LA LUNA  

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      Da Luciano a Keplero

Tutto era cominciato tanti tanti secoli prima, quando cioè l'uomo guardò per la prima volta il cielo stellato. La curiosità, il bisogno di spiegare i fenomeni naturali divennero subito le sue preoccupazioni predominanti. Quelle migliaia di corpi splendenti stimolavano la sua immaginazione, ne sollecitavano l'intelligenza e suscitavano in lui il desiderio di raggiungerle. Ma la nozione di un viaggio interplanetario si sviluppò molto lentamente. Una tale avventura, anche se immaginaria, doveva avere come presupposto la certezza che altri mondi simili al nostro esistevano nei grandi spazi e che era possibile visitarli. Nell'antichità, al contrario, l'universo era concepito solo sotto un aspetto puramente mitologico. Come vedremo meglio in seguito, i Babilonesi vedevano negli astri la dimora degli dei, mentre gli Egizi, per esempio, credevano che una dea sostenesse la volta stellata. Comunque, per tutti la Terra era piatta. Certi popoli d’Oriente, poi, per spiegare le fasi lunari immaginavano che un enorme cinghiale, nascosto tra le nuvole, si divertiva a mordicchiare il nostro satellite naturale, mangiandoselo addirittura interamente in caso di eclissi. Un clima di questo genere, come si può facilmente immaginare, non era molto favorevole alla messa a punto di viaggi spaziali. Fu necessario attendere che l’astronomia greca scoprisse che esistevano nello spazio degli altri mondi simili al nostro perché la fantasia umana cominciasse ad immaginare dei viaggi verso l'etere infinito. Plutarco dichiarò, nella sua opera "De facie in orbe Lunae", che la Luna era un mondo come il nostro, più piccolo però, abitato da dei diavoli e interamente ricoperto di grandi caverne. Solo centovent’anni dopo la nascita di Cristo, Luciano, il noto umorista greco, scrisse i primi racconti di viaggi lunari. In una delle sue due avventure spaziali l’eroe è trasportato sulla Luna da un turbine; nell’altra invece si munisce deliberatamente d’ali di uccello per arrivarvi: sulla spalla destra l’ala d’uno sparviero e sulla sinistra quella di un’aquila. Fu nel 1600 che Keplero incominciò a scrivere l’opera che doveva preferire tra tutto quanto aveva scritto: il "Somnium", il sogno di un viaggio sulla Luna. Il"Somnium" fu la prima opera di fantascienza, nel senso moderno della parola, opponendosi quindi ai generi convenzionali di utopie fantastiche come quelle di Luciano o di Campanella. La sua opera fu considerevole per tutti gli autori di storie di viaggi interplanetari, da Wilkins e More sino a Butler, Verne e Wells.

    Galileo e i suoi successi E’ a Galileo che dobbiamo la descrizione più accurata del nostro satellite.
" ... Parliamo innanzitutto della faccia della Luna che si offre al nostro sguardo. Per facilitarne la comprensione, si distinguono due parti, una più chiara, l'altra più scura. La più chiara sembra circondare e riempire tutto l'emisfero, mentre la più scura lo nasconde e lo ricopre di macchie. Le più scure e le più estese furono osservate da sempre e ciascuno le può vedere: per questo le chiameremo grandi e antiche, per distinguerle dalle altre macchie, minori di estensione, ma talmente numerose che possono ricoprire la superficie totale della Luna, soprattutto nella sua zona più luminosa. La loro osservazione, sovente ripetuta, ci ha convinti che la superficie della Luna non è assolutamente unita, uniforme ed esattamente sferica, come un gran numero di pensatori hanno creduto, e non solo per la Luna, ma ineguale, accidentata, piena di cavità e prominenze proprio come la superficie stessa della Terra, e sormontata da montagne e solcata da profonde vallate"
 

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 " ...Le apparenze che mi hanno permesso di giungere a queste conclusioni sono le seguenti. II quarto e il quinto giorno dopo la congiunzione, quando la Luna offre al nostro sguardo dei corni splendenti, la linea che separa la parte scura dalla parte chiara non si stende secondo una curva uniforme, come capiterebbe su un solido perfettamente sferico, ma è tracciata in modo irregolare. Infatti numerose protuberanze luminose penetrano, al di là dei loro limiti, nella zona dell'oscurità e, inversamente, delle particelle oscure si introducono nella parte illuminata. A volte, un gran numero di macchie nere, interamente separate dalla zona oscura, sono seminate su tutta la zona già illuminata dal Sole, senza parlare della zona dove si trovano le grandi e antiche macchie. Inoltre, abbiamo notato che le piccole macchie hanno questo in comune: che dirigono tutte e sempre la loro parte più scura verso il Sole; di rimando, nella parte opposta al Sole, le macchie nere sono illuminate alle loro estremità e coronate da cime smaglianti. E’ uno spettacolo in ogni punto simile a quello che abbiamo sulla Terra al sorgere del Sole: le vallate sono ancora immerse nell'oscurità, mentre si illuminano le montagne che le circondano e precisamente dal lato opposto al Sole; e come le ombre delle cavità terrestri si restringono man mano che il Sole si alza all’orizzonte, così le piccole macchie lunari perdono le loro zone oscure mentre aumentano la loro parte luminosa".
 

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    I cicli lunari  

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Questa incisione, che rappresenta le fasi della Luna, è tratta dal libro Cosmographia seu descriptio totius orbis, pubblicato nel 1524 da Apiano. 

 

 
 La luna era molto importante per gli almanacchi di Regiomontano e Stoffler pubblicati nel 1492 e 1499, modelli di quelli francesi del Cinquecento, semplici tavole in cui erano calcolati giorno per giorno gli spostamenti dei due astri maggiori e di tutti i pianeti. Ambroise Parè, anch'egli assiduo frequentatore della famiglia reale di Enrico II, conosciuto poi soprattutto come il padre della chirurgia moderna verso la metà del Cinquecento, si occupò di fasi lunari, questa volta per mettere in rilievo la loro influenza sulla meteorologia; egli sosteneva che "quando la luna è rossa porta vento, pallida porta la pioggia, chiara bel tempo". Astrologi, astronomi e medici che non potevano prescindere nell'esercizio della loro professione dalla conoscenza dei movimenti celesti, oltre a riformatori religiosi anch’essi membri della piccola elite degli alfabetizzati, non furono i soli a fare attenzione ai moti del nostro satellite. Districarsi tra luna crescente o calante, nuova, piena, di un quarto era una necessità per tutti. La credenza nella luna rossa era condivisa in Francia anche dai contadini benestanti nella prima metà del Cinquecento che recitavano un proverbio diverso nella forma ma analogo nella sostanza a quello usato da Amboise Parè. Nelle campagne, inoltre, il primo martedì della luna nuova era considerato un giorno cruciale perché se sereno tutto il mese sarebbe stato soleggiato, viceversa se pioveva ci si dovevano aspettare continui rovesci fino alla luna successiva ".   Un legame più esplicito tra la luna e l’agricoltura è proposto da alcuni almanacchi cinquecenteschi, come quello di Jean de Lespine, dottore in medicina, pubblicato a Le Mans nel 1534. Dalle fasi lunari e dal momento esatto in cui il satellite si trovava in opposizione e in quadratura con il sole, dipendevano le "elezioni", tra le quali i momenti in cui era consigliato piantare e concimare simbolizzati con un trifoglio, o la sigla "SP" che significava "bon semer et planter ", ma il principio restava lo stesso. Un proverbio comune suggeriva di seminare con la luna calante in modo che la pianta crescesse più rigogliosa.  Se la luna nel Cinquecento si fosse limitata ad aiutare i contadini nelle previsioni del tempo o a orientare i buongustai nella consumazione di ostriche non saremmo di fronte a una situazione radicalmente diversa rispetto a quella odierna perché da un punto di vista qualitativo è abbastanza simile badare alle sue fasi per tagliare la legna come si faceva allora o per costruire un’atmosfera romantica come si continua a fare oggi. Ma la luna non fu solo il segno per considerare più o meno propizie certe attività, ebbe anche un ruolo essenziale per orientarsi nel corso dell’anno e misurare il tempo.
 

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Almanacco per l'anno 1495, Parigi. 

 

 
 Nel 1524 l'astronomo tedesco Peter Bienewitz, detto Apiano, suggerì di stabilire con il moto lunare la differenza di longitudine, un problema particolarmente scottante dopo le grandi scoperte geografiche perché, a differenza della latitudine, non poteva essere risolto con l'osservazione delle stelle fisse. "Lo scarabeo nell'ultimo giorno della luna fa una pallina di stereo di vacca, [...] sotterra la pallina in una fossetta dove la lascia per 28 giorni, durante i quali la luna fa il giro dei dodici segni dello zodiaco [ poi] torna alla pallina la dissotterra e ci trova un piccolo scarabeo formato, animate e con la luna nato e rinnovato".  La luna, oltre a essere il simbolo della rinascita e della rigenerazione, funge anche da unità di misura temporale: il suo ciclo di ventotto giorni è l’unico metro che lo scarabeo conosca.  Gli astronomi e gli scarabei non furono i soli a misurare con la luna lo scorrere del tempo, anche le sei vecchiette che raccontavano credenze popolari delle Fiandre e della Piccardia, diffuse negli ultimi anni del Quattrocento, suggerivano alle giovani mogli di aspettare una lunazione completa per essere certe, nel caso il marito non le avesse toccate, dell’avvenuto tradimento. In Italia i calendari cinquecenteschi si chiamavano lunari e potevano sia contenere le fasi della luna nell’anno in corso, come quello di Lucca per il 1565, sia proporre le date di quella nuova e piena per alcuni anni, come nei numerosi testi editi a Venezia tra il 1491 e la meta del Cinquecento. Il calendario lunare, contrariamente a quello basato sulla divisione dell'anno in dodici parti, fa riferimento a moti astrali chiaramente identificabili, all'osservazione dei fenomeni celesti: per questo era alla portata di tutti, come sottolineava con una battuta il matematico Giovanni Padovani nel 1576 per il quale era un metro da usare " senza scienza di lettere, over intelligenza di calcoli".   LA LUNA NEI MITI E NELLE CREDENZE E POPOLARI La Luna non è solo quel bellissimo oggetto celeste che, di notte, risveglia il lato più romantico di ognuno di noi. Dietro questa visione c’è molto di più, enormemente di più. E’ stata una compagna per la Terra, probabilmente fin dalla sua nascita. E’ stata testimone dell’evoluzione dell’uomo. Ha assistito ad ogni suo successo ed insuccesso. E’ stata temuta, amata, odiata, venerata. Fenomeni come le eclissi lunari hanno rappresentato momenti di terrore, paura, eccitazione. Non è un mistero che i popoli antichi vedessero le eclissi come segni nefasti. Dobbiamo infatti ricordare come le civiltà antiche avessero un profondo rapporto con tutto ciò che avveniva nel cielo. Dal cielo si dovevano saper trarre i segni fondamentali che potevano garantire la sopravvivenza delle varie comunità, segni che riguardavano il procedere delle stagioni, le variazioni atmosferiche, il volere delle divinità. In pratica tutti gli avvenimenti celesti dovevano avere una controparte in quelli terrestri. Un qualsiasi evento astronomico non era senza conseguenze per i destini della comunità. Quindi, poiché la vita sulla Terra dipendeva (come oggi) dal Sole e dalla Luna, la sparizione di una di essa, era considerato un turbamento dell'ordine cosmico.

