DATI STORICI

Dall'età prenuragica al secolo XI

Il territorio di Bosa ed i suoi dintorni era sicuramente già abitato da genti protosarde, le prime frequentazioni, documentate, risalgono al neolitico (VI millennio a.C). Dai ritrovamenti archeologici sembra che il sito fosse maggiormente praticato in età prenuragica che non in età nuragica. Numerose Domus de Janas (in italiano "casa delle fate") sono state ritrovate nella zona, sopratutto in località Sorighes e Monte Furru. Servivano probabilmente da sepoltura per i morti più importanti ed erano scavate nella roccia. Una serie di piccole stanze comunicanti tra loro e con un'altezza di circa m 1. I nuraghi sono invece stati rinvenuti in località Monte Furru, Monte Nieddu, Sa Lumenera, Santu Lò , questi sembrano risalire al II millennio a.C. Tra Bosa ed il suo intorno (Planargia) si contano settantatre domus de janas, quattro tombe dolmeniche, due muraglie megalitiche, centosei tra nuraghi e protonuraghi, quattordici tombe dei giganti, una fonte ed un pozzo sacri. Quindi sin dai tempi più antichi, il contesto bosano, presentò le caratteristiche adatte alla vita delle numerose popolazioni che vi si succedettero.
Il primo approdo fenicio, risale alla prima età del ferro, e già nell'VIII secolo a.C. doveva essere fiorente, come testimoniano dei ritrovamenti nella Spagna meridionale, ma anche un'iscrizione (BS'N il popolo bosano) risalente all'800 a.C., oggi perduta, ritrovata in località San Pietro. Alcuni sostengono che l'approdo fenicio fosse sull'Isola Rossa, altri invece nell'attuale zona di Terridi, altri ancora, sempre nell'attuale zona di San Pietro, dove sono stati rinvenuti anche documenti che fanno pensare ad una presenza dei cartaginesi, con i quali probabilmente si alleò , insieme con Cornus, nella lotta contro i romani.
L'abitato di Bosa Vetus venne nominato nell'Itineraria di Antonino Augusto, e dal geografo egiziano Tolomeo, che nel II secolo d.C. menziona Bosa tra le città interne all'isola, ma non da indicazioni sufficienti per individuarne la localizzazione. Probabilmente il centro sorgeva nell'attuale zona di San Pietro, da dove si sono recuperati numerosi documenti, conservando la localizzazione del centro punico e concentrandosi sulla riva sinistra, pur possedendo dei sobborghi sulla riva destra, collegati da un ponte ad una sola arcata di m 15 di luce, che permetteva anche il guado del fiume alla strada che verso nord collegava a Carbia (Alghero) e verso sud a Cornus. Del ponte rimangono le fondamenta di un pilone sulla sponda destra. La topografia di tale sito è del tutto sconosciuta, si è ritrovata una necropoli romana, e delle ceramiche che testimoniano la fervida attività commerciale sia verso l'Italia e la Spagna, ma anche verso l'Africa. La città era organizzata in forma di municipio a cui facevano capo tutte le altre località della Planargia ed aveva il suo porto ai piedi del monte Sa Sea. Il centro urbano persistette, nell'area di San Pietro, per tutto l'alto medioevo, testimoniato dalla menzione di Bosa sulla Cosmographia di un anonimo ravennate del VIII secolo, ma desumibile anche dal vasellame bizantino ritrovato. Da questo momento sino ai primi anni del XII secolo si hanno poche e frammentarie notizie. Si pensa che la città andò declinando via via la sua forza, sia a causa delle continue incursioni saracene, sia per il progressivo interrarsi dell'alveo del fiume, l'abitato si spopolò a causa delle immigrazioni verso l'interno. Risulta anche che il vecchio porto romano, nominato staccato dalla città , sia rimasto in funzione, anche se menomato, sino all'arrivo dei pisani, che lo distrussero. Pressochè nulle sono le notizie sull'anno mille. La chiesa di San Pietro, nell'omonima zona, rappresentò l'ultima testimonianza architettonica e morale dell'antica città . Venne edificata intorno nel 1062 come testimonia una iscrizione posta sull'architrave d'ingresso, e ciò non sarebbe stato possibile senza una dinamica evoluzione demografica.


