1940-1970

Con l'avvento della guerra, è solo verso la fine degli anni '40 e i primi anni '50 che si comincia a porre in Italia, con decenni di ritardo rispetto alle metropoli americane, il problema della cucina, e della gestione di una casa borghese senza personale di servizio. Nel dopoguerra, l'intervento massiccio dei designer e degli architetti, aumenta la "vocazione estetica" verso la cucina, liberando l'oggetto di design, da giochi formali apparenti e superflui; le forme assumono aspetti più curati, diventano più sicuri e di maggiore qualità. Compare già nel 1948, una considerazioni sulle abitudini alimentari, e si fa riferimento al fatto che "Negli Stati Uniti quasi tutti i cibi vengono messi in scatola e quindi la preparazione del pasto viene enormemente facilitata; la donna americana rientrando dal lavoro non ha che da aprire le scatole dei suoi vari e ottimi cibi, cuocerli e buttare la latta"7. Contemporaneamente, tutti gli elettrodomestici sono oggetto di nuove proposte sia formali, che tecnologiche, e cominciano ad assumere forme e misure sempre più regolari, allontanandosi da quei variopinti scenari della cucina dei primi decenni del secolo, e proprio sull'onda e suggestioni "moderniste" si diffonde anche in Italia il modello di cucina all'americana, dove si riconoscono "una serie di armadietti metallici che, uniti fra loro, formano sui tre lati della cucina un piano continuo d'appoggio. Essi incorporano il frigorifero, i lavelli e i fornelli a gas o elettrici. A una altezza tale da rendere facile la presa degli oggetti un'altra serie di armadietti corre sopra i piani.[...]. Ora questa sistemazione offre innegabili vantaggi, ma, per quanto riguarda le nostre abitudini e le nostre possibilità presenta alcuni lati negativi [...]. Si noti innanzitutto che l'arredamento delle cucine è in America un elemento inscindibile dell'appartamento, come la vasca da bagno o il lavabo"8 E' con la "cucina all'americana" e con l'avvento degli "elettrodomestici bianchi", che inizia, infatti, una produzione, che rimarrà inalterata, nelle sue caratteristiche formali, per decine di anni, fino ai nostri giorni. La standardizzazione nasce, in realtà, con l'intento di far assumere alla cucina un'aspetto qualitativamente migliore, di organizzare il lavoro su di un unico piano continuo, più comodo, di gestire gli elettrodomestici in maniera più completa, di avere la situazione "sotto controllo". Il successo è strepitoso, nel giro di pochi anni, la cucina, non solo spopola, ma diviene un vero e proprio "status symbol", invadendo le case, modificando il rapporto tra utenza e elettrodomestici; la regina della casa è la donna, è sua l'efficienza nella gestione della famiglia, della casa, e segnatamente della cucina, si carica di una funzione sociale, riflettendo l'aspirazione ad una vita brillante, spensierata, meno ripiegata sulla famiglia che in precedenza. Sull'onda di questo incredibile successo, la produzione italiana in quegli anni, fa passi da gigante, arrivando ad essere la prima nazione produttrice di elettrodomestici in Europa, superando, per vendite anche gli stessi Stati Uniti. E' dunque nel periodo anni '50-'60, che il cosiddetto "coordinamento funzionale estetico" si sviluppa nel tema-cucina rendendola, da un lato, certamente più organizzata, ma al tempo stesso, bloccandola in una morsa, che con le successive leggi europee sulla standardizzazione ne ha minato fortemente i possibili sviluppi formali. E' vero infatti che le sue misure, le posizioni, non si sono modificate negli ultimi vent'anni; certo lo sviluppo della tecnologia ha permesso di migliorarne la qualità, ma non la forma, tanto è vero, che gli studi di design, si sono indirizzati prevalentemente sul colore, sul materiale, o sulle possibili variazioni nei comandi, o sulla diversità dei target. Nel 1969, a seguito di numerose riunioni del Comitè Europèen Coordination des Normes (CEN), si propone un programma particolareggiato per l'unificazione dimensionale delle produzioni e delle installazioni in Europa ("altezza delle basi 850 mm, zoccolo altezza 100 mm rientro 50 mm, rispetto allo spigolo anteriore del piano lavoro, profondità dei piani di lavoro 600 mm, profondità dei pensili max 350 mm". Come si può facilmente evincere, passano ben oltre quaranta anni, da quel 1926, anno nel quale Erna Meyer, aveva già ipotizzato una struttura simile; il cerchio, comunque si chiude anche a livello legislativo; dal 1969 in poi, gli sforzi per regolarizzare e normalizzare le altezze, gli incassi, porteranno alla tanto invocata unificazione dimensionale, ma, al tempo stesso, anche all'uniformità progettuale. Il mondo della cucina, dimostra, in modo eclatante, un progressivo appiattimento della ricerca a livello di disegno dei manufatti. La figura dell'architetto, si distacca, infatti, dal ruolo di progettista dell' "ambiente cucina", regno ormai dei soli cucinieri, e assume le sembianze di uno stilista. Nasce il visual design come arte del cambiamento di immagine; il punto fondamentale che insorge, è che, per diversificare un prodotto, che per sua stessa natura è, da considerarsi "indiversificabile", l'unica soluzione diventa proporre diverse tipologie di cruscotti; è la "comunicazione", infatti, che diventa sempre più importante, soprattutto se letta nel contesto di evoluzione e passaggio tra la meccanica e l'elettronica e a quelle miniaturizzazioni delle componenti tecnologiche, che rendevano più libera la possibilità di modificare la "facciata" dei loro contenitori.