Di solito le eclissi venivano viste come se la Luna fosse mangiata da vari tipi di creature mostruose. In Cina si trattava di un cane celeste, presso gli Indios del Sudamerica un uccello con le ali spiegate, in America un dragone. In India la Luna veniva inghiottita da Rahu, uno dei demoni che lottarono con gli dei per possedere la dea Laksmi, l'equivalente della nostra Venere, e un nettare divino come l'ambrosia. I demoni vinsero ma, proprio quando Rahu stava bevendo l'ambrosia, il dio Narayana lo sorprese e gli tagliò la testa, che da allora se ne va in giro per il cielo a tendere agguati al Sole ed alla Luna.
Presso i Buriati, nella Siberia orientale, a est del lago Bajkal, era diffusa la credenza di un mostro chiamato Alkha, che inseguiva continuamente e divorava il Sole e la Luna. Alla fine gli dei, esasperati per i ripetuti oscuramenti del mondo, tagliarono Alkha in due. La metà inferiore cadde sulle terra, ma quella superiore continuò a ossessionare i cieli: questo é il motivo per cui le eclissi accadono ancora, di tanto in tanto. Per scongiurare il pericolo, i Buriati solevano emettere forti strilli, scagliare pietre e più recentemente, sparare verso il cielo, per mettere in fuga il mostro. Altri popoli tengono comportamenti simili. Per esempio gli Indios Kalina del Surinam facevano un baccano d'inferno, battendo su ogni cosa capitasse a tiro per allontanare i due contendenti, Sole e Luna che, pur essendo fratelli , talvolta litigavano furiosamente.
 

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Nel Medioevo i tedeschi, durante le eclissi lunari, si mettevano a cantare "vinci, Luna!".

 

Gli Indios della Colombia afferravano le loro armi e intonavano inni di guerra, promettendo al Sole ed alla Luna di pentirsi delle proprie colpe e di impegnarsi duramente da lì in avanti nelle proprie mansioni, dimostrando tale volontà mettendosi a irrigare i campi di grano e lavorando a ritmi forsennati durante il fenomeno.

Nell'antico Egitto le eclissi avvenivano perché un maiale nero, il demone Set travestito, saltava sull'occhio di Horus, il dio del Sole. Per le antiche tribù norvegesi il mago Loki viene incatenato dagli dei. Per vendicarsi crea dei lupi giganteschi, i più grandi dei quali sono Mànagarmer. che causano le eclissi lunari inghiottendo la Luna, e Skoll, che causa quelle solari mangiandosi il Sole.

Presso molti popoli il fenomeno era visto come l'unione tra due sposi. Così a Tahiti dove, molto romanticamente, si pensava che , con il sopraggiungere dell'oscurità, il Sole e la Luna, non trovando la strada, avessero creato le stelle per rischiarare il cammino. Tra i pellerossa canadesi, se per i Tlingit il fenomeno avveniva quando la Luna andava a visitare il marito, per gli Algonchini esso era dovuto al fatto che il Sole prendeva suo figlio tra le braccia. D'altra parte, un mito tedesco vedeva le eclissi come il risultato della lite tra due coniugi, considerando tra l'altro la Luna di genere maschile e il Sole femminile.
Naturalmente, accanto alle visioni mistiche, cominciarono a svilupparsi anche spiegazioni fisiche, a partire da quella più importante, cioè l'allineamento tra Terra Sole e Luna. Si ritiene che già nel Paleolitico Superiore l'uomo fosse in grado di registrare abbastanza accuratamente le fasi lunari, e quindi di avere una buona base di partenza per approfondire la questione.
 

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Veduta aerea del Cromlech di Stonehenge nella valle di Salisbury 

 

Sequenza di incisioni su ossa di cervo risalenti al Paleolitico Superiore a Les Eyies in Dordogna, che rappresenterebbero registrazioni delle lunazioni

 

 
 Almeno questo sembra dimostrare il ritrovamento di frammenti ossei animali recanti incisioni disposte in sequenza di 30 ritrovate in Africa, Francia, Ucraina e Spagna, tutte risalenti ad un periodo compreso fra i 9000 e i 20000 anni fa. E' noto come il grande monumento megalitico di Stonehenge, risalente a quasi 5000 anni fa, fosse uno straordinario calendario lunisolare, ovvero uno strumento di orientamento e di allineamento con le direzioni di levata e tramonto del Sole e della Luna in diversi momenti fondamentali.
 

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  Anche qui, fra l'altro, sono presenti dei numeri che sembrano avere a che fare con i giorni del ciclo lunare: vi sono 30 arcate nel ciclo di pietre anticamente componenti del cosiddetto Cerchio di Sarsen e 30 e 29 fori nei due sistemi di cavità chiamati convenzionalmente fori Z e fori Y (la media dei due numeri, 29,5, corrisponde al numero dei giorni del mese sinodico lunare, l'intervallo tra due noviluni. I primi documenti contenenti registrazione delle eclissi lunari sono dei Babilonesi ed é molti probabile che già nel secondo millennio a. C., conoscessero il cosiddetto ciclo di saros, ovvero che le eclissi di luna si ripetono ogni 18 anni e 11 giorni. Più o meno intorno al secondo secolo d.C., dall'altra parte dell'oceano, incominciava l'espansione della civiltà Maya. Gli astronomi di quel popolo scoprirono che le eclissi potevano avvenire a intervalli di cinque o sei mesi sinodici lunari. Anche negli antichi annali cinesi sono riportate eclissi già dal 2000 a. C.
L'apparato matematico descrittivo e predittivo dei Babilonesi in campo astronomico passò ai Greci i quali coniarono il termine eclisse, da ekleipsis, che significa difetto, venir meno. Tolomeo nell'Almagesto é la migliore fonte a riguardo.
 

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Fase di un’eclissi totale di luna riprodotta nell’Astromicum Caesareum di Petrus Apianus Ingolstadt 1568.

 

  Nel medioevo tali fenomeni vennero registrati, soprattutto, nelle cronache monastiche italiane. Nel mondo arabo, che ereditò l'immenso patrimonio culturale greco, l'osservazione delle eclissi era importante per due ragioni: la necessità di verificare la precisione delle tavole di eclissi esistenti (si ritiene che gli astronomi arabi fossero in grado di predire le eclissi solari con un margine di errore di 40 minuti, quelle lunari con uno scarto ancora minore), e la possibilità di determinare la differenza di longitudine sulla superficie terrestre. Per questo scopo venivano utilizzate le eclissi lunari.
La sua influenza sulla vita dell’uomo, e in generale sulla vita tutta, è innegabile. La Luna ha sempre avuto un ruolo determinante nella credenza dei popoli: alla Luna si è attribuito il potere di influire sulla vita vegetale. Per alcune popolazioni di interesse etnologico la Luna piena aiutava la crescita delle alghe, di altre piante marine e di quelle piante che crescevano solo di notte. Per questa ragione alcune tribù del Brasile la chiamavano Signora o Madre delle piante.   E' il suo calore che fa crescere le piante, si dice in uno degli Yasht, complesso di inni sacri dello zoroastrismo persiano.  Nell'antica Cina, si credeva che sulla luna crescesse l'erba. Ancora oggi, in numerose regioni, i contadini seminano con la luna nuova per garantire alle sementi una crescita armonica con la crescita lunare; all'opposto preferiscono tagliare gli alberi e raccogliere le verdure quando la luna è calante, in quanto temono di contrariare il ritmo cosmico troncando un organismo vivo durante la luna crescente. E' noto il timore degli orticoltori nei confronti della "luna rossa", cioè quella che inizia in aprile e finisce in maggio. In quel periodo, i germogli sono molto delicati, e può ancora presentarsi una gelata notturna. Se il cielo è terso, la terra, durante la notte, si raffredda in fretta, provocando un abbassamento della temperatura fino alla gelata. Al contrario, se il cielo è coperto, la luna rimane nascosta e la coltre delle nubi impedisce al suolo di raffreddarsi eccessivamente, con effetti positivi per la vegetazione. Non sono né la luna né la sua luce, quindi, a bruciare i germogli, ma il chiarore lunare indica un cielo particolarmente terso e freddo. Ciò che la credenza popolare presenta come un rapporto di causa ed effetto è spiegato dalla scienza come la doppia conseguenza di una stessa causa. Tutte queste corrispondenze tra la luna e il tempo che passa e logora le cose fino alla morte, tra la luna, la pioggia e la vegetazione, si ritrovano tra i pigmei. Presso questa popolazione africana la festa della luna nuova si tiene proprio prima della stagione delle piogge ed è riservata esclusivamente alle donne. Così molte attribuzioni della Luna coincidono in gran parte con quelle della Terra e in primo luogo per quanto concerne la funzione fertilizzatrice; infatti, come avviene nei Maori della Nuova Zelanda, molti popoli associano Terra e Luna, considerandole anche create dalla stessa sostanza. Tutt’oggi, quando si semina, si raccoglie una coltivazione o si vendemmia, si fa ancora attenzione se la Luna è calante o crescente. Diffusa era la credenza che l'azione della Luna fosse esercitata a fondo sulla linfa delle piante dalle quali si estraevano succhi per formare bevande inebrianti (nell'America centrale e meridionale la chicha è considerata il sangue della Luna); ancora adesso l'alcol prodotto in zone del Kentucky è detto moonshine, termine che i bianchi hanno preso in prestito dagli Indiani che producevano e consumavano la chicha in onore della Luna, e tra la popolazione rurale è importante sapere in che fase è la Luna per poter scegliere il momento per imbottigliare il vino. La crescita e il calo della Luna, inoltre, è stato un fenomeno che ha colpito la fantasia dei popoli di interesse etnologico, e a ciò si ricollegano numerosi miti simili fra loro, noti in Africa settentrionale, tra i Cafrim, nelle isole Marchesi e Salomone. Caratteristico è un mito bantu che collega l'astro con la stella del mattino e quella della sera al ruolo di mogli: la Luna crescente sarebbe la moglie premurosa che accudisce con amore al vecchio marito la Luna calante sarebbe la moglie malvagia. Questo sdoppiamento delle caratteristiche della Luna, è presente anche tra gli Aztechi.
 

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Dea Coyolxauuhqui, presso gli aztechi simbolo della luna e della morte. Reca incise sulla fronte le fasi lunari. 

 

 
 Qui la luna veniva concepita sotto due differenti immagini. La più significativa era Coyolxauhqui, "la signora dai campanelli nuovi", sorella del grande dio Huitzilopochtli. Secondo la leggenda, questi, ancora nel grembo della Madre Terra, aveva avvertito che le stelle e i pianeti complottavano per distruggerlo, e così, quando emerse dal grembo, si preparò ad uccidere tutti gli esseri che avrebbe incontrato. Ma insorse in un terribile errore: decapitò a caso il primo essere che incontrò, accorgendosi solo dopo che si trattava della sorella, la quale aveva udito intercedere in suo favore; colto dal rimorso, raccolse la testa e la lanciò nel cielo, dove la signora dai campanelli d'oro splende tuttora, talvolta visibile anche dopo il sorgere del Sole. L'altro aspetto della Luna era quello di Tlazolteolt, dea dell'amore carnale; ma veniva chiamata anche Tlaelquani (mangiatrice di sozzura), la divoratrice di sporcizia, cioè del male e dei peccati nome che le derivava dal fatto che, nella terza delle sue quattro fasi, assorbiva tutti i mali commessi dagli uomini e ne purificava l'anima se questo si confessava sinceramente con il sacerdote. Tale confessione avveniva solo una volta nell'arco della vita e in genere dopo la cessazione dell'attività sessuale, per non avere altre tentazioni. La dea assumeva quattro differenti sembianze secondo le quattro fasi lunari: nella prima, era la Giovane Luna, un'adolescente brillante, crudele, imprevedibile e piena di fascino; nella seconda, una giovane donna sensuale di insaziabile amore carnale; nella terza, di breve durata, una sacerdotessa che perdonava i peccati, proteggeva i matrimoni, portatrice di pace e fecondità nelle case; l’ultima, un mostro, somigliante ad Ecate, che divorava gli amanti, si impossessava delle ricchezze e privava l’umanità di ogni suo bene. Queste continue trasformazioni, oltre a rappresentare specifici attributi lunari, sembrano simboleggiare ed esprimere la mutevolezza femminile, come se, gli uomini aztechi, temessero che un giorno la donna si sarebbe ribellata ad una situazione di inferiorità in cui erano costrette a vivere.
 

