il percorso dell’Olona.
La sperimentazione di carattere edilizio che fu proposta per il QT8, era bensì una sperimentazione legata alle morfologie edilizie, però aveva riflessi di carattere urbanistico che ritengo possano ancora oggi rappresentare elementi di considerazione e ripensamento se riferite ad altre realizzazioni fatte molto più tardi nel campo dell’edilizia residenziale sovvenzionata.
Purtroppo, per una imposta necessità di maggiore sfruttamento delle aree, viene sviluppata con costruzione intensiva la parte nord del quartiere. Analogamente nella zona a sud-ovest case di 4 piani sostituiscono casette isolate a 2 piani. La collina viene ampliata e ridotto il parco a nord. Le case alte all’estremità sud-est del QT8 da tre divengono quattro.
Il secondo piano approvato nel 1953 segna l’inserimento di certi problemi del quartiere nei più vasti problemi urbanistici della città. Si notino in particolare l’attrezzatura della nuova strada nella zona nord a piste differenziate e raccordate particolarmente studiate dagli ingegneri dell’Ufficio tecnico del Comune per il traffico di accesso alla città. La collina artificiale, che veniva incontro alla necessità di accumulare le macerie dei bombardamenti e sulla quale era prevista la costruzione di case isolate a 1 o 2 piani collocate sulle “terrazze”,  diviene parte di un grande parco cittadino e una complessa rete di strade panoramiche locali la valorizza e la rende utilizzabile per fini residenziali e sportivi. Le sue propaggini giungono e penetrano nel centro dove la chiesa e annessi con pianta libera trovano nuova articolata sistemazione sulla piazza principale. Verso il lato nord il quartiere confina con altre zone verdi comunali terminando con una edilizia a pianta libera costituita da case stellari su 7 piani.
Essenzialmente, l’aver scelto la possibilità di sperimentare edificazioni a 1 o 2 piani in piccoli edifici isolati a schiera e la realizzazione successiva di edifici a 4 piani, è tale da consentire la non presenza di ascensori e, infine, la realizzazione di edifici di 10-11 piani è tale da sperimentare e risolvere i problemi di una soluzione edilizia economica legata a questo numero di piani e alla prassi normale dell’edilizia in cemento armato.
Tutto questo tipo di sperimentazione, aveva però un riflesso di carattere urbanistico in quanto proponeva, fra l’altro, il tema dell’orientamento degli insediamenti residenziali e in secondo luogo il problema della formazione di certi ambienti determinanti l’aspetto urbano dei nuovi quartieri.
Ho parlato di differenziazione di traffici e caratterizzazione di morfologia edilizia come esperienza positiva del QT8; ho parlato di distribuzione del verde anche come polo di interesse cittadino come caratteristica positiva del QT8 e ho parlato come di fatto negativo della sottrazione assoluta di possibilità di penetrazione del traffico nell’ambito della zona più viva del quartiere che dovrebbe essere quella corrispondente al suo centro civico.
In realtà a QT8 manca ancor oggi un centro civico e, in quanto esso centro sia domani realizzato, sopravviverà comunque una condizione particolare di alienazione di interessi di parte del quartiere verso questo centro civico, poiché le periferie del quartiere sono, se non altro pedonalmente, a contatto di altri centri civici che sono al di là dei confini del quartiere stesso. Ma è pur vero che nell’ultima III soluzione planimetrica del QT8, e definitiva, si sono volontariamente obbligate le correnti di flusso a percorrere i viali interni fondamentali del cardo e del decumano del quartiere, proprio per correggere l’aspetto d’isolamento che il centro avrebbe avuto, per questa mancanza di linfa vitale determinata dal traffico di una strada scorrente.



 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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