CONTESTO E MONUMENTI

COME E' NATA LA CITTA'


La morfologia del luogo ha determinato sin dai tempi più antichi, che questa parte di Sardegna fosse frequentata sia dagli indigeni sardi e sia da tutti gli altri popoli che di volta in volta si succedettero nella conquista dell'isola. Le principali caratteristiche che permisero ciò furono: esistenza di un'isola (Isola Rossa) di fronte alla foce di un fiume navigabile, che permetteva la facilità e la sicurezza dell'approdo, una fertile pianura sulle rive dello stesso fiume, buone possibilità agricole nelle vicine colline, facilità di accesso per la parte più interna della Sardegna. La profonda insenatura ed il fiume Temo hanno permesso al centro di diventare punto di appoggio nella rotta transmeditteranea, ed ha comportato per Bosa una duplice funzione di mercato e di baluardo militare. Queste caratteristiche nei secoli hanno sempre detterminato la fortuna di questo luogo.

IL PAESAGGIO

Il paesaggio intorno alla cittadina è tra i più vari, ciò che colpisce è la grande varietà, in una così ristretta zona.
Si passa dagli ambienti quasi tropicali della valle del Temo, alle imponenti bancate di roccia su Monte Mannu o Sa Pittada, spazzate da venti impetuosi, dalle calme e tranquille spiaggette di Cumpultittu e S'abba Druke, alle ripide scogliere di Capo Marrargio, dalle curate geometrie delle vigne al fitto bosco di Silva Manna. Una parte di Sardegna ancora selvaggia ed integra con splendide testimonianze storiche. I monti con altezze non eccessive, (Monte Mannu m 802) ma ragguardevoli per la Sardegna, hanno versanti ripidissimi che li fanno sembrare più alti, dove gli agenti atmosferici hanno scolpito le rocce in forme bizzarre.
In questo contesto sorge Bosa, coronata dal suo castello Malaspina, abbarbicata sul colle Serravalle, che a sua volta si trova al centro della valle, contornata su tre lati da monti, tranne ad ovest, dove si apre l'accesso al mare.

MATRICI CHE HANNO GENERATO LA CITTA'

La città come gia detto nacque sul colle Serravalle, adagiandosi sotto le mura protettrici del castello, ed inoltre seguendo le linee altimetriche del colle stesso. Queste furono le matrici che generarono la forma della città feudale, quella più a monte. La città libera invece, quella prevalentemente dedita al commercio, si estese in territorio pianeggiante, lungo la sponda destra del fiume, del quale ne seguì l'allineamento. La parte feudale è arrivata sino a noi pressoche intatta, la parte in pianura invece a subito delle trasformazioni, comunque ridotte, nel periodo a cavallo tra il 1850 e la fine del '800. Si può affermare che matrici geometriche della città furono il fiume, il colle ed il castello, le prime lo furono anche da un punto di vista storico, perchè presentarono le caratteristiche adatte alla nascita di un abitato.

IL FIUME TEMO

Tra Bosa e il suo fiume esiste uno stretto rapporto di amore e odio, al Temo la città deve la sua ricchezza, ma da questo arrivarono spesso anche alluvioni e rovine. La parte più conosciuta è quella davanti alla città , dove diventa quasi un braccio di mare, un fiordo che si incunea tra le montagne, con la sua acqua salmastra. Nasce alle pendicì del monte Pedra Ettori, vicino al mare, ma la conformazione del territorio lo fa scorrere prima verso nord-ovest, e quindi dopo il lago di Villanova con un'ampia curva si dirige verso sud, dove scorre tra pareti verticali di roccia, in questo tratto descrive un'ampia ansa, ricevendo numerosi torrenti prima di arrivare alla diga (mai entrata in funzione). Oltre, il fiume scorre in una vallata a tratti più ampia, ma sempre caratterizzata da ripide pareti rocciose, oltre le quali devia bruscamente verso ovest, ed è qui che diventa navigabile, trasformandosi da modesto torrente in grande via d'acqua, attraversando lussureggianti giardini tra i quali si distinguono grandi ville e piccole casette. Troviamo, ancora, in quest'ultimo tratto, piccoli approdi per le barche, ma anche uno più grande sulla riva sinistra, che permette l'attracco in prossimità della chiesa di San Pietro. Proseguendo in rettilineo verso ovest arriva sino alla città e quindi al mare.