Dagli anni '70 ad oggi: la figura maschile

Verso la fine degli anni '70, si pone l'accento, soprattutto sulle ricerche tecnologiche, cercando di stupire l'acquirente, caricando di simbologie e funzioni elettroniche gli apparecchi domestici; a favorire questo incredibile incentivo alla diffusione di piccoli elettrodomestici, partecipa, e questa volta attivamente, anche la figura maschile "Quando l'uomo si destreggia tra i fornelli, il paesaggio degli attrezzi si amplia perché, senza prevenzioni, esso si avvantaggia della tecnologia a differenza della donna che a volte subisce ancora il fascino della ritualità tradizionale." 9 Uno degli aspetti più vistosi del processo di modernizzazione di questi anni è infatti una generale femminilizzazione della società e dell'uomo; proprio quest'ultimo, ha delineato nuove ipotesi di comportamento, che prescindono dagli stereotipi tradizionali; gli uomini si occupano dei lavori domestici, riscoprono il rapporto con i figli, si occupano di mansioni, che negli anni precedenti non avevano mai considerato. La cucina si trova ad assumere una nuova simbologia, diventa il luogo del cibo, e della scoperta dei suoi piaceri, dove anche l'uomo, riconosce una sua identità. Lo stesso campo tecnologico comunque, ha dettato una revisione dell'attività domestica e di tutta l'ideologia collegata nel passato alla sua organizzazione; la cura della casa, resta, comunque, una necessità con dei ritmi e compiti da approfondire e studiare, poiché il guadagnare tempo, slogan preferito dalla tecnologia, non può essere risolvibile semplificando i gesti, ma verificando i comportamenti nei confronti della tecnologia. Le proposte avute negli anni '80, infatti, tendono ad aumentare le capacità tecniche dell'elettrodomestico, cercando di dargli una "intelligenza", che spesso, come nella proposta della "casa elettronica" progettata nel 1987 a Phoenix, in Arizona, dalla Motorola, multinazionale dei microprocessori, rischia, però, di cadere nel paradosso, annullando la persona, che diventa quasi "inutile" poiché sono gli stessi elettrodomestici che arrivano addirittura a "parlare", controllare le fasi di cottura, alzare la temperatura troppo bassa per un carico ridotto e decidere il quantitativo di detersivo da utilizzare, e, ciliegina finale, il condizionatore, misurata la temperatura esterna, avverte la persona che può o non può accenderlo, incurante delle esigenze del suo utilizzatore. Sembra quasi che dove non sia arrivata la forma, sia arrivata la tecnica, però con eccessivo entusiasmo e con tale baldanzosità da avere annullato ogni riferimento con una possibile riconoscibilità dello spazio-cucina come spazio dell'essere umano, e non dei microprocessori, o verso uno spazio dove sia l'uomo a gestire la complessità dello spazio-cucina, non il contrario. "I valori e i comportamenti che emergono da questo cambiamento sono quelli di una società in cui le diversità coesistono, creando non pochi conflitti sia a livello generazionale che di gruppo, in cui la tolleranza acquista un nuovo spessore e la creatività diviene un'espressione personale che si diffonde con decisione [...]. Si va incontro allora ad una società edonista, neo consumista, attenta e a volte ossessionata dal sè, forse più cinica e disincantata, in cui si avverte la presenza di una rifondazione sociale, che parte dal basso, dal vissuto quotidiano degli individui, che si affidano a mezzi e modi diversi per vivere nuove esperienze e comunicarle ".10 Si è aggiunto , poi, in questi ultimi anni, l'interesse verso un nuovo tipo di consumatore-utilizzatore, a cui è legata anche una certa evoluzione alimentare, una ri-proposta dello spazio-cucina, e questa figura è quella del single; legato a questa figura, esiste un rinnovamento degli ambienti domestici e del cibo. Innanzitutto una propria privacy domestica, in cui il single si riconosce e in questo riconosce anche il proprio essere, cercando di identificare lo spazio con la propria soggettività, i propri bisogni; la privacy diventa un'elemento essenziale nella vita, caotica, movimentata; In questo contesto, alla domanda spazio-cucina, non credo, sia possibile rispondere semplificando le sole dimensioni delle attrezzature domestiche, ma strutturando invece una complessità di forme, possibilità, che non siano raccontabili solo come "la cucina del single", ma che possano rispondere oltre che alle diverse esigenze soggettive, anche alla dinamicità con il quale il single affronta la preparazione del pasto, la sua versatilità umorale, legata anche a problematiche sociali e al rapporto con il cibo, spesso conflittuale, proprio per la mancanza di inibizioni alimentari. La struttura dello spazio-cucina deve quindi tenere conto di quelle particolari simbologie e comportamenti che vedono le persone, oggi, "liberi di scorrazzare festosamente tra gli scaffali dei supermercati, prelevando ciò che, sul momento, più intensamente li ispira. Virtuosi dell'acquisto impulsivo, patiti dell'infedeltà di marca, la spesa rappresenta per loro soprattutto un'attività ludica "11

