OCCASIONE PROGETTUALE

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"L'uomo è veramente tale soltanto quando gioca".
Friedrich Schneller                                      

 

Installazioni ludiche. Strutture, oggetti curiosi, uniche nel loro essere caleidoscopico, versatili e in questo riconoscibili. Partecipano della stessa essenza di cui sono fatte le favole. Rodari diceva: "Si può parlare agli uomini anche parlando di gatti e si può parlare di cose serie e importanti anche raccontando fiabe allegre". E ancora: "La fiaba è il luogo di tutte le ipotesi: essa ci può dare delle chiavi per entrare nella realtà per strade nuove...". (G. Rodari, "Favole al telefono")
L'oggetto ludico diventa così quell'interfaccia tra noi, osservatori e fruitori dello spazio-tempo, e la realtà che ci circonda, summa infinita di istanti spazio-temporali e per questo in continua evoluzione.
E nella sua solo apparente inutilità in quanto relegato al campo del superfluo, l'elemento ludico trae la sua più grande forza, diventando strumento in grado di accrescere l'identità e la riconoscibilità di un luogo: "...la necessità di 'qualcosa' che sia dichiaratamente superfluo...di qualcosa che, sfuggendo la previsione e la funzionalità più ovvia, rammenti che quel luogo 'è quello e non altro' ". (a cura di G. Conti, "Parchi urbani e campi gioco")
Il gioco perde così del superfluo i connotati negativi in quanto riconosciuta "necessità", e ne accresce i soli lati positivi, da cui il divertimento diviene stimolo alla continua e personale interpretazione e dunque stimolo alla fantasia, a prescindere da qualsiasi età: "Conservare l'infanzia dentro di sé per tutta la vita vuol dire conservare la curiosità di conoscere, il piacere di capire, la voglia di comunicare". (B. Munari)
Un ultimo pensiero lo rivolgo al "tempo delle cose":
"Mostragli come può essere felice una cosa, quanto nostra e innocente,
come il lamento può assumere forma pura, servire come una cosa
o morire come una cosa, esalando beato oltre il violino. E le cose
che vivono solo di passaggio comprendono che tu le elogi,
fuggenti guardano noi, i più fuggenti, per essere soccorse.
Vogliono essere tutte mutate nei nostri cuori invisibili,
dentro, infinitamente, dentro di noi.
Chiunque, alla fine, noi siamo".
(R. M. Rilke, dalla "Nona Elegia" delle "Elegie duinesi")
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