IL COLLE SERRAVALLE

Il colle viene lambito a sud dal fiume, verso nord invece è contornato da monti decisamente più alti, che arrivano a quote di 700-800 m. Ha un'altezza di m 83, con un declivio abbastanza ripido, occupato per un quarto dal borgo e dal castello per il resto da alberi di ulivo. E' percorribile in auto con una strada non asfaltata che porta sino al castello sulla cima, oppure a piedi, percorrendo le due scale (S'iscala e sa Rosa, scala Castello) che seguono il confine tra l'abitato ed il colle ad est e a ovest, oppure ancora seguendo le strade ed i raccordi tra queste, del vecchio borgo medievale.


IL CASTELLO MALASPINA

Il castello Malaspina conserva intatta la propria singolare originalità , ed identifica in qualche modo la città di Bosa. Si è rivelato di volta in volta amico o nemico, rifugio accogliente o presenza ostile. E' isolato dalla città , ma si dice sia collegato a San Pietro ed alla cattedrale attraverso dei corridoi sotterranei. Venne edificato intorno al 1112 dai marchesi Malaspina dello Spino Secco, ramo di Mulazzo e Villafranca, nobili lucchesi discendenti degli Ubertenghi che furono il nucleo d'origine di grandi famiglie come i Pallavicino e gli Estensi. Giunsero in Sardegna con la spedizione di mercanti e guerrieri organizzata dalle repubbliche marinare di Genova e Pisa, alle quali il papa Giovanni XVIII offrì diplomi di investitura per liberare la Sardegna dagli arabi. Oberto Obizzo Malaspina ebbe in concessione le montagne della Barbaggia e la piana del Temo dove costruì il suo castello, che in un primo tempo venne visto come l'espressione di un dominio militare imposto nel lembo meridionale del giudicato del Logudoro. In seguito, come segno concretto per un futuro rilancio della città , che era soggetta periodicamente a dei saccheggi da parte degli Arabi. Con questa speranza venne abbandonata la Bosa Vetus, e la popolazione si spostò dalla riva destra a quella sinistra, dando vita a quel centro tardo-medievale di "Sa Costa". Nel 1185 prima modifica al castello, si aggiungono quattro torri, di queste ne esiste solo una, quella dello spigolo ovest. Venne nuovamente ampliato nel 1300, costruendo anche la torre maestra, ad opera di Giovanni Capula, che in seguito costruì anche le torri difensive di Cagliari. La torre maestra venne prevista per contrastare l'invasione Aragonese dell'isola, che nel 1297 era stata data in concessione agli aragonesi da papa Bonifacio VIII. L'opera del Capula, costruita in trachite color ocra, mentre il bugnato della base è costituito da conci di trachite rossa, serviva anche da alloggio per il comandante ed i più fidati tra gli uomini d'armi. Sulle quattro facciate sono inseriti numerosi stemmi dei casati che via via ci si sono succeduti. Nel '300 il castello aveva anche un ponte levatoio, aperto verso la campagna, in tale periodo venne murato, lasciando come unico accesso quello rivolto alla città.
Constava di due parti: le torri e la cinta muraria, che si snoda seguendo la conformazione del terreno sulla sommità del colle, ed il castello che occupava circa un quinto dell'intero recinto, circa un ettaro. Il castello e la città sono pienamente inseriti negli avvenimenti principali della storia dell'isola. Nel 1347 è roccaforte contro gli Aragonesi, schierandosi a favore del giudice d'Arborea, combettendo contro Alghero che allora era in mano agli Spagnoli. Nel 1416, un'anno dopo aver bombardato Bosa dal castello, il feudatario Pietro de Sant Johan scrive al Re, dicendo che da un punto di vista militare la città ed il castello sono "la chiave di tutta l'isola". Nel 1433 Pietro Ledesma riscatta il feudo, amplia il castello e recinta il colle con all'interno l'abitato. Nel '500, cioè in età spagnola, viene ampliato, permettendo la sistemazione delle bocche da fuoco, era infatti diventato il fulcro di tutto il sistema difensivo costiero, in questo periodo vennero aggiunti anche tre spalti terrapienati. Nella sua storia passò innumerevoli volte di mano tra i Malaspina , gli Arborea e gli Aragonesi, senza però mai subire assalti e distruzioni. Nel 1562 l'ultimo feudatario rinuncia a controllare il feudo, e dal 1567 risulta abbandonato ed utilizzato sino al '800 come dimora per i senza casa. Non vi si pose più mano sino al 1893, quando Filippo Vivanet e Dionigi Scano restaurarono la torre maestra e consolidarono le mura.

