Vecchierel bianco, infermo,
Mezzo vestito e scalzo,
Con gravissimo fascio in su le spalle,
Per montagna e per valle,
Per sassi acuti, ed alta rena, e fratte;
Al vento, alla tempesta, e quando avvampa
L'ora, e quando poi gela,
Corre via, corre, anela,
Varca torrenti e stagni,
Cade, risorge, e più e più s'affretta,
Senza riposo o ristoro,
Lacero, sanguinoso; infin ch'arriva
Colà dove la via
E dove il tanto affaticar fu volto:
Abisso orrido, immenso,
Ov'ei precipitando, il tutto obblia.
Vergine luna, tale
È la vita mortale.
(...)
(...)
E di più vi dico francamente, ch'io non mi sottometto alla mia
infelicità, nè piego il capo al destino, o vengo seco ai patti,
come fanno gli altri uomini; e ardisco desiderare la morte, e desiderarla
sopra ogni cosa, con tanto ardore e con tanta sincerità, con quanta
credo fermamente che non sia desiderata al mondo se non da pochissimi.
(...)
Oggi non invidio più nè stolti nè savi, nè grandi
nè piccoli, nè deboli nè potenti. Invidio i morti, e
solamente con loro mi cambierei.
Ogni immaginazione piacevole, e con cui vo passando il tempo, consiste nella
morte, e di là non sa uscire.
Nè in questo desiderio la ricordanza dei sogni della prima età,
e il pensiero di esser vissuto invano, mi turbano più, come solevano.
Se ottengo la morte morrò così tranquillo e così
contento, come se mai null'altro avessi sperato nè desiderato al mondo.
Questo è il solo benefizio che può riconciliarmi al destino. Se mi
fosse proposta da un lato la fortuna e la fama di Cesare o di Alessandro netta
da ogni macchia, dall'altro di morir oggi, e che dovessi scegliere, io direi,
morir oggi, e non vorrei tempo a risolvermi.