Conclusioni

La "storia" di questa evoluzione dello spazio-cucina, che non vuole avere assolutamente la pretesa di essere considerata, unica o completa, è stata occasione per rivisitare e ri-leggere soggettivamente le caratteristiche che più mi sono sembrate pertinenti per l'individuazione dei miei obiettivi e di catalizzare (evolvendola) l'idea progettuale (appunto, soggettiva, tendenziosa e casuale), verso una capacità di risposta alle esigenze intersoggettive dell'uomo. I punti principali che ho voluto considerare, sono stati, dunque, la standardizzazione letta come privazione ed ostacolo alle possibili e diverse matrici di sviluppo dello spazio-cucina, dell'immobilismo formale, della staticità di quegli spazi in cui hanno alloggiato gli elettrodomestici; dell'eccessivo sviluppo elettronico degli ultimi anni, che, ha portato sicuramente a dei grossi vantaggi proprio nel campo del dimensionamento, ma ha portato molte soluzioni ad "allontanarsi" dal consumatore per l' eccessivo utilizzo dell'elettronica; la presenza di nuove figure, quali il single, con richieste legate alla dinamicità e complessità dello spazio-cucina. Queste considerazioni, saranno dunque i miei obiettivi di progetto, comunque in evoluzione e molto generici, ma capaci di produrre quello stimolo importante per accendere il motore dell'evoluzione.






Note:
(1)Tersilla Faravelli Giacobone, Paola Guidi, Anty pansera, Dalla casa elettrica alla casa elettronica, storia e significati degli elettrodomestici. Milano, Arcadia, 1989
(2) Eugenia Montinari "Dea Vesta". Il buon governo della casa. MIlano, Vallardi, 1943
(2) C. Frederick, The New Housekeeping: Efficiency in Home Management, New York, 1913. (ed. italiana: La donna e la casa: il taylorismo nella vita domestica, Torino, Einaudi, 1922)
(3) E. Mayer, Der Neue Haushalt, ein Wegweiser zu wirtsehshafteicher Hausfhurung, Stoccarda, 1926
(4) Marco Romanelli, Marta Laudani, Luca Vercelloni, Gli spazi del cucinare, appunti per una storia italiana 1928-1957, la cucina secondo driade: case e sistemi, miti, modelli e tendenze della cucina domestica, Milano, Electa, 1990
(5) "[...] è in America che intorno al 1920 viene coniata l'espressione industrial design per indicare la rappresentazione di tutti quegli oggetti d'uso che richiedono una accurata progettazione, ed è sempre in America che, negli anni Trenta, nasce la professione di designer" Renato De Fusco, Storia del Design, Bari, Laterza, 1985
. (6) L. Morelli, La casa che vorrei avere, Milano, Hoepli, 1931
(7) La casa Meccanica, Domus, 226, 1948, pp.74 e sgg.
(8) M. Tedeschi, Una cucina italiana, Domus, 292, marzo 1954, pp. 75-77.
(9) Tersilla Faravelli Giacobone, Paola Guidi, Anty pansera, Dalla casa elettrica alla casa elettronica, storia e significati degli elettrodomestici. Milano, Arcadia, 1989
(10) Francesco Morace, Abitare: eppur si muove, in Modo, n°55, 1982
(11) Marco Romanelli, Marta Laudani, Luca Vercelloni, Gli spazi del cucinare, op. cit.