Dal XII al XVI Secolo

Nel XII secolo il papa Giovanni XVIII offrì dei diplomi d'investitura a chi avesse liberato la Sardegna dalla dominazione araba. Oberto Obizzo Malaspina per la sua prestazione di guerra ricevette in concessione le montagne della Barbagia e la piana del Temo dove nel 1112 costruì il suo castello. Fu in seguito a questo, che venne definitivamente abbandonata la Bosa Vetus, e ne fu costruita un'altra sul declivio del colle, ai piedi della fortezza che assicurava protezione nei confronti delle incursioni pirate. Comincia a nascere il borgo feudale, che in origine ospitava la nobiltà ed i militari graduati, ed è da ciò che prende il via il centro storico.
Nel XIII secolo la potenza dei Malaspina nell'isola era un fatto riconosciuto da tutti i feudatari e dal papato. Il feudo di Bosa nel 1293 venne concesso ai pisani, ma per poco tempo perchè il papa Bonifacio VIII nel 1297 lo diede, insieme a tutta l'isola, agli aragonesi di Giacomo II, ma questo ne cominciò la conquista solo nel 1323.
Nel 1308 i Malaspina abbandonano definitivamente il loro feudo, lasciandolo in mano agli Arborea. Nei primi anni di questo secolo viene modificato il castello per resistere all'invasione aragonese, modifiche vane perchè nel 1323 la città cade in mano agli Spagnoli. Tra le modifiche ci fu anche la costruzione di una chiesa, interna al castello, intitolata a Nostra Signora di Regnos Altos. Nel 1328 il feudo torna agli Arborea, ma non risulta con ruolo di città , si fa menzione di un "castrum et terram Bose" nell'enumerare i villaggi, comunque conserva dignità episcopale. Nel 1339 il feudo venne nuovamente donato al Re d'Aragona. Nel 1347 la città è schierata con il Giudice d'Arborea Mariano IV, che ne fa la sua residenza per un lungo periodo, nella lotta contro Alghero, allora gia in mano agli Aragonesi, nel 1354 nuova guerra contro gli Algheresi. Nel 1360 la città è in mano agli Aragonesi, che operano delle modifiche alle strutture del castello, che però passa nuovamente in mano agli Arborensi nel 1377 e vi rimane per pochi anni visto che nel 1388 la città acquista autonomia comunale, e ciò avviene sotto gli Aragonesi, che le concedono tale privilegio visto che si era arresa a questi, barattando delle ottime condizioni. Per questo motivo si trovò in una condizione unica nell'isola potendo partecipare a tutti e tre i bracci, o stamenti, del parlamento sardo: quello ecclesiastico in quanto sede vescovile, il reale in quanto città libera, ed il militare in quanto parzialmente posseduta dal feudatario. Per tutto il XIV secolo il territorio di Bosa fu al centro di un'aspra situazione di scontro e tensioni tra gli Aragonesi e gli Arborensi, ma costituì anche un punto di vitale importanza tanto da condizionare la politica e l'indirizzo economico delle suddette popolazioni, grazie alla sua posizione strategica di grande rilievo ed alle esigenze commerciali del periodo. Nel 1410 gli Aragonesi distruggono l'entroterra. Bosa diventa città Reale, con tutti gli onori ed i privileggi connessi a tale titolo, mentre la città libera cresce e prospera, i feudatari perdono interesse per tale possidimento. Nel 1415 si arriva ad una vera e propria guerra tra città libera e il feudatario Pietro de Sant Johan, che arriva addirittura a bombardare la città dal castello. In questo periodo opera in città un laborioso ceto borghese che viveva di commerci, artigianato e dallo sfruttamento agricolo della vallata del Temo, con tutti i vantaggi legati all'attività del porto, ed alla presenza di una vera e propria flottiglia di fregate, di feluche e di gondole coralline. Nel 1421 i due sindaci di Bosa, riuscirono a far destituire il feudatario, dal re Alfonso il Magnanimo, ed il feudo fu per un breve periodo riaccorpato alla corona. Questo ci fa capire l'importanza economica e politica della città nel XV secolo, giacchè vennero accolte tutte le richieste della popolazione, che nel periodo precedente aveva vissuto una leggera crisi dovuta ai sopprusi del feudatario. Nel 1478 si svolse il capitolo conclusivo degli Arborensi, vennero infatti sconfitti nella piana di Macomer dagli Aragonesi, ed il marchese Leonardo Alagon, trovò in città l'ultimo rifugio prima di essere catturato in mare, mentre fuggiva verso Genova.
Nel '400 era presente in città una zecca che batteva monete di piccolo taglio per le esigenze quotidiane della zona. Sembra che ereditò la possibilità di battere moneta da Cornus, altre fonti riferiscono che durante il periodo romano in Sardegna avessero diritto di batter moneta Cornus, Tharros e Bosa.
Un documento parla del privileggio concesso ad un certo Silvestro Colomeri da Alfonso IV il 15 maggio 1443 di batter moneta nella città di Bosa. Da questo ducumento si inferisce che il Colomeri abbia coniato monete solo per il suddetto Re, ma si fa menzione anche ad un'altro documento da dove si capisce che si erano già coniate monete in altre epoche e per altri Re. Su quattro monete ritrovate si può leggere il nome di Bosa (CI-VI-BO-SE), tre di conio uguale ed una diversa, quindi si pensa che furono stampate in periodi diversi. Nel 1527 si costruisce la torre sull'Isola Rossa, ad opera degli Aragonesi. Con questa e le altre torri costiere (Torre Argentina, Columbargia e Foghe), il castello divenne il fulcro terminale al quale era finalizzato tutto il complesso difensivo costiero, mentre gli Spagnoli erano in guerra contro i Francesi. Nel 1528, per resistere ad un minacciato sbarco francese, i bosani decisero di ostruire la foce del fiume, provocando la paralisi delle attività portuali, e l'aggravarsi del fenomeno delle inondazioni con relative epidemie. L'impoverimento di Bosa fu a tutto vantaggio di Alghero, che ereditò il primato dei collegamenti con la Spagna. Bosa e la Planargia decaddero progressivamente ed il feudo del castello divenne improduttivo, fino ad arrivare a ripetute rinuncie da parte dei feudatari. I Bosani per evitare un danno passeggero si procurarono un danno permanente, passarono infatti trecentotrenta anni prima che dalla foce venisse tolta completamente l'ostruzione.


