GIOVAN BATTISTA PIRANESI

"L'odore del sole fece si che mi rifugiassi in una caverna; nel fondo era un pozzo, nel pozzo una scala che sprofondava nelle tenebre sottostanti. Discesi; attraverso un caos di sordide gallerie giunsi a una vasta stanza circolare appena visibile. V'erano nove porte in quel soterraneo; otto s'aprivano su un labirinto che ingannevolmente sboccava nella stessa stanza; la nona (attraverso un'altro labirinto) su una seconda stanza circolare, uguale alla prima. Ignoro il numero totale delle stanze; la mia sventura e la mia ansia le moltiplicarono."
J. L. Borges, L'Immortale

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Abbiamo ritrovato nelle Carceri d'invenzione alcuni elementi che ci siamo posti come obiettivi di qualità. In particolar modo ci ha colpito la complessità e l'ambiguità delle sue incisioni. Tutto ci è parso altamente ambiguo, precario, giocato sull'ambivalenza, su contrasti, discontinuità e straniamenti. Il piccolo svela il grande, il discreto apre al continuo, in una continua stimolazione fluttuante.
E' nelle Carceri che troviamo la metamorfosi degli spazi, una capacità di far vivere simultaneamente una pluralità di possibili storie virtuali capaci ognuna di lasciare tracce e forme che progressivamente si accumulano e si evolvono nel disegno.
Al primo sguardo i "Capricci " si presentano come architetture calcolate, come rappresentazione di luoghi chiusi, circoscitti in cui l'accumularsi di oggetti più disparati contribuiscono ad una sensazione di claustrofobia. Ma in seguito denunciano l'esatto contrario: lo spazio sembra interminabile, dilatato e frammentato. Il nostro sguardo è in perenne movimento, lo spazio si guida, ci coinvolge e ci trasporta in un mondo fatto di piani collegati , intersecati fra loro facendoci oscillare contemporaneamente verso l'esterno, prima e, verso l'interno dopo. E' un po' come accade in un Mandala simulando una figura composita di sfera e cubo, dove il molteplice è perfettamente individualbile nelle sue singole componenti, malgraddo la percezione complessiva di addensamento. Lo sguardo, rivolto all'interno, è come se non potesse evitare quel vuoto, che oltre ogni varco di fuga si manifesta.
Abbiamo una proliferazione ambigua data dai contrasti di luce-ombra, dalla moltiplicazione di ambienti simili all'infinito e delle costanti suddivisioni dello spazio frammentato che, come in un gioco di specchi, genera uno spazio polimorfo.
L'elemento importante non risulta più essere la percezione dell'insieme, ma la percezione di particolari che inducono a cercare un ordine che non è presente.

"La riconoscibilità di taluni allineamenti è funzionale solo a una maggiore evidenziazione del "trionfo del frammento" che domina l'informe accavallarsi degli organismi spuri."
M.Tafuri, La sfera e il labirinto

E' difficile trovare una visione prospettica che proceda in profondità senza interruzione nella continuità; scale, volte, pilastri, porte, torri, contribuiscono a dare una rottura della continuità visiva e spaziale, interrompendosi visivamente laddove dovrebbero assicurare la connessione organica dell'insieme.