SAN PIETRO

San Pietro era la cattedrale della Bosa Vetus, un'iscrizione sull'architrave d'ingresso dice che fu voluta dal vescovo bosano Costantino de Castra. Cominciata nel 1062 e terminata nel 1073, è la più antica chiesa romanica della Sardegna, venne costruita sui ruderi di un edificio più antico. Dell'impianto romanico conserva lo spirito e le caratteristiche delle maestranze lombarde. Nella seconda metà del XII secolo la chiesa venne ampliata con una nuova abside, due campate contigue a questa e quattro verso la facciata, ed il rifacimento delle mura laterali in forme arcaiche goticheggianti. Il pavimento della chiesa è formato, tra le altre, da lapidi con iscrizioni romane. Il campanile anch'esso sistemato in questo periodo, era, all'epoca dei romani, una torre d'avvistamento. In una terza fase, riferita all'ultimo decennio del XIII secolo, la chiesa prende la forma attuale, viene edificato il prospetto in forme gotico francesi, importate dai Cistercensi che nei dintorni possedevano due monasteri.

NOSTRA SIGNORA DI REGNOS ALTOS

La chiesa di Nostra Signora di Regnos Altos venne costruita sul finire del XIV secolo , all'interno del castello, in quella che doveva essere la piazza d'armi. Era originariamente intitolata a San Giovanni, in seguito a Sant'Andrea e sin dal secolo scorso riporta l'attuale intitolazione. L'edificio si presenta come un'aula rettangolare conclusa da un'abside semicircolare, con un'ingresso principale in facciata, spostato sulla sinistra rispetto all'asse mediano, ed un'altro ingresso sul lato lungo di sinistra, di fronte a quest'ultimo sul lato opposto troviamo una sagrestia ed una stanza per l'alloggio del vicario, aggiunte nel 1430 circa, contemporaneamente all'ampliamento della chiesa stessa. Si aumentò la superficie della pianta, e se ne abbassò l'altezza, ciò è testimoniato dal ritrovamento di numerosi affreschi nel nucleo originario, questi presentano teste mozzate, quindi sicuramente la chiesa aveva altre dimensioni.

LA CATTEDRALE

La cattedrale il cui impianto originario risale al XII secolo, è intitolata all'Immacolata Concezione. Sorge nelle immediate vicinanze del fiume ed era la chiesa della città libera. Si ha notizia di un restauro nel 1400, ma ha preso l'aspetto attuale, con la sua facciata in forme barocche piemontesi, da una riedificazione del 1806 ad opera dell'architetto bosano Salvatore Are. All'interno troviamo testimonianze di pregievole arte, tra cui il colossale organo, l'altare maggiore costruito in finissimo marmo, tre statue marmoree raffiguranti l'Immacolata Concezione e i due martiri sardi Emilio e Priamo, nonchè numerose pitture del vicentino Emilio Scherer raffiguranti generalmente santi che compivano il loro martirio in paesaggi bosani. Il campanile, tuttora incompiuto, porta scolpita la data 1683 nella parte terminale.