Dal XVII al XX Secolo

Nel '600 le condizioni igieniche della città peggiorarono sempre più, nel 1606 si ha notizia di una grossa epidemia di malaria, seguita ad una disastrosa alluvione. Si dimezza la popolazione, ed anche se limitate, continuano le attività artigianali e commerciali. Nascono le prime concerie, ed un grandissimo incendio distrugge le campagne. Nel 1629 venne separata dalla Planargia. I documenti parlano di due punti di imbarco, uno sul mare ed uno sul fiume. Erano ancora presenti le mura intorno alla città . Nel 1714 la Sardegna passa agli Austriaci, sino al 1718 quando subentrano i Savoia. Nel 1723 insieme a Cagliari, Sassari, Oristano ed Alghero divenne sede degli uffici postali dell'isola. Il vicerè savoiardo Des Hayes dopo una visita nel 1770 rilevava che "per archivio altro non trovasi, che un vecchio e disfatto armario, che si conduce ogni triennio in casa di quello che viene nominato assessore", da ciò l'impossibilità pratica di ricostruire nei dettagli la storia. La prima notizia che si ha del XIX secolo, riguarda la ricostruzione dell'attuale cattedrale , ad opera dell'architetto bosano Salvatore Are, nel 1806. Nel 1807 divenne capoluogo di provincia, sede della prefettura e dell'intendenza di finanza, nel 1821 venne abbandonata dal prefetto e dall'intendente che si andarono a stabilire a Cuglieri paese dall'aria più salubre. Nel 1833 nonostante le difficoltà nelle comunicazioni, in città sono attivi mille telai, ventotto concerie, venti oleifici ed un gran numero di minori attività artigiane Nel 1842 viene aperto il primo ospedale, tre anni più tardi arriva il re Carlo Alberto che promette, senza mantenere, il restauro del porto. Dall'inizio degli anni '60 del '800, la città prende la fisionamia attuale, è nasce la città ottocentesca. Infatti in questi anni si apportano le modifiche necessarie a rendere igienicamente favorevole la vita in città . Nel 1865 venne bonificato e dragato il corso del fiume, cosicchè lo si potè navigare anche in estate, furono abbatute le mura che cingevano la città , iniziò lo sviluppo verso il mare, nel 1871 si costruisce il ponte e nel 1882 arriva la ferrovia. Nel 1887 si rompono i rapporti commerciali con la Francia, ma nonostante tutto l'economia cittadina continua a tirare. Tra le prime in Sardegna si dota di rete fognaria, acqua corrente ed illuminazione elettrica. Prospera e cresce sino alla seconda guerra mondiale, dopo questa ci fu un periodo di stasi dove si utilizzarono le risorse incamerate nel secolo precedente. Dagli anni '60 di questo secolo l'economia è in continua caduta, l'emigrazione verso il continente ha invecchiato l'età media della popolazione, la città ha perso tutte le funzioni amministrative che per tanto tempo aveva avuto. Ora si cerca un rilancio puntando sul turismo, ma la strada da percorrere è ancora molto lunga. I suoi cittidini hanno sempre avuto delle buone intuizioni, sono sempre stati tra i primi, in Sardegna, ad aprire delle strade in diversi campi economici, ma non hanno mai saputo sfruttare tale vantaggio, lasciando sempre lo sfruttamento postumo agli altri. Così è stato per le concerie, ma anche per il turismo, la città per tutto il primo cinquantennio dell'900 fu l'unica in Sardegna ad avere delle strutture balneari, ed una bella e pulita spiaggia balneabile, non si è saputa però rinnovare ed aggiornare, le strutture ricettive sono più o meno le stesse di quaranta anni fa.


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