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C. SODDU, E. COLABELLA - Il progetto ambientale
di morfogenesi , Progetto Leonardo, Bologna, 1992.
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da "DESIGN ANNI OTTANTA" Prefazione di
E.Sottsass
<< L’apparecchiatura tecnologica
che ci offre il nostro tempo influenza la vita quotidiana più dei
mobili o lumi o qualunque altro oggetto di cui disponiamo :
Quale è l’influenza sulla
nostra vita di una sedia di Starck o di un oggetto Alessi rispetto
a quella dello Walkman e dell’Apple Macintosh o, meglio, di un telefono
cellulare ?
Se esiste una superiorità
di interesse per questa seconda categoria di oggetti, che chiamiamo tecnologici,
essa si basa sulla constatazione che essi incidono notevolmente sulla nostra
vita di tutti giorni, sono presenti continuamente e in quantità
crescente, e non possiamo sfuggirgli in quanto coinvolgono ogni aspetto
della vita dalla produzione alla comunicazione al lavoro, fino al privato.
Il design degli apparecchi tecnologici
è accostabile a quello del mobile: in questo campo, negli anni ’80
si è ottenuto davvero molto e questo molto è raggruppabile
in due tendenze dialetticamente intrecciate che chiameremo nuove libertà
e nuove limitazioni.
La nuova libertà è
arrivata attraverso microchips, circuiti stampati e nuovi materiali. La
tecnologia che finora era il cuore dell’apparecchio è diventata
così piccola, così poco costosa, così evidentemente
efficace e perciò noiosa, che nella maggior parte dei casi si limita
a giocare un ruolo secondario. Il design di apparecchi finora orientato
in senso strettamente funzionale è ora liberato dalla coercizione
materiale, la forma non è più legata alla funzione e i designers
se ne servono con un diletto meravigliato, talvolta anarchico. Telefoni-Snnopy,
giradischi in calcestruzzo, orologi da polso di carta: niente è
impossibile. Il tridimensionale diventa bidimensionale, riducendosi allo
spessore di un foglio di carta, da macro diventa micro, ciò che
finora era statico diventa mobile. Il gioco con la forma, con le influenze
della moda, con la citazione ironica fino al cattivo gusto più squallido
non viene soltanto da parte dei designers: corrisponde anche all’attesa
degli acquirenti. Il motivo è nel fatto che la tecnologia è
diventata luogo comune, fatto quotidiano: Non sta più sulla pedana
della scienza sublime, ha perduto autorità e fascino magico. È
divenuta una cosa di uso assolutamente comune, non deve darsi arie da professore,
deve piuttosto essere un buon compagno di lavoro. Non si può però
parlare, come molti fanno, di post-funzionalismo, perché tutti questi
curiosi e multicolori apparecchi funzionano a proprio modo magnificamente.
Forse il termine Postrazionalismo caratterizza meglio il fenomeno.
Ma come spesso accade, nuove costrizioni
si oppongono alle nuove libertà: e sono tutte di tipo commerciale.
Il design non è più un semplice esercizio formale, negli
anni ’80 si è affermato come strumento di mercato, addirittura come
uno dei più importanti. Il design è stato riconosciuto come
il mezzo ideale per attirare l’attenzione e differenziarsi nei mercati
saturi con prodotti intercambiabili e con prezzi accessibili e per sfruttare
nuovi spazi di mercato.
Senza dubbio, da un punto di vista
puramente tecnico, viene praticato semplicemente un trattamento cosmetico
superficiale, un nuovo trucco per prodotti vecchi. Ma siamo in un’ottica
troppo razionale. Molti acquirenti sentono nuovo un prodotto che ora è
rosa e prima era grigio. Il design ha oggi sempre più il compito
di creare un plusvalore emozionale, che va al di là delle oggettive
caratteristiche del prodotto. In breve: il trend va dal design del prodotto
al design del risultato, dal materiale all’immateriale, fedele all’antica
strategia cosmetica non vendiamo rossetti per labbra, vendiamo bellezza.
Per dirla con Malcom Forbs, il design è diventato un "capitalist
tool" accettando l’urgenza di avere successo. Il business diviene più
importante dell’estetica. Famosi uffici di design e imprese orientate verso
il design vengono rilevati da imprese grandi ma non sempre sensibili, che
vogliono vedere crescere i loro margini di profitto. Si devono realizzare
progetti di mercato. Compromessi e concessioni indeboliscono il buon design.
La rivoluzione del design ingoia i suoi figli o almeno li compromette.
Perché se il design del prodotto diviene un semplice strumento di
vendita, questo significa del pari che anche il designer perde la sua indipendenza
e addirittura cambia la sua posizione. Secondo una concezione classica,
finora il designer stava dalla parte del compratore e dell’utente: il suo
obiettivo era di rendere chiaro, trasparente e facilmente usabile (cioè
funzionale) il prodotto. Ora invece non si pensa più alle necessità
di colui che lo usa, bensì ai vantaggi della strategia di mercato.
In primo piano c’è ora il successo delle vendite, non più
l’utilità. Da sottolineare: tale design commerciale è in
primo luogo il partner non più del consumatore bensì del
produttore. Questa è una rivoluzione elementare, il cui significato
non è affatto da sottovalutare. Ma ci sono confortanti segnali che
fanno sperare: alcuni studi di design hanno riconosciuto che la loro integrità
e la loro indipendenza sono in pericolo, e sotto forma di ricerche sviluppano
iniziative di design con cui possono passare dalla semplice reazione all’azione
e da schiavi maestri.>> |
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da M. Heidegger, "Saggi e discorsi",
Mursia,1976 |
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DORFLES, Dieci anni tra due convegni - Atti del
convegno "l’oggetto abitato, l’industrial design nella prospettiva degli
anni ‘80", in Caleidoscopio a. XIX n.34, 1983 |
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E.MANZINI, "La materia dell’invenzione", Arcadia
Ed. , Milano,1986. |
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Da "Il corpo della mente" di Francesco
Antinucci - IL CORPO TECNOLOGICO, L'influenza delle tecnologie sul
corpo e sulle sue facoltà,
a cura di Luigi Capucci, Baskerville, Bologna
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da R. Arnheim "Il pensiero visivo", Torino,
Einaudi, 1974 |
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Vedi G. Anceschi "Il progetto delle
interfacce", Milano, Domus Accademy, 1992 |
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Identità : unità fondamentale che
filosoficamente si raggiunge attraverso la molteplicità degli aspetti |
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G. Anceschi "L'oggetto della raffigurazione",
Etaslibri, 1992 |
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