IL CENTRO STORICO

Il centro storico di Bosa ha mantenuto inalterato il suo aspetto, neppure nell'ottocento quando furono approvati i primi regolamenti d'igiene si apportarono sostanziali modifiche, si sollevò leggermente il piano stradale per permettere il passaggio della condotta dell'acqua potabile e delle chiaviche, e si demolirono alcuni edifici, ma solo quelli più fattiscenti e gia in parte diroccati. La prima parte della sua costruzione risale al tardo-medioevo, ed ancora oggi mantiene una suggestione storica notevole. Venne costruito dopo l'impianto del castello, con un lento processo di trapianto urbano dal vecchio al nuovo sito, che duro dal XII al XIV secolo quando la minaccia di invasione aragonese si fece più pressante. In una tempera del 1600 la città appare ormai completa e saldata al castello da una poderosa cinta muraria, che proteggeva l'abitato sino al fiume, ed alcune torri che consentivano una più adeguata difesa nel lato più esposto. Aveva tre porte d'ingresso: Santa Giusta a levante, San Giovanni a ponente, ed una senza nome verso il vecchio ponte a sette arcate sul fiume. Altre fonti sostengono che il borgo ed il castello non arrivarono mai ad essere un'unico centro urbano e mantennero la loro individualità giuridica. Un'esame tipologico e morfologico dell'organismo urbano attuale, nell'assoluto silenzio delle fonti scritte, porta a concludere che la parte dell'abitato di pertinenza del feudatario fosse fisicamente separato dalla città libera.
Il rapporto sociale di vicinato è vivo in tutta la parte storica della città ed è motivo fondamentale di interpretazione e di sviluppo dell'intera comunità bosana, che in questa vecchia struttura trova la sua tradizione ed il suo vero abitat. Spazi angusti e prorompente espansività all'esterno, che si esprime con colori, arredi e relazioni di vicinato, che fanno dell'attuale abitat il vero complesso monumentale, l'uomo rappresenta l'elemento essenziale di questo contesto. Il centro storico bosano, presenta una continuità di stratificazioni urbanistiche che si protrae dal medioevo all'ottocento, ma all'interno della stessa continuità è possibile distiguere tre diversi modi di pensare la città ed abbiamo quindi il borgo feudale, la città libera e la città ottocentesca.


IL BORGO FEUDALE

Il borgo feudale è interamente costruito sul colle, è formato da quattro vie principali e da più viottoli che seguono le curve altimetriche del colle stesso, con scale e sottopassi che interrompono il percorso orizzontale, pochi di numero e stretti di sezione. E' questo il rione di "Sa Costa", privo di chiese perchè bastava quella interna al castello. In origine, essendo la parte più protetta, era abitata dalla nobiltà e dai militari, in seguito dai più poveri. E' formato da lotti molto piccoli in pianta, gli edifici hanno in genere una sola facciata, ma non è raro trovarne due, una a monte ed una a valle. In questa parte di città è presente la prima morfologia edilizia formata da lunghe stecche di case a schiera, orientate a mezzogiorno e disposte a corona circolare, equidistanti dalla torre più avanzata del castello. La specie edilizia è alquanto elementare e povera di soluzioni architettoniche, con diverse altezze, a monte un solo piano ed a valle anche quattro. Lo status feudale della città si chiude nella via Carmine, ultimo anello delle costruzioni affiancate a semicerchio intorno al castello.

LA CITTA' LIBERA

Bosa durante la dominazione aragonese era una villa reale, con propri rappresentanti al parlamento, propri statuti comunali, indipendente ed autonoma, anche dal feudatario signore del castello. Partecipava a tutti e tre i bracci, o stamenti, del parlamento sardo: quello ecclesiastico, in quanto sede vescovile, quello militare, occupato dal feudatario, e quello reale, in quanto città libera. Era governata da due sindaci (sindacs) che facevano riferimento al suddetto parlamento che aveva sede in Cagliari. La città libera era distessa sul piano, all'inizio intorno alla nuova cattedrale ed in seguito allungandosi lungo la sponda destra del fiume. Era abitata da un'operoso ceto borghese che viveva del lavoro dei campi, dalla pesca, e dalle attività portuali e commerciali. In questa parte di città prende vita una seconda morfologia costruttiva, che presenta dei lotti e delle strade che in un certo senso si racchiudono verso l'interno della zona, dando vita ad una sorta di andamento a spirale avente come fulcro la piazzetta di Corte Intro. Una specie di architettura a corte, dove queste non sono però interne agli edifici, ma sono delle piccole piazzete pubbliche, che alternano alla funzione viaria quella di protezione della vita familiare fuori della casa, rafforzando il rapporto sociale di vicinato. Le quinte edilizie appaiono sempre concluse su se stesse, gli edifici molto alti e stretti, una via di mezzo tra la dignitosa povertà del borgo circolare e la sicura ma non volgare ostentazione della città in linea.