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In questa illustrazione del Settecento la donna appare chiaramente un essere "lunatico" 

 

 
 Tale attribuzione alla Luna di caratteristiche femminili, per i Maori, è nata dalla relazione tra il ciclo lunare e il ciclo fisiologico femminile, infatti, chiamano le mestruazioni malattia della Luna. Da questa osservazione si è passati ad un'altra attribuzione della Luna, quella di divinità femminile che presiede alle nascite. Per gli assiri, la luna e la Grande Vacca sono associate nei riti di fecondità. Un inno sumero chiama il dio-Luna "Toro vigile dagli infaticabili piedi". Di contro, le popolazioni eschimesi considerano la Luna di sesso maschile e che scenda durante la notte dal cielo per unirsi con le loro donne. I figli che nascerebbero da queste unione avrebbero caratteristiche di eroi lunari. Anche per i miti australiani la Luna è un seduttore che abbandona la donna dopo averla resa madre. In alcune tradizioni,  le viene attribuita addirittura la capacità di rendere incinte le imprudenti che, la sera, urinano girate verso di lei!
 

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La lepre bianca, secondo la tradizione giapponese, abitatrice della Luna.

 

   

Nello scintoismo, la religione ufficiale del antico Giappone, la luna ha scarso spazio, mentre nelle tradizioni popolari, di sapore fiabesco, abbondano   le figure di animali. Così, secondo una credenza giunta dall'India attraverso il buddismo, la lepre compare spesso come abitatrice della luna; e animale lunare è anche nelle tradizioni cinesi. Quanto ai giapponesi l'hanno presto fatta propria, assimilandola alla lepre bianca. Nella maggior parte dei codici simbolici messicani, la luna è rappresentata da una sorta di recipiente a forma di mezzaluna, in fondo alla quale spicca la figura di un coniglio.

Sebbene sia ritenuta in molti casi un sole decaduto e nostante abbian realtà minore incidenza sui fenomeni terrestri, la tradizione attribuisce alla luna influssi e poteri ben più vasti rispetto a quelli del sole. I suoi grandi poteri  le derivano in primo luogo dal fatto di essere signora del tempo. Lo è solo in un  senso, dato che scandisce il ritmo dei mesi, mentre il sole presiede al succedersi dei giorni e degli anni. Il suo tempo non è vivo, non è il tempo che passa, il tempo che logora gli esseri umani. La luna che cresce, decresce e scompare tre giorni per poi ricomparire, fragile e sottile, è invece il simbolo del tempo concreto, vivo, che passa e parla ai sensi: un tempo che è possibile afferrare immediatamente, intuitivamente. E' la signora del tempo, del divenire e del destino. Una tradizione babilonese sostiene che la creazione dell'uomo è avvenuta durante la luna nuova. La coincidenza tra nascita e luna nuova è garanzia che la creatura continuerà a crescere.
La luna regna sulle acque del cielo: ancora oggi molti credono che con la luna nuova cominci o smetta di piovere. Ma quando la luna compare, compare su tutta la terra, ed è difficile credere che le piogge comincino e  cessino contemporaneamente in tutto il pianeta. La luna regna anche sulle acque terrestri: gli uomini hanno notato molto presto che il mare si alza e si abbassa seguendo il ritmo lunare, e una volta tanto le scienze non hanno potuto smentire questa osservazione anche se basata sull'analogia. Le maree sono dovute alle forze di attrazione combinate della luna e del sole, anche se quest'ultimo vi contribuisce solo per un terzo. Così la luna è anche nelle acque. Lo dicono mille leggende.   Le più belle leggende Molto tempo prima della moderna scienza lunare e al di fuori di essa, si è tentato di spiegare in modo più o meno fantastico l'origine delle macchie esistenti sulla faccia visibile della Luna. Quasi dovunque, in Europa, si conoscono dei racconti nei quali compare un uomo che, per aver violato una serie di comandamenti religiosi o per aver rubato, è costretto a vivere sulla Luna, riempiendola con il suo corpo di macchie difformi. Una leggenda molto simile si ritrova in Nuova Zelanda. Qui si tratta di una donna, Rona, che è rapita dalla Luna assieme al ramo d’albero al quale si è aggrappata per non lasciare la Terra. In Cina, l'albero è un'acacia, sulla quale sta seduto un uomo che bada alla sua potatura. A Giava è invece un bracconiere intento a porre lacci per gli uccelli che si posano sempre tra i rami di una quercia. In Siberia le leggende sono imperniate attorno ad una ragazza rapita dalla Luna per aver mancato di rispetto alla suocera. Per lo spavento la ragazza si aggrappa ad un salice ed ecco che da quel giorno la si vede sulla Luna con il suo alberello. Secondo una vecchia tradizione annamita, l'uomo sulla Luna è un bugiardo ed un pasticcione che, poiché faceva il boscaiolo, porta sempre sulle spalle, anche lassù, un'ascia e un ramo d'albero. In tutti questi casi, dunque, le macchie lunari non sono altro che le foglie degli alberi di cui si parla in queste leggende. Nell'Edda di Snorri, la celebre saga islandese, la Luna rapisce due ragazzi che tornano da un pozzo dove sono andati a rubare due secchi d'acqua e, secondo una leggenda svedese che si ispira direttamente a questo episodio, l’acqua avrebbe dovuto servire a spegnere la Luna... Un’altra idea concerne le macchie lunari e molto diffusa nel mondo è quella che vede un tessitore od una tessitrice seduti sulla Luna. Nelle Ardenne si racconta che una giovane donna che lavorava in filanda, innamorata smodatamente della danza, fu rapita dalla Luna in seguito ad una maledizione. A Sumatra è un uomo che tesse la sua tela sulla Luna; ma ogni mese un topo viene a distruggerne il lavoro. Gli Algonchini invece raccontano che si tratta di una donna che tesse un diadema; ma un gatto, lì vicino, ne strappa il tessuto una volta al mese affinché non sia mai terminato. (Se cio avvenisse, arriverebbe la fine del mondo). In Cina la divinità lunare tesse i fili che uniscono le famiglie. In certi casi però la speculazione mitica è andata ancora più lontano, come per esempio quella egizia, secondo la quale la divinità lunare Neith tesse un velo cosmico che nessun mortale ha mai toccato. In questo modo, attraverso l’identità del filare e del tessere il proprio destino, la Luna ha finito per diventare la dea del Destino, come ce la rappresentano Sofocle o Catullo, o ancora come ce lo confermano tutte le tradizioni popolari del Nord. Nelle più belle leggende lunari  si ritrovano  i significati mitici cui abbiamo accennato e il lettore può afferrare meglio l'aura magica che circonda la Luna.

   LA LUNA NELLA LETTERATURA In confronto al Sole, agli altri pianeti  e alle stelle, il nostro satellite è così vicino e apparentemente a portata di mano, che non c'è nulla di strano se gli uomini hanno sempre sognato di andarci. E se oggi ci sono riusciti, in parte ciò è dovuto forse al fatto che molti poeti, scrittori, filosofi, studiosi, hanno tracciato, fin dai tempi più antichi, una via di fantasticherie avvincenti. Ludovico Ariosto(1474 - 1533) Gli uomini e la luna  

Nel tempo ch'era nuovo il mondo ancora e che inesperta era la gente prima e non eran le astuzie che sono ora, a piè d'un alto monte, la cui cima parea toccassi il cielo , un popul, quale non so mostrar, vivea ne la val ima; che più volte osservando la inequale luna, or con corna or senza ,or piena, or scema, girar il ciel al corso naturale, e credendo poter da la suprema parte del monte giungervi , e vederla come si accresca e come in se si prema ; 

chi con canestro e chi con sacco per la  montagna cominciar correr in sù, ingordi tutti a gara di volerla. Vedendo poi di non esser giunti più  vicini a lei,  cadeano a terra lassi, bramando in van d'esser rimasi giù. Quei ch'alti li vedean dai poggi bassi, credendo che toccassero la luna, dietro venian con frettolosi passi. Questo monte è la ruota di Fortuna, ne la cui cima il volgo ignaro pensa ch'ogni quiete sia, nè ve nè alcuna. 

   
In questa dimensione si rivela illusoria la speranza che gloria ed onori possano appagare l'uomo, come ci dice il poeta in un'altra breve favola dove, con un pessimismo al solito temperato da una bonaria ironia si racconta un altro aspetto della follia umana: la corsa degli uomini per "conquistare" la luna (Satira III, vv. 208-51).
 

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Ci voleva la fantasia di un poeta come l'Ariosto per lanciare il suo eroe, in veste quasi di astronauta, alla conquista del pianeta d'argento.

 
 E ancora nell’ Orlando Furioso, il viaggio di Astolfo sulla Luna, canto XXXIV, ottave 75-78, rappresenta il perpetuo cercare degli uomini che non approda mai ad una conquista stabile realizzata una volta per sempre, ma che vive della sua stessa ricerca, del suo affannarsi e sperare, e in questo trova, nello stesso tempo, il suo appagamento e la sua infelicità.
 

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Tra il 1400 e il 1500 la Luna se ne stava irraggiungibile in mezzo al cielo. Era immaginata come una fanciulla "ignuda e gentile" che confortava i marinai. Eccola nella tavola XIV del De Sphaera.

 

Sempre lontana nel cielo è rappresentata anche dal ferrarese Fanti nel suo Trionpho di Fortuna (1526), dove sono indicati i modi di cavarsi d'impaccio dai più tristi accidenti di quaggiù.

 

      La vita della Luna  di Galileo Galilei (1564 - 1642)  Simplicio. "Perché noi chiaramente veggiamo e tocchiamo con mano, che tutte le generazioni, mutazioni etc. che si fanno in Terra, tutte, o mediatamente o immediatamente, sono indirizzate all'uso, al comodo ed al benefizio dell'uomo: per comodo de gli uomini nascono i cavalli, per nutrimento dè cavalli produce la Terra il fieno, e le nugole l'adacquano; per comodo e nutrimento degli uomini nascono le erbe, le biade, i frutti, le fiere,gli uccelli, i pesci; ed insomma, se anderemo diligentemente esaminando e risolvendo tutte queste cose troveremo il fine al quale tutte sono indirizzate esser il bisogno, l'utile, il comodo e il diletto degli uomini.   Or di quale uso potrebber esser mai al genere umano le generazioni che si facessero nella Luna o in altro pianeta? Se già voi non voleste dire che nella Luna ancora fussero gli uomini, che godesser de i suoi frutti: pensiero, o favoloso o empio".
 

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  Sagredo. "Che nella Luna o in altro pianeta si generino o erbe o piante o animali simili ai nostri, o vi si facciano pioggie, venti, tuoni, come intorno alla Terra, io non lo so e non lo credo, e molto meno che ella sia abitata da uomini: ma non intendo già come tuttavoltachè non vi si generino cose simili alle nostre, si deva di necessità concludere che niuna alterazione vi si faccia, nè vi possano essere altre cose che si mutino, si generino e si dissolvano, non solamente diverse dalle nostre, ma lontanissime dalla nostra immaginazione, ed insomma del tutto a noi inescogitabili. E sì come io sono sicuro che a uno nato e nutrito in una selva immensa, tra fiere ed uccelli, e che non avesse cognizione alcuna dell'elemento dell'acqua, mai non gli potrebbe cadere nell’immaginazione essere in natura un altro mondo diverso dalla terra, pieno di animali, li quali senza gambe e senza ale velocemenete camminano, e non sopra la superficie solamente, come le fiere sopra la terra, ma per entro tutta la profondità, e non solamente camminano, ma dovunque piace loro immobilmente si fermano, cosa che non possono fare gli uccelli per aria, e che quivi di piu abitano ancora uomini e vi fabbricano palazzi e città, ed hanno tanta comodità nel viaggiare, che senza niuna fatica vanno con tutta la famiglia e con la casa e con le città intere in lontanissimi paesi; si come, dico, io sono sicuro che un tale, ancorchè di perspicacissima immaginazione, non si potrebbe già mai figurare i pesci, l'oceano, le navi, le flotte e le armate di mare; così, e molto più, può accadere che nella Luna, per tanto intervallo remota da noi, e di materia per avventura molto diversa dalla Terra, sieno sustanze, e si facciano operazioni non solamente lontane, ma del tutto fuori d'ogni nostra immaginazione, come quelle che non abbiano similitudine alcuna con le nostre, e perciò del tutto inescogitabili, avvenga che quello che noi ci immaginiamo bisogna che sia o una delle cose già vedute, o un composto di cose o di parti delle cose altra volta vedute; che tali sono le Sfingi, le Sirene, le Chimere, i  Centauri".

 

Da questo dialogo si scorgono due differenti modi di pensare: Simplicio sostiene la tesi dei paripatetici, che l’universo sia tutto in funzione dell’uomo e ogni cosa trovi la sua giustificazione nel fatto di essere utile alla vita umana; Galileo ammira invece la grandiosità dell’universo commisurandone il valore, non più al vantaggio immediato dell’uomo ma alla grandiosità infinita della sua vita, che rivela la potenza della mente creatrice di Dio.

"E sì come io son sicuro..." : il riferimento di Galileo alla luna cerca di far intuire al lettore la grandezza degli spazi infiniti del cosmo e la possibile presenza di vite molteplici e infinite, fuori d’ogni nostra immaginazione.   STORIA COMICA. Viaggio meraviglioso nella Luna e nel Sole (1646) sole di Cyrano De Bergerac  

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    (Composizione  del 1880 dell'astronomo francese Camille Flammarion in cui si illustra il paradosso di un firmamento limitato. Infatti, se è limitato,   che ci sarà mai oltre il suo confine estremo?) Scritta probabilmente fra il 1643 e il 1651, l’avventura immaginaria del filosofo francese nelle regioni cosmiche si colloca al centro di un curioso crocevia in cui vengono a confluire la dimensione utopica e l’interesse etnografico, il racconto picaresco e le suggestioni magiche. La storia inizia in una notte di plenilunio. Quattro amici rientrano a casa, gli occhi immersi "nella grande boccia di zafferano che brilla in cielo", azzardano, in tono scherzoso, le più diverse congetture sulla natura lunare. Cyrano, che nella finzione narrativa parla in prima persona, sostiene che la luna sia un mondo "al quale il nostro serve da luna".  Seguirà la sua decisione di salire sulla luna e quindi i preparativi per il viaggio.
 

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    Andare sulla Luna è stato il sogno di molti uomini: scienziati, ma anche sognatori e poeti. Anzi questi ultimi, facendo appello alla loro fantasia, hanno sempre inventato qualche mezzo meraviglioso per sollevarsi in cielo e, una volta lassù, balzare sulla Luna. Cyrano de Bergerac immagina che la rugiada, così delicata da evaporare al primo raggio di Sole, possa servire, chiusa in una cintura di fiale, per far perdere ad un uomo il proprio peso e sollevarlo dolcemente lassù, nel cielo, verso la meta agognata.

L’uomo del Seicento vive, in un orizzonte nuovo i cui confini non sono più quelli del ristretto sistema tolemaico. Le scoperte della scienza lo hanno scardinato dalla sua posizione eccezionale nel creato, ribaltando le antiche gerarchie e sconvolgendo irreparabilmente, insieme all’ordine cosmologico, la fisionomia di quell’edificio sociale all’interno del quale aveva coltivato i suoi valori e le sue certezze. Non solo la terra non è più al centro dell’universo, ma l’universo stesso sembra non aver più alcun centro, né alcun limite. L’uomo viene così a trovarsi in balia dell’infinito. In questo labirinto, percorso da oscure corrispondenze, la realtà rischia di sfuggire ad ogni ragionevole progetto di controllo. Mentre la strada dell’armonia e dell’equilibrio, che caratterizzava le aspirazioni rinascimentali, non sembra più percorribile, mentre quella della scienza non sembra ancora sufficientemente delineata, l’uomo, che sino ad allora si era creduto al centro della creazione, cui Dio aveva sottoposto la natura e tutto il vivente affinché su tutto potesse esercitare il suo dominio, diventa, in questo nuovo spazio cosmico onnicentrico, un pulviscolo, un nulla perso in un’immensità indifferente e impassibile che lo ignora.." Nel silenzio eterno degli spazi infiniti", la stessa fede tende a perdere i suoi caratteri di certezza, per diventare una scommessa su cui è conveniente puntare" (Pascal).

Il Viaggio negli stati e negli imperi della Luna e del Sole  non è soltanto un viaggio nello spazio, ma anche un viaggio nel tempo, un’avventura infinita attraverso i testi del passato e del presente, testi che trovano voce nei diversi, stravaganti incontri di cui è tessuta tutta la trama narrativa. Tutto il viaggio è, in ogni caso, esplicita ripresa di un mito che, per l’uomo, sembra avere il valore di un archetipo racchiuso da sempre nella sua fantasia, dal mito di Icaro e della sua metamorfosi in volatile al viaggio di Astolfo sulla Luna di Ariosto.
    Alla luna di Giacomo Leopardi (1798 - 1837)  

  O graziosa luna, io mi rammento  che, or volgel'anno, sovra questo colle  io venia pien d'angoscia a rimirarti:  e tu pendevi allor su quella selva  siccome or fai, che tutta la rischiari.  Ma nebuloso e tremulo dal pianto che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci  il tuo volto apparia,travagliosa  

era mia vita: ed è, nè cangia stile,  o mia diletta luna. E pur mi giova  la ricordanza, e il noverar l'etate  del mio dolore. Oh come grato occorrea  nel tempo giovanil, quando ancor lungo la speme e breve ha la memoria il corso, il rimembrar delle passate cose,  ancor che triste, l'affanno e che duri!  

  Tale opera di Leopardi  è improntata sul tema importantissimo della ricordanza. La dolcezza del ricordo persiste anche quando la vita presente è triste e il ricordo stesso è causa di dolore.  Il riferimento alla luna è fondamentale perchè rappresenta la reminiscenza classica e in un certo senso la rappresentante di tutte quelle cose familiari, mute, generatrici del dolore e del sognare, alle quali sono rimasti legati i ricordi.   "De la terre à la lune" (1865) di JULES VERNE

"Dalla terra alla luna" anticipa le imprese spaziali della seconda metà del nostro secolo. Naturalmente Verne non poteva immaginare che si sarebbe trovato il modo di sparare una capsula spaziale senza ricorrere a "cannonissimi". Eccetto il mezzo di propulsione, tutto quanto Verne presenta nel suo romanzo, l’uomo lo ha vissuto: la capsula spaziale, il giro della luna con la visione della faccia nascosta, il ritorno della capsula con la caduta nell’ Oceano.    

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    J.Verne - Dalla terra alla luna - Ediciones Topela - Barcellona - 1979  

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   Alla nuova luna di Salvatore Quasimodo (da LA TERRA IMPAREGGIABILE, 1958)   In principio Dio creò il cielo e la terra, poi nel suo giorno esatto mise luminari in cielo e al settimo giorno si riposò. Dopo miliardi di anni l'uomo, fatto a sua immagine e somiglianza, senza mai riposare con la sua intelligenza laica, senza timore, nel cielo sereno d'una notte d'ottobre mise altri luminari uguali a quelli che giravano dalla creazione del mondo. Amen. La poesia fu ispirata a Quasimodo dal lancio del primo  satellite artificiale, lo Sputnik, nel 1957. Se l’opera, a prima vista, può sembrare una preghiera che esalta l’ardire dell’uomo (Amen) e la sua intelligenza laica, a molti suona invece come una condanna per i continui tentativi dell’uomo di violare l’armonia e la bellezza degli spazi infiniti.
    Giuseppe Ungaretti,

All'indomani dell'atterraggio dei primi astronauti sulla Luna ha detto: "Questa è una notte diversa da ogni altra notte del mondo". "Che cosa hanno fatto veramente questi uomini? Si può dire che hanno usato violenza alla natura ribellandosi legge che li legava alla Terra: ma si può dire allo stesso modo che hanno saputo trovare altre leggi nascoste in un più lontano segreto della natura, e che hanno saputo sfruttarle con la loro intelligenza per appagare il loro bisogno di conoscere. Da questo punto di vista questa impresa è certamente un fatto di poesia. Potremmo anzi arrivare a concludere che gli strumenti usati da questi uomini per questa loro avventura sono anch'essi strumenti di poesia: come il remo di Ulisse, come la vela della sua nave. Ogni uomo ha desiderato da sempre di conquistare la Luna. Basterà rileggere le pagine più antiche di ogni cultura, per trovare questo richiamo perenne. Affidato a mille voci diverse, dalla tragedia alla favola, manifestato nella malinconia o anche nel sorriso dell'invenzione: ma il richiamo c’è, si ripete, ci ricorda continuamente la nostra condizione di creature costrette in un limite eppure sospinte al di là di quel limite. Fino a ieri soltanto, il poeta poteva, per tutti gli altri, passare questa frontiera sulle ali di Icaro o sulla groppa dell’ippogrifo... Oggi è stato raggiunto l’irraggiungibile, ma la fantasia non si fermerà. La fantasia ha sempre preceduto la storia come una splendente avanguardia". Continuerà a precederla... Gli uomini continueranno a vedere la Luna così come appare dalla Terra, anche se la sua conoscenza fisica e scientifica potrà essere approfondita o modificata. Ma per gli effetti ottici che ha sulla Terra, la Luna rimarrà sempre per i poeti, e penso anche per l'uomo qualunque, la stessa Luna."

    Fiabe di luna. Simboli lunari nella favola, nel mito, nella scienza.

E' la tesi che le fiabe, sono  tutte   ispirate al ciclo mensile della luna, ne narrano la vicenda, ne adottano il lessico. L'astro che illumina le notti, la luna crescente o calante, e soprattutto la luna cinerea dei noviluni, traspare attraverso i personaggi fiabeschi, e dà senso alle loro curiose storie. Presenza costante nelle favole di tutti  i popoli, la luna appare sotto infiniti volti nella mitologia greca e, come annuncio di resurrezione, porta la novella cristiana: Ergo annuntiavit luna mysterium Christi (sant'Ambrogio). Ma anche le "favole scientifiche" adottano il puntuale e circolare stile lunare. "La luna è una vivida parte di noi situata nella lontananza ...Ella è una maniera del nostro pensiero, una forma della logica.".  L'uomo civile non incontra mai la luna, salvo quando gli appare inattesa tra le sagome notturne dei palazzi. Una stranezza, specie se gli si presenta in fogge e positure insolite. Ha tutta l'aria di un arcaico pregiudizio, di un anacronistico dirigibile, di un dimenticato personaggio da un film muto. Come può sopportare un moderno il messaggio che non è mai cambiato da migliaia o da milioni di anni, la fonte di tanta superstizione o credulità ? La luna è ancora lì, capace di suscitare immagini senza fine. La luna è come la vita, che spunta dall'oscurità, cresce, fiorisce, declina, scompare nell'oscurità, e la vita sa di se stessa attraverso la luna, che sulla terra ancora deserta anticipava con le sue fasi le età dell'uomo. Quanta luce fa la luna. Tante trame fiabesche e mitologiche acquistano dalla luna un senso profondo e fatale.

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1- Alla luna, di M. Chagall,1953    La rossa fiera solare si appresta a divorare l'ultima falce di luna calante.

 

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2 - Il 16 settembre, di Renè Magritte.    In ogni albero notturno si nasconde una luna, seme-foglia-petalo, a simboleggiare la vita vegetale.

 

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3 - I misteri dell'orizzonte, di Renè Magritte, 1955     Parmenidea. Comunque muti, girando il volto immoto, la luna è identica a se stessa, come la verità. 

 

      La luna dei poeti

Ora triste e melanconica, ora invece lieta scanzonata, da secoli la Luna ha ispirato i poeti. Ed è cosa normale, se si pensa all'importanza che la contemplazione della natura ha per ogni essere sensibile. Per alcuni secoli questa contemplazione rimase però fine a sé stessa, dandoci una serie di poemi in cui l’osservazione sembra prevalere sulla meditazione. Lentamente l’astrazione simbolica riesce poi a diventare uno degli elementi essenziali della poesia e l’immagine della Luna appare come simbolo più che come elemento descrittivo. Anche qui la poesia segue la linea evolutiva della sensibilità che si affina e la Luna non è più una dolce fanciulla o l’amica dei grandi silenzi, ma la prima meta dell’infinito-finito. Però non possiamo non concordare col professor A. J. Sternfeld, dell'Accademia delle Scienze sovietica, quando scrive: "Si può senz’altro affermare che l’immaginazione creativa dei poeti ha avuto una funzione di stimolo per la scienza nel campo del volo cosmico". In un certo senso sono loro che hanno mantenuto vivo nel cuore di ogni essere l'amore per il nostro pallido satellite, tramandando nei secoli un desiderio assetato di conquista. Forse se la Luna dei poeti non fosse esistita, chissà, l'uomo si sarebbe stancato di sognare il viaggio impossibile. In fondo quello che è importante è constatare che la scienza ha agito quasi come un esecutrice, come se avesse ricevuto dai poeti il ruolo di risolvere il problema essenziale dell'uomo: quello di fuggire all'angoscia della Terra per vivere infine nello spazio accanto agli dei. Di seguito sono raccolte alcune poesie che si riferiscono alla Luna: la loro scelta è puramente arbitraria e non corrisponde a nessun preciso disegno storico od estetico, e ciascuno potrà aggiungerne tantissime altre, anche più belle di quelle che qui han trovato posto, e più rispondenti alle sue preferenze letterarie
  PLENILUNIO SAFFO (Trad. S. Quasimodo) Gli astri intorno alla limpida Luna nascondono l'immagine lucente, quando piena più risplende, bianca sopra la terra.  

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Max Ernst 

 

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Paul Klee  

 

      VERSI ALLA LUNA U. SABA  

  La Luna si è nascosta fra le nubi di madreperla dopo che in me, a vederla, vecchi fantasmi nacquero e follia. La Luna nel suo argento ha impresse sante immagini: la vergine Maria che il dolce figlio ha in grembo... La Luna non mi pare come l'occhio del Sole, l'accecante occhio che tutto vede, ma non dicerne e non ricorda; ella sa le presenti e le passate cose, e per quelle che saranno porta un finissimo intuito; ed anche ha un certo fare, austero e materno, ch'io la guardo come il bimbo, tolta del suo fallo la traccia, scruta furtivo la marmorea faccia 

della madre, la sua bocca che tace, un sorriso indicibile che toglie ogni sua pace. La Luna è uscita ignuda dalle nubi di madreperla. Affacciato a goderla, penso che innamorata sia d'un barbaro; penso una spiaggia ove al suo lume sbarcano quelli eroi sanguinosi che l’infanzia del mio cuore, e del mondo, ha tanto amato; richiudo amareggiato da lei, che vergognosi sentimenti m'infligge di puerili eroiche imprese, di guerre a vendicar l'amico intese, di flotte naviganti a lumi spenti. 

   

Nel cercare di cogliere  le meraviglie dell'universo impariamo contemporaneamente a conoscere le meraviglie dell'uomo. Quel volo sulla Luna, intrapreso come un viaggio  verso l'esterno, è stato anche un'esplorazione all'interno di noi stessi: e non in senso poetico, ma reale e storico, perché il fatto di aver compiuto quel viaggio e di averlo trasmesso per televisione ha trasformato, approfondito ed esteso la coscienza umana a un grado e in un modo tale da segnare l'inizio di una nuova era spirituale. L'uomo è da sempre stregato dalla Luna. "Sono circa quattro miliardi di anni che quel grazioso satellite gira intorno alla Terra, come una splendida donna solitaria che tenta di attirare lo sguardo su di sé. Finalmente ci è riuscita, ha catturato la nostra  attenzione e quindi anche noi stessi. E come sempre accade quando si risponde a una tentazione simile, nasce una nuova vita, più ricca, più eccitante e più appagante.   L'uomo può vivere e realizzare nella propria vita un infinito numero di destini, enormemente differenti, e quello che egli sceglie di incarnare non sarà determinato da ultimo né dalla ragione né dal buon senso, ma da un insieme di stimoli: "visioni che lo affascinano e lo trascinano ad andare oltre i suoi limiti".
 

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Joan Miro 

 

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Vincent Van Gogh 

 

      La luna e la scienza moderna IPOTESI SULL'ORIGINE DELLA LUNA La Luna costituisce un enigma per gli astronomi: la sua massa pari a 1/81 di quella terrestre, è molto grande per un satellite e la colloca in una posizione unica nel sistema solare. Solo Giove Saturno e Nettuno possiedono satelliti di massa paragonabile, ma hanno, rispettivamente, una massa di 318, 95 e 17 volte superiore a quella della Terra. La sua formazione pone dunque un problema particolare. Esistono quattro differenti ipotesi sull'origine della Luna.
 

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  La prima è quella della fissione. La Terra, all'inizio della sua storia, ruotava con un periodo di 2,6 ore. Quando il ferro si concentrò dal mantello nel nucleo, il momento d'inerzia della Terra diminuì e aumentò la sua rotazione. Il suo corpo divenne instabile e la sua forma passò da quella di uno sferoide schiacciato a quello di una pera. Ala fine il collo della pera si ruppe e si formò la Luna. Ma tale ipotesi è oggi praticamente abbandonata perché non si riesce a spiegare una simile velocità di rotazione, la differente composizione dei due mondi e perché l'orbita della Luna non sia posta sul piano equatoriale terrestre e sia invece inclinata di cinque gradi rispetto ad esso.
 

     

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  La seconda è quella della cattura. La Luna era un oggetto che andava liberamente alla deriva nello spazio. Quando incontrò il campo gravitazionale terrestre fu imprigionata da questo e costretta a ruotare su un orbita chiusa. L'energia in più che essa aveva si sarebbe dissipata nell'attrito di marea e nella collisione con i detriti che in quell'epoca orbitavano attorno alla Terra.

     

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  la terza si basa sulla teoria secondo la quale la luna si sia formata dall'aggregazione di detriti presenti intorno ad un'orbita terrestre, composti da materiale diverso, il che spiega il fatto che la Luna orbiti vicino al piano dell'eclittica. Ma il problema posto da tutte e tre le teorie è la probabilità assai bassa che simili eventi possano verificarsi.
     

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  L'ultima, che è anche quella formulata più recentemente e che, come ha affermato un astronomo, <<non richiede nessuna magia, nessun sostegno particolare, nessun ulteriore manipolazione e nessun deux ex machina>>, e per questo forse la più verosimile necessitando solo di un minimo di ipotesi, è la teoria detta "dell'impatto gigante". In pratica dovrebbe essere successo questo: 4,5 miliardi di anni fa la proto-Terra venne in collisione con un oggetto celeste delle dimensioni di Marte. L'urto, avvenuto di striscio, fece vaporizzare e frantumare la superficie del planetoide e quella della Terra, che si stava solidificando per formare una crosta terrestre. Da entrambi i corpi schizzò via del materiale superficiale che si mise ad orbitare attorno alla Terra, formando un disco che si aggregò in piccoli satelliti che poi diedero vita alla Luna che conosciamo. Questa ipotesi spiegherebbe il perché della differenza chimica tra la Terra e la Luna, la scarsità di ferro e di elementi volatili sul satellite. La critica più grande a questa soluzione viene dal pensare ad un impatto tra la Terra ed un oggetto delle dimensioni di Marte, ma l'insolito sistema Terra-Luna esige qualche spiegazione strana e comunque si hanno prove di impatti del genere nel sistema solare.
    LA LUNA E L'ORIGINE DELLA VITA

A noi tutti è familiare il ritmo delle stagioni, la cui successione è dovuta al fatto che l'equatore forma un angolo rispetto al piano dell'orbita terrestre intorno al Sole. Questa inclinazione di 23° 27' è anche causa dell'esistenza di regioni, all'interno dei circoli polari artico e antartico, nelle quali i giorni e le notti durano all'incirca sei mesi. La distribuzione della quantità di calore solare che giunge al suolo dipende dall'inclinazione dell'asse terrestre, che è dunque un elemento fondamentale per la comprensione del clima. Nel 120 a.C. Ipparco scoprì che l'asse di rotazione della Terra non è fissa, ma in realtà descrive un cono nello spazio, con periodo di circa 26000 anni. Questo moto, chiamato precessione degli equinozi, è dovuto al rigonfiamento equatoriale terrestre e alla forza gravitazionale esercitata dalla Luna e dal Sole. Una delle conseguenze di questo fenomeno è che l'asse di rotazione della Terra non punta sempre verso la stella polare, ma descrive un ampio cerchio sulla volta celeste. Tale moto di precessione influenza il clima della Terra. In effetti l'orbita terrestre non è circolare, ma approssimativamente ellittica, come dimostrò Keplero nel 1609, e il Sole occupa uno dei fuochi dell'ellisse. L'eccentricità dell'ellisse è piccola ma sufficiente a far variare la quantità di calore che arriva al suolo fra il perielio, cioè il punto dell'orbita in cui la Terra è più vicina al Sole, e l'afelio, dove la distanza è massima. La precessione degli equinozi modifica dunque l'andamento dell'insolazione in un dato luogo della Terra nel corso dell'anno. In realtà mutamenti climatici molto più rilevanti sembrane essere prodotti da variazioni di eccentricità dell'orbita e dell'inclinazione dell'asse terrestre.

Secondo Keplero, la Terra descriveva un ellisse immutabile. Newton rivoluzionò questa interpretazione dimostrando che le masse degli altri pianeti perturbano l'orbita terrestre, che è dunque ellittica in prima approssimazione: né la sua eccentricità né l'inclinazione dell'asse sono fisse. Le Verrier calcolò per primo le variazioni a lunghissimo termine, chiamate variazioni secolari, dell'eccentricità dell'orbita terrestre, rifacendosi a lavori compiuti da Laplace poco prima della rivoluzione francese. In seguito, grazie a Le Verrier, l'astronomo croato Milankovic ipotizzò nel 1941 che le grandi glaciazioni avvenute nel Quaternario fossero il risultato di variazioni di insolazione alle alte latitudini indotte dalle variazioni secolari dell'orbita e dell'orientamento della Terra. Oggi si è calcolato che il cambiamento dell'inclinazione dell'asse terrestre dovuto all'influenza delle perturbazioni degli altri pianeti, nell'arco di un milione di anni, è di soli + 1,3 gradi rispetto al valore medio di 23,3 gradi. Non si tratta peraltro di una quantità trascurabile, in quanto provoca variazioni di quasi il 20% dell'insolazione estiva a 65 gradi di latitudine nord. La quantità di calore in più ricevuta durante l'estate dalle zone di alta latitudine è un dato importante per lo studio dei climi, dato che è proprio questo calore a causare la fusione dei ghiacci accumulati durante l'inverno e ad impedire l'aumento oltre un certo limite della superficie occupata dalle calotte polari. Ma cosa centra la Luna in tutto questo discorso? La risposta è fondamentale, non solo per gli aspetti fisici che induce, ma anche per tutte le implicazioni che da questi derivano.

L'attrazione gravitazionale esercitata sul rigonfiamento terrestre, infatti, è dovuta per due terzi alla Luna e per un terzo al Sole. Ciò fa intuire quale importanza ha la Luna sulla dinamica della Terra. Partendo da questi presupposti Jacques Laskar, nel 1989, studiò i mutamenti di orientamento della Terra dovuti alle sue variazioni orbitali simulando un modello nel quale la Luna veniva soppressa. In tale modello si era osservato il comportamento dell'asse terrestre in un periodo di un milione di anni. Il risultato fu che le variazioni nella inclinazione dell'asse terrestre risultavano dell'ordine di +15 gradi il che provocava mutamenti di insolazione a latitudini di 65° nord notevoli. Se in passato, secondo la teoria di Milankovic, le glaciazioni avvennero per un aumento di insolazione alle alte latitudini generato da inclinazioni dell'asse decisamente minori rispetto a quelle trovate da Laskar nel suo modello, è molto probabile che mutamenti di queste entità potrebbero creare cambiamenti di temperatura ancora più estremi.
La Luna esercita sulla Terra una forza di attrazione di cui posiamo vedere quotidianamente gli effetti nel fenomeno delle maree. Poiché il periodo di rotazione della Terra (un giorno) è più piccolo di quello di rivoluzione della Luna attorno alla Terra (28 giorni), le maree si spostano sulla superficie terrestre provocando dissipazione di energia. Ciò che ne risulta è un rallentamento della rotazione terrestre, con la conseguenza che la durata del giorno aumenta di 0,002 secondi per secolo e la Luna si allontana di 3,5 cm l'anno. In assenza della Luna il giorno durerebbe 15 ore a causa della maggiore rotazione della Terra e in questa condizioni l'inclinazione dell'asse terrestre avrebbe un andamento caotico andando da 0° a quasi 90° anche se in intervalli di tempo superiore ai 18 milioni di anni. A queste conclusioni si arriva anche partendo dall'ipotesi che la durata del giorno, sempre in assenza di Luna, vari tra le 12 e le 48 ore. Senza il nostro satellite, la Terra mostrerebbe variazioni di orientamento tali che il clima sulla sua superficie sarebbe radicalmente modificato. Con una inclinazione di quasi 90 gradi, il nostro pianeta sarebbe coricato sull'orbita come Urano, il che vuol dire che l'intero pianeta sarebbe soggetto a notti e giorni della durata di sei mesi, inoltre il Sole all'altezza dei poli sarebbe per lungo tempo vicino allo zenit e con ogni probabilità simili condizioni di insolazione darebbero origine a modificazioni rilevanti dell'atmosfera terrestre. La scarsa entità delle variazioni di inclinazione dell'asse terrestre è determinante per assicurare la relativa regolarità climatica di cui la Terra beneficia da milioni di anni e che ha permesso l'evoluzione della vita organizzata come noi la conosciamo. Tutti i calcoli, le simulazioni e le conclusioni riportate dimostrano come questa regolarità climatica dipenda dalle conseguenze che la presenza della Luna genera sul nostro pianeta.

Le conoscenze che abbiamo oggi ci hanno portato a formulare questa ipotesi, forse in futuro conoscenze migliori sulla dinamica del sistema Terra-Luna e delle conseguenze da esso prodotto sul nostro pianeta porteranno a conclusioni più precise e forse diverse. Ciò che è innegabile è come la vita sulla Terra e soprattutto la sua evoluzione, che ha portato allo sviluppo della specie umana, sia stata permessa dal nostro satellite. Questa affermazione ha conseguenze enormi.

Il 12 ottobre 1992 la NASA ha dato via al progetto SETI, cioè la ricerca di vita intelligente nel cosmo. Tale ricerca si basa sull' "ascoltare" per 20 ore ciascuna, per i successivi dieci anni, 800 stelle di tipo solare poste a meno di 80 anni luce dalla Terra. Ma tale ricerca si fonda su un assunto fondamentale: la situazione della Terra intorno al Sole non deve essere un fatto straordinario, ma anzi deve essersi ripetuto più volte, in molteplici forme, all'interno della nostra galassia ed è quindi probabile che in un dato sistema planetario esista un pianeta posto nella cosiddetta zona di abitabilità dove si potrebbero ricreare le condizioni per lo sviluppo di vita organizzata come noi la conosciamo. I calcoli di Jacques Laskar, però, dimostrano che le cose non stanno affatto in questo modo e che l'evoluzione della vita sulla Terra è strettamente legato ad un evento altamente improbabile nei modelli di formazione di un sistema solare: il fatto che uno dei pianeti situato nella zona di abitabilità riesca a stabilizzare in maniera sufficiente le variazioni di insolazione a lungo termine grazie ad un satellite di grande massa come la Luna. Ovviamente potranno verificarsi altre situazioni particolari tali da garantire la stabilità climatica del pianeta in questione, ma è importante far notare che questa situazione è tutt'altro che comune. Tale improbabilità ci spinge a fare questa riflessione: è possibile che, almeno nella nostra galassia, esista solo un pianeta abitato cioè la Terra, e che tutti gli sforzi fatti per trovare altri esseri intelligenti sia inutile. Oggi l'uomo si ritrova nelle condizioni dei grandi esploratori del passato che scoprendo nuove terre, spesso inabitate, vi portavano vita e civiltà. La nuova frontiera è il cosmo o per dirla come una nota serie di telefilm "spazio ultima frontiera". Una di queste "nuove terre", di fatto è già stata esplorata, il passo successivo è semplicemente quello di portarci la vita in pianta stabile. E' giunto ormai il momento di avvalersi dell'imponente potenziale scientifico che il ritorno sul nostro satellite a titolo permanente potrebbe fornirci. "Per millenni gli esseri umani hanno guardato alla Luna sognando di raggiungerla; presto potremmo ritrovarci a scrutare il cielo dalla Luna stessa per affrontare lo studio dell'universo con modalità del tutto nuove."

    LA LUNA COME OSSERVATORIO ASTRONOMICO

La luna potrebbe essere il luogo più adatto per studiare l'universo che ci circonda, questo grazie alle sue caratteristiche: poca atmosfera, assenza di fenomeni sismici dell'ordine di grandezza di quelli terrestri, scarsità di interferenze da parte delle onde luminose e radio (soprattutto sulla faccia nascosta del satellite), abbondanza di materie prime. Essa rappresenta anche una piattaforma naturale enorme sulla quale è possibile costruire strutture di notevoli dimensioni. Così telescopi a grande apertura e grandissime schiere di telescopi più piccoli collegati da sistemi elettronici (interferometri), migliorerebbero notevolmente la qualità delle osservazioni astronomiche. La costruzione di strutture nell'ambiente a gravità ridotta della Luna è più semplice di quanto avviene nell'ambiente a gravità nulla dell'orbita terrestre, come hanno dimostrato le missioni Apollo e quelle delle navette spaziali. L'assenza di gravità permetterebbe la costruzione di apparecchiature più grandi di quelle realizzabili sul Pianeta. I rivelatori astronomici hanno bisogno di temperature molto basse per essere raffreddati e nascondere così il rumore delle parti elettroniche. Sulla Luna, in corrispondenza dei poli esistono temperature molto simili capaci di produrre un raffreddamento passivo degli strumenti. La Luna è una fonte di materie prime, le quali potrebbero essere lavorate per ricavare alluminio, materiali ceramici e vetri super resistenti con una resistenza a trazione pari a quella dell'acciaio e con un basso coefficiente di dilatazione termico, questo grazie all'ambiente estremamente secco della sua superficie. Vetri di questo tipo potrebbero essere utilizzati sia per la costruzioni delle lenti, sia per la costruzione delle strutture stesse dei telescopi. Un motivo particolarmente valido per costruire un osservatorio lunare è la possibilità di poter studiare onde radio di bassa frequenza rilevabili solamente sulla parte nascosta del satellite.

Nel febbraio 1989 un gruppo di studiosi ha progettato un interferometro, LOUISA, da realizzarsi sulla Luna la cui risoluzione sarebbe in grado di individuare pianeti di tipo terrestre intorno ad altre stelle e forse riuscire anche a determinarne la composizione atmosferica. Permetterebbe di: avere immagini degli oggetti del nostro sistema solare dalla ricchezza di particolari mai ottenuta, osservare direttamente le caratteristiche superficiali delle stelle utili a dedurre la struttura interna e la loro evoluzione, analizzare la dinamica dei nuclei galattici, osservare i dischi di accrescimento formati dalla materia che cade all'interno dei buchi neri e sulla superficie delle stelle a neutroni, misurare il moto proprio dei quasar e rivelare eventuali anisotropie dell'espansione dell'universo.
La costruzione di un osservatorio sulla Luna potrebbe contribuire all'espansione dell'astronomia nel campo delle onde gravitazionali e dei neutrini.
  DIFFICOLTÀ

• La Terra possiede un campo magnetico che fa da scudo per le particelle cariche dei raggi cosmici e del vento solare. La Luna no. Ciò impone particolari accorgimenti per proteggere un operatore umano e i delicati strumenti elettronici dall'esposizione a radiazioni.

• L'atmosfera del nostro pianeta rappresenta una barriera per le meteoriti che si disintegrano dando luogo al fenomeno delle stelle cadenti. La Luna è praticamente priva di atmosfera. Le missioni Apollo hanno dimostrato che in poco tempo le superfici esposte sul satellite si ritroverebbero letteralmente bucherellate con crateri di un diametro compreso tra uno e dieci micrometri provocati da particelle che viaggiano ad una velocità di alcune decine di chilometri al secondo. Si tratta quindi di proteggere le superfici delicate con cupole e tubi.

• Sulla Luna durante il giorno lunare si raggiungono rapidamente temperature di 385 kelvin, durante la notte i 100. Un attenta scelta dei materiali compositi (come materiali a base di grafite-resine epossidiche), capaci di resistere all'espansione ed alla contrazione potrebbe rendere meno grave il problema degli sbalzi di temperatura   Dalla Terra alla Luna

Davvero ci sono voluti trent'anni dal primo sbarco umano sulla Luna, per rendersi conto del significato delle attività spaziali?
Viene spontaneo chiedersi perché mai la volontà di raggiungere nuovi traguardi verso la "quarta dimensione", prenda tanto vigore solo oggi. La notte del 20 luglio 1969 milioni e milioni di persone rimasero incollate davanti agli schermi televisivi per assistere in diretta alle varie sequenze dell'avvenimento. Eppure solo dieci anni dopo, non erano poi tanti coloro che rammentavano con entusiasmo quell'evento.
 

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  Primo giorno dell’era lunare: 20 luglio 1969. Il satellite della Terra non è più di nessuno: ora appartiene all’uomo. Lo dimostrano le impronte dei "moon boots" degli astronauti sulla superficie; la bandiera degli Stati Uniti sancisce la presa di possesso di tutta l’umanità. E’ stata realizzata una missione che è andata ben oltre al di là del sogno di Icaro. Poiché in assenza di atmosfera non vi è vento, per consentire che la bandiera si spiegasse fu necessario ricorrere ad una seconda asticella per sorreggere il lembo superiore.
"Siamo andati sulla Luna come gli esploratori polari andavano sui ghiacci, con slitte trainate da cani. Quando vi torneremo, sarà per installarvi delle strutture permanenti per colonie umane".
Lo scienziato tedesco Werner von Braun, che con i suoi studi contribuì in maniera decisiva allo sviluppo e alla realizzazione  dei voli spaziali, certo pensava all'insediamento di colonie umane in tempi abbastanza ravvicinati, seguendo la discesa di Armstrong sul suolo lunare.
  Ritorno al futuro

"Per i prossimi diciotto anni - scriveva a metà degli anni '70 l'allora amministratore della NASA James Fletcher - abbiamo previsto programmi spaziali e possibilità realizzabili su scala nazionale, validi anche per stimolare la cooperazione internazionale nello spazio. Saranno in scala crescente, e i risultati che stimiamo raggiungere arricchiranno la vita umana, faranno avanzare la nostra tecnologia, sosterranno la nostra sicurezza. Sono tutti risultati del quali il popolo americano dovrà essere fiero. Ma prima di tutto dobbiamo porci una domanda: vorrà l'uomo tornare sulla Luna?". Con questo interrogativo già allora Fletcher si poneva il quesito dei costi, perché "le basi lunari, anche se realizzabili negli anni '90, non possono essere che il risultato della cooperazione fra Stati Uniti, Unione Sovietica e forse anche Europa. Il loro costo è troppo gravoso per una sola nazione".

Il ritorno al futuro, per andare oltre la Luna, riaffiora nelle parole di von Braun: "il nostro obiettivo ultimo non era andare sulla  Luna e tornare indietro, ma andare oltre". L'esplorazione sarà a tappe: primo, installare in orbita geostazionaria intorno alla Terra la grande stazione spaziale Freedom, laboratorio scientifico-industriale e base di lancio per successive missioni sulla Luna; secondo, ritorno sulla Luna con basi permanenti; terzo, il viaggio su Marte.   Vantaggi acquisiti

La spinta ai vantaggi acquisiti è nata per consentire ad Armstrong di compiere "un piccolo passo per un uomo" e si è rinsaldata con le tecnologie via via messe a punto, sfruttate nella vita quotidiana. Bastino alcuni esempi. Dal veicolo lunare LRV, mezzo di trasporto degli astronauti sulla Luna, deriva il complesso dispositivo di accelerazione, freno e sterzo delle vetture che rendono indipendenti i disabili. Lenti speciali da sole, resistenti e infrangibili, derivano dai rivestimenti impiegati per proteggere le superfici plastiche degli equipaggiamenti spaziali, come ad esempio le visiere dei caschi. Tutta una serie di utensili elettrici senza fili, come trapani e raccoglitori di polvere lunare, ha permesso la realizzazione di diversi elettrodomestici. La tecnologia messa a punto per registrare da terra le reazioni fisiologiche degli astronauti ha consentito il monitoraggio a distanza di pazienti affetti da disturbi cardiovascolari. L'apparecchio realizzato per consentire agli astronauti di comandare a distanza, con il semplice sguardo, leve e comandi non raggiungibili è lo stesso utilizzato sulla Terra da handicappati o mutilati. Vi è poi, derivato dalla bionica spaziale, il bastone a laser che assicura il cammino dei non vedenti, o ancora quel "moon walker", macchina usata per l'esplorazione lunare, che consente la capacità di locomozione a chi ne è privo. Dal sistema messo a punto per cucinare i cibi degli astronauti senza interferenze con l'esterno, al rientro sulla Terra durante la quarantena, nasce il forno a micro-onde. Che dire poi dei "moon boots" usati dagli atleti, ideati con materiali che proteggono dagli urti e riducono la fatica fisica? O ancora dello speciale tessuto messo a punto per le tute spaziali - sottile, leggero, resistente al fuoco e alle intemperie - impiegato addirittura per rivestimenti speciali nell'edilizia? Ponti, oleodotti, strutture costiere e marine fruiscono di rivestimenti inorganici studiati per proteggere da ogni tipo di corrosione; il sistema di controllo per il risparmio energetico dei missili e stato impiegato per ridurre i consumi nei motori elettrici. E infine, ma la lista degli esempi sarebbe lunghissima, le batterie nucleari, impiegate per generare elettricità e alimentare cosi le stazioni automatiche di rilevamento installate sulla Luna, sono alla base delle micropile di lunga durata per stimolatori cardiaci.
Medicina e tecniche biomediche, trasporti, energia e ambiente, protezione civile, prodotti di consurno, sono tutti settori che hanno tratto, e vanno traendo con ulteriori affinamenti, vantaggio dalla tecnologia spaziale, il più delle volte arrivando a impieghi prima impensabili. Ma davvero il costo delle spedizioni sulla Luna, prime imprese a instaurare l'interfaccia costruttiva uomo-macchina nello spazio, è valso la candela per le ricadute applicative, tecnologiche e scientifiche?
  II costo sociale Se gli Stati Uniti lanciassero un programma Apollo oggigiorno, il costo sarebbe, secondo le stime degli esperti, di circa 250 miliardi di dollari: una spesa impossibile da sostenere per un unico paese. Nel decennio 1962-1972, il programma ha richiesto investimenti per circa 26 miliardi di dollari: c'e tuttora chi sostiene che fu una spesa enorme a fronte di una vocazione di prestigio, soprattutto rispetto a tante esigenze nel campo della salute, della scuola o del benessere sociale. C'e anche da domandarsi se voli non abitati, una serie di sonde ad esempio, avrebbero dato gli stessi risultati, con minori rischi e minore spesa, eliminando almeno quella relativa all'addestramento degli astronauti. Ma la capacità e la razionalità dell'uomo sono comunque superiori ai computers più potenti e, a fronte dell'evento non prevedibile o improvviso, l'uomo è ancora superiore alla macchina, nonostante questa gli sia necessaria in diverse imprese. E’ del resto la tecnologia spaziale ad aver permesso alla scienza di fare passi in avanti, sia nel campo che le compete, sia in altri settori, dalla chimica alla fisica, alla biologia.
 

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    Un osservatorio orbitante sulla Luna.   Conoscere la Luna

Potremrno disporre oggi di tante informazioni sulla Luna, e quindi pensare a una base spaziale su questo pianeta, se URSS e USA si fossero limitati a esplorazioni meccaniche con sonde e satelliti? Dalle prime osservazioni di Galileo sulla superficie lunare, all'inizio del 1600, ci sono voluti secoli per arrivare all'individuazione delle tre strutture principali della Luna: i mari, gli altipiani, i crateri.

Addentrarsi nella comprensione, o ricostruzione, della storia della Terra vuol dire anche, per l'umanità, analizzare quei campioni di rocce lunari raccolti dagli astronauti, sia con il veicolo lunare, sia durante i vari allunaggi. Una lezione di gestione che forse indica la strada per la stazione spaziale e oltre. Con tutte le ricadute incentivanti per indagini approfondite nei vari settori del sapere.

Ci saranno forse speranze disattese, ma una grande conquista è stata fatta per l'umanità: esplorare lo spazio significa vivificare valori umani, perchè, come disse Eraclito, "ben molte cose sperimentare devono gli amici del sapere".

E’ grazie alle attività spaziali che molti progressi si sono compiuti in campo scientifico. Se le missioni urnane sulla Luna non hanno, forse, direttamente rappresentato scoperte rivoluzionarie lungo il cammino evolutivo della scienza, esse hanno certo consolidato tendenze e capacità realizzative per raggiungere nuovi traguardi. Astronomia e astrofisica, geodesia, sperimentazione in condizioni di microgravità, biomedicina e farmacologia, robotica, informatica, telecomunicazioni, televisione diretta e ad alta definizione, energia, trasporto spaziale, sono settori che vanno progredendo, nei quali l'indagine approfondita sfrutta ogni capacità teenologica ideata e realizzata per sviluppare le attività spaziali.

Quello che conta è che gli scienziati raccolgano via via una quantità sempre maggiore di dati, che l'astronomia mondiale abbia inventato una nuova metodologia, basata sulla sintesi delle osservazioni in tutte le parti dello spettro elettromagnetico, dando vita a un approccio fisico dei problemi, contro descrizioni fenomenologiche e un certo ernpirismo del passato.
Lo spazio-laboratorio a beneficio delle attività terrestri, ha messo in moto migliaia di premesse tecnologiche applicate nelle attività terrestri. Se le scienze dell'Universo, attraverso lo spazio, puntano su frontiere quasi fantascientifiche del sapere, le tecnologie messe a punto per i sistemi spaziali - dai satelliti meteorologici a quelli di telecomunicazioni e geodetici - hanno avuto enormi ricadute in aeronautica, dalla maggior sicurezza degli aerei civili a prestazioni più efficienti con costi ridotti, o ancora alla riduzione dell'impatto ambientale. Va rilevato, inoltre, che la domanda continua ed enorme di innovazione per realizzare i programmi spaziali non ha lasciato in disparte alcuna disciplina scientifica o possibilità tecnologica. Pensiamo, ad esempio, alla crescente domanda di sistemi microelettronici di dimensioni sempre più miniaturizzate: indispensabili nei satelliti e nei veicoli spaziali, questi sistemi sono all'ordine del giorno nella vita quotidiana, dai computer domestici ai video-giochi, o ancora ai sistemi medici computerizzati. Sono i prodotti delle straordinarie equipes di ingegneri, tecnici, ricercatori che lavorano gomito a gomito, di estrazione universitaria e industriale. Sapere e tecnologia non possono marciare su binari divergenti. Dalle attivita spaziali derivano ricadute immediate sul piano pratico. Ci sono i satelliti che con i loro dati sui cambiamenti della superficie terrestre aiutano a migliorare i raccolti agricoli, pianificare il territono, valutare lo stato di inquinamento delle acque; quelli attrezzati con una piattaforma di monitoraggio orbitale compatibile con stazioni a terra in tutto il mondo, per raccogliere segnali di emergenza da aerei o navi; quelli che hanno potenziato i sistemi di telecomunicazioni; e infine nuovi sistemi di piattaforme collettive nello spazio per superare il problema già esistente della congestione del traffico orbitale. Anche la pesca con le reti, sembra strano, ha mezzi più idonei da quando, per la NASA, è stata messa a punto una rete per proteggere gli astronauti da eventuali cadute. Occorreva una fibra sottile, con resistenza doppia rispetto a quelle esistenti sul mercato, per far fronte alle alte temperature e al deterioramento causato dai raggi ultravioletti. L'industria ha trovato un materiale simile ai poliestere e la tecnologia per realizzarlo si è trasferita sulle reti innovative per la pesca, con un diarnetro del 30 per cento più sottile di quello delle normali reti di nylon, il che implica minore resistenza idrodinamica e quindi maggiore flessibilità di movimento in profondità marine.
 

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   Nuovi materiali

Che dire poi dei nuovi materiali, anch'essi nati per l'industria aerospaziale, ora intravisti come prevedibile metodologia di processo nelle condizioni ideali di un laboratorio spaziale, quelle della microgravità? E’ per le esigenze dell'industria aeronautica, militare e civile prima, e dei sistemi di trasporto spaziale poi, che i materiali si sono via via sviluppati e all'acciaio si sono sostituiti alluminio e titanio, a bassa densità ed elevata resistenza anche alle alte temperature, ma tuttavia non legati a caratteristiche di rigidezza necessarie per le strutture aerospaziali. Utilizzati in primo luogo dall'industria aerospaziale, passeranno poi agli impieghi sempre più allargati nell'industria dell'auto, nella produzione di materiali sportivi (mazze da golf, canne da pesca, telai di biciclette e così via) e persino nella robotica: sono i compositi avanzati, la cui resistenza può esercitarsi in un paio di direzioni prestabilite, a differenza dei metalli a resistenza isotropica, vale a dire rivolta in tutte le direzioni. Queste fibre di carbonio, kevlar, carburo di silicio o di boro - incapsulate in una matrice di resina termo-plastica atta a trasferire il carico da una fibra all'altra secondo uno specifico disegno incorporato nel materiale stesso - hanno il vantaggio di essere refrattarie alle vibrazioni e al calore, non si deformano in condizioni di temperature elevatissime, non sono intaccate dalla ruggine.

Fra le nuove fibre super-rinforzanti il kevlar ha avuto la sua spinta nel settore con una resistenza alla trazione 5 volte superiore a quella dell'acciaio e grande resistenza al calore, caratteristiche che rimangono inalterate anche se esposto a corrosione, carburanti, acqua salata, e per di più di facile lavorazione. Queste strutture, grazie all'impiego del kevlar, hanno potuto ridurre il loro peso di qualche centinaio di chilogrammi: il che non è da poco, se solo si pensa che in un lancio ogni chilo in meno corrisponde a un risparmio di qualcosa come alcune decine di migliaia di dollari.

Che dire poi della tecnologia per provvedere all’isolamento termico dei sisterni immessi nello spazio, proprio per il continuo passaggio dal sole all'ornbra al quale deve sottostare un veicolo spaziale che in orbita bassa compie il giro del globo in 90 minuti, con una esposizione a radiazioni solari e luce riflessa dalla Terra, sia nel visibile sia nell'infrarosso, che riscaldano la sua superficie fino a 150 °C, mentre la parte in ombra resta a 150 °C sotto zero? Nei sistemi di controllo termico - sia attivi, cioè impianti di condizionamento, sia passivi, cioè pigmenti che disperdono il calore, tessuti isolanti rivestiti da sottili strati d'oro o di alluminio e separati da altri materiali forgiati come reticelle a bassa conduzione - occorre proteggere dagli sbalzi di temperatura le apparecchiature elettroniche e l'uomo, quando il veicolo è abitato, nonchè eliminare la quantità di calore prodotta dagli impianti collocati a bordo. Nel laboratorio orbitale Columbus, il controllo termico attivo e passivo, prevede due circuiti. II primo, all'interno, alimentato ad acqua, che attraverso scambiatori cede gli eccessi di calore dalla zona abitata all'esterno; il secondo, all'esterno, alimentato a freon, sostanza che può ghiacciare a 90 °C sotto zero, di grande vantaggio per il condizionamento degli impianti esterni al modulo pressurizzato del veicolo spaziale. Quanto alla protezione da altissime temperature, che arrivano fino a + 1.400 °C al momento del rientro dall'atmosfera, per lo scudo termico di Hermes, la navicella spaziale europea, si pensa a un sistema diverso da quello adottato sullo Shuttle: si sostituisce alle mattonelle di silice puro un rivestimento di piastrelle in ceramica con uno strato isolante collocato fra le piastrelle e la struttura portante del veicolo spaziale.

Un primo passo nella rivoluzione industriale, che può trarre origine dallo spazio, lo si è fatto nel 1982, con l’esperimento di elettroforesi sullo Shuttle Columbia, in condizioni di microgravità. E’ noto che tale processo in uso per la separazione di elementi componenti una sostanza attraverso la stimolazione elettrica al fine di analizzarli singolarmente, come ad esempio nel caso degli esami del sangue, sulla Terra è contrastato dalla forza di gravità. Per questo si ricorre ad esso solo per analisi mediche e non per la produzione di farmaci. Se in questo campo la farmacologia spaziale ha ancora molta strada da percorrere, soprattutto sotto il profilo della fattibilità su scala economico-industriale, esperienze imbarcate sullo Spacelab, nel 1983, hanno gia provato che certe proteine, come ad esempio la betaga-lattosidasi, il cui ruolo è essenziale nella genetica moderna, possono essere ottenute in monocristalli di grandi dimensioni, esenti da impurità. Risultato quasi impossibile sulla Terra dove - per disporre di proteine in forma cristallina al fine di poterne determinare le strutture chimiche - i fenomeni indotti dalla forza di gravità impediscono di ottenere monocristalli dalla maggior parte dei complessi proteici quali anticorpi, ormoni, sistemi recettori, substrati enzimatici e virus.

Riusciranno i risultati sperimentali già ottenuti a trovare nuovi sbocchi, nel ritorno alla Luna e oltre? D'altra parte, la microgravità promette importanti realizzazioni, teoriche e applicative. L’assenza di gravità ha permesso ad esempio,a delle sfere minuscole fabbricate nello spazio a partire dal polistirene, di avere un diametro di 10 micron (milionesimo di metro) mentre, per contro, in un laboratorio terrestre a malapena si oltrepassano i due micron. Si tratta di un prodotto impiegato per calibrare dei filtri, o ancora per misurare i pori in un occhio colpito da glaucoma. Le enormi potenzialità che la quasi completa assenza di peso mette a disposizione, non possono essere esaurientemente identificate, correttamente definite e ottimamente utilizzate senza una capillare ed estesa sperimentazione. E solo quando l'osservazione delle diverse scienze dei materiali, dei fluidi, della vita micro gravitazionale sarà capita completamente, si potrà guardare alla redditività e ai ritorni delle applicazioni.
La precisione imposta nella fabbricazione di ogni oggetto lanciato nello spazio ricade sulla vita di ogni giorno. Sono gli orologi e le piccole calcolatrici elettroniche; è il teflon, plastica messa a punto su richiesta dei costruttori di razzi vettori, che riveste gli sci o le padelle per cucinare cibi senza grassi. La tecnologia di fabbricazione per i serbatori dei razzi ha portato a perfezionare contenitori ermetici e voluminosi per stoccaggio di liquidi e sostanze a rischio; l'utilizzo su vasta scala dell'ossigeno liquido quale componente del combustibile per i lanci spaziali ha dato notevole spinta alle tecniche criogeniche; i principi base per gli atterraggi morbidi delle navicelle al rientro dallo spazio hanno sviluppato il trasporto aereo di oggetti particolarmente pesanti. Gli stessi oblò delle navicelle, fabbricati in vetro particolarmente solido, infrangibile e che non perde la sua trasparenza anche se soggetto ad altissime temperature - quello messo a punto per le sonde interplanetarie, i cui moduli di discesa affrontano temperature e pressioni elevatissime - hanno portato a un prodotto usato oggi a Terra in speciali forni.
  Un altro balzo da gigante

Trent'anni di benefici originati dalle attività spaziali hanno migliorato la vita dell'uomo sulla Terra, agevolato il suo benessere, risollevato forse le misere condizioni di taluni paesi in via di sviluppo, facilitato lo scambio di informazioni, conoscenze, comunicazioni, con mezzi sempre più potenti che ci portano, in tempo reale, da un capo all'altro del globo. Ma il pianeta Terra, insegnano le attività spaziali, è soggetto a cambiamenti molto più di quanto si possa pensare. La faccia del mondo nel quale viviamo evolve in modo lento ma inesorabile, con movimenti non recepibili sulla scala di una vita breve quale è quella dell'uomo.

Trent'anni dalla discesa del primo uomo sulla Luna sembrano essere soprattutto l'occasione per riconoscere qual’ è la vera scienza che ci viene dallo spazio: la scienza della Terra.

"L'esplorazione dello spazio ha generate una rivoluzione nella comprensione della Terra." Scienziati spaziali hanno incominciato a preoccuparsi di atmosfera, oceani, vegetazione terrestre, con scoperte che via via hanno rivelato i guasti prodotti da attività umane.

Ancor più che trent'anni fa, l'uomo oggi può contare su tecnologie e conoscenze scientifiche tuttora da approfondire per salvare la Terra. Proteggere l'ambiente del nostro pianeta può anche voler dire perseguire progetti di colonizzazione e commercializzazione dello spazio. Purchè non si perda di vista la dimensione umana. Le giovani generazioni, possono immaginare l'origine della Luna, in uno scenario inquadrato anche dai calcolatori che ne fanno risalire l'origine a quattro miliardi e mezzo di anni fa. Possono anche rivivere emozioni che si erano affievolite. Proiettati verso nuove frontiere da conquistare, l'insegnamento vero non è solo la celebre frase "un piccolo passo per un uomo, un balzo da gigante per il genere umano", ma la presa di coscienza che "c'e una sola Terra, cosi sottile, cosi fragile".   Verso l'Uomo Cosmico?

Le missioni nel cosrno con esseri umani a bordo delle navicelle spaziali, e ancora di più quelle che hanno portato allo sbarco di uomini sul pianeta Luna, hanno innescato ovviamente, oltre ai problemi tecnologici di lancio e permanenza delle strutture nello spazio, quelli riguardanti il nuovo ambiente nel quale l'uomo deve vivere: c'e il problema dell'alimentazione nello spazio, quello dell'adattamento spaziale, o mal di spazio, collegato anche a non pochi fattori psicologici e psichici. Tutti temi dell'area della medicina spaziale, disciplina che naturalmente si è sviluppata soprattutto negli ultimi decenni. Tali ricerche - riguardanti soprattutto indagini sugli effetti causati dalla condizione di microgravità rispetto alle capacità di locomozione, equilibrio, orientamento dell'uomo -hanno portato a simulare a Terra quanto può avvenire nello spazio. Basti pensare alla deambulazione o alla corsa dell'uomo. Dai teleschermi che riprendevano le immagini di Armstrong e Aldrin, il mondo li vide procedere a balzi, simili a canguri o cavallette: uno spontaneo ricorso a un terzo meccanismo, dicono gli scienziati, in quanto la gravità della Luna, pari a un sesto di quella sulla Terra, muta l'incedere dell'uomo. Ci sono gli effetti della microgravità in campo cardiovascolare, in quanto in condizioni di zero-g il sangue e i liquidi tissutali degli arti inferiori e dell'addome si trovano in parte dislocati verso il torace