LA CITTA' OTTOCENTESCA

La città ottocentesca nasce sui resti di una parte di città libera, della quale permangono mischiati ai nuovi, degli edifici. Tale zona è chiamata in dialetto "Sa Piatta", ma non perchè nasce in pianura ma perchè tale termine in tutta la Sardegna sta ad indicare la via principale ed in particolare per i centri di antica autonomia comunale, per il fatto di esservi ubicata la "Platea Communis". Intorno alla seconda metà dell'ottocento la città , anche se non si espande, si da almeno un volto dignitoso, con un'edilizia di gusto anche nelle manifestazioni più modeste, riadattando dei vecchi fabbricati e costruendone di nuovi. "Sa Piatta" è la parte di città comprendente il corso e l'intorno verso il fiume del quale ne segue l'andamento. Qui troviamo la terza morfologia edilizia, formata da grossi lotti di terreno sempre disposti in parallelo al Temo, ed un'edilizia di elevata dignità civile. Alle spalle del corso la via Muraglia Vecchia, uno strettissimo e caratteristico isolato molto sviluppato in altezza. Negli anni compresi tra il 1850 ed il 1900 si portano a compimento le trasformazioni strutturali più significative: nel 1858 la città si dota di regolamento d'igiene; nel 1865 si bonifica il fiume e si toglie l'ostruzione della foce; nel 1868 la città si dota di un piano d'ingrandimento e d'ornato che prevede l'espansione verso il mare con una planimetria a scacchiera e piazze simmetriche a scandire ciascun isolato; nel 1870 costruzione di un nuovo porto, che era poi in pratica una scogliera che collega l'Isola Rossa alla sponda sinistra del fiume; nel 1872 si costruisce un nuovo ponte a tre arcate, sui resti dell'ormai crollato ponte a sette arcate; nel 1877 innaugurazione dell'acquedotto e delle chiaviche, questi lavori portarono ad un'innalzamento di tutto il territorio della città ;nel 1881 si colloca la fontana nella piazza Costituzione, anche questa costruita in questo periodo, per i festeggiamenti dovuti all'entrata in funzione dell'acquedotto che portò l'acqua in tutte le case, fu questa la prima concessione all'estetica cittadina; nel 1878 arriva la ferrovia a scartamento ridotto che univa la città con Nuoro; nel 1890 appaiono gia completati i lavori di costruzione del municipio, del ginnasio, del seminario e della biblioteca.
Al termine di tutti questi lavori(qui o cercato di riportare solo i più importanti) la città viene nominata dal "Corriere della Sera" nel suo inserto "Le Cento Città d'Italia", come una di queste, aveva insomma tutte le caretteristiche e le premesse per diventare una vera città , del quale rimane invece il solo nome sulle carte, senza avere avuto un'espansione degna di tale nome. Ai primi del novecento Bosa è all'avanguardia, rispetto alle altre cittadine della Sardegna, esiste gia un consolidato nucleo industriale tessile, numerose concerie e frantoi. E' addirittura la meta preferita del turismo dell'epoca avendo nella sua spiaggia diverse attrezzature balneari. La città nell'ottocento "raggiunge nel corso Vittorio Emanuele II la sintesi degli equilibri urbanistici che ne hanno fatto il più raffinato spazio urbanistico della Sardegna" V.Mossa. Sul finire del secolo XIX la città si espande verso il mare ad ovest rispettando le linee principali impostate dal piano d'Ornato. Le due strade principali della città ottocentesca si snodano parallele all'asta fluviale e sono il corso Vittorio Emanuele II e la via Lungo Temo.

LA CITTA' NUOVA

La città nuova è cresciuta verso il mare, seguendo le direttrici del piano d'ornato del 1868, che prevedeva una maglia a scacchiera con numerose piazze di varie forme. Nei primi anni '30 del novecento vengono edificati la fascia di isolati immediatamente a ridosso del centro storico, di questo viene ripreso il profilo continuo delle facciate. Cominciano a prendere l'attuale forma la via E.Cugia, e la piazza IV Novembre. Col passare degli anni la città si espande sempre verso ovest, seguendo il rettifilo del viale Giovanni XXIII , che taglia perpendicolarmente una fascia di territorio utilizzata a servizi, scuole, asili, a monte di questa, una zona di edilizia popolare risalente alla fine degli anni '30. Da questo momento in poi inizia la più banale città giardino, si prosegue nella maglia ortogonale, ma gli isolati anzichè essere costruiti con fronte continuo, cedono il passo alle villette unifamiliari con all'interno il giardino. L'espansione della città verso occidente è avvenuta dagli inizi di questo secolo per trasferimenti di popolazioni dal vecchio centro storico, ormai incapace di contenere gli edifici destinati alle crescenti funzioni pubbliche ed impossibilitato ad offrire spazio per contenitori alternativi.

LE CONCERIE

Le conce devono la loro ubicazione , sulla sponda sinistra del fiume, alla necessità di usare l'acqua salmastra nella lavorazione delle pelli, ma anche perchè relativamente vicine alla città , quindi facilmente raggiungibili dagli operai, ma contemporaneamente abbastanza lontane dall'abitato, così che le brezze marine potevano allontanare i miasmi delle pelli e delle materie concianti.L'industria delle pelli costituì l'elemento propulsore della vita economica cittadina a partire dal 1600, è infatti a questo periodo che risalgono le prime notizie di questa attività in città . La lunga teoria di casette basse, con le caratteristiche facciate ornate di trachite rossa, ne costituisce l'espressione architettonica ottocentesca. Non è un manufatto cospicuo per la sua architettura, ma nell'immagimario collettivo cittadino è visto come un monumento di passata gloria e ricchezza, ma anche come opportunità per un futuro rilancio. Vi si produceva sopratutto la vacchetta e la suola, gran parte della produzione si vendeva nella penisola, in Francia ed a Cagliari dove i librai utilizzavano la prima per le copertine dei libri. La sua architettura ripetitiva a timpani affiancati, riflette l'ordine e la semplicità dell'interno. La specie concia consta di due piani raccordati da scale in legno, come dello stesso sono i solai ed i tetti, questi ultimi ricoperti con il caratteristico coppo sardo. La struttura portante ottenuta con pietrame e fango intonacato, con l'utilizzo della trachite rossa nella mostra delle porte e delle finestre, l'intonaco veniva colorato con una pittura a base di calce unita alla polvere trachitica. L'interno come gia detto è formato da due piani, al piano terreno uno o più ambienti comunicanti tra loro attraverso degli archi. Qui l'arredo consiste in vasche di muratura rivestite di legno di castagno o quercia, un cavalletto in marmo o legno, il pozzo per l'acqua vicino alle vasche, dei bottali in legno, dei tavoli in marmo di Carrara e delle presse per l'eliminazione dell'acqua. Al piano superiore l'ambiente è più luminoso ed arieggiato, l'arredo è costituito da ganci in ferro attaccati alle travi di copertura, dei tavoli ancora in marmo di Carrara, delle macchine per la rifinitura della pelle: rasatrice, palmellatrice e cilindro. Vicino ai tavoli erano, appesi al muro, gli attrezzi per la rifinitura a mano. Troviamo ancora dei cassoni in legno per la conservazione delle pelli, un peso a bilico per la vendita ed inoltre un piccolo ufficio per l'attività amministrativa. Le finestre su entrambi i piani erano fornite di grate in ferro affinche le pelli fossero sempre arieggiate. Rimasero in funzione sino al 1960 quando l'ultima chiuse definitivamente i battenti. Vengono ora utilizzate come magazzini e deposito di barche o per attività artigianali, sono in parte diroccate ed in molte manca completamente il tetto. Alcune sono state recentemente ristrutturate dai privati che le hanno trasformate in abitazioni.

Indice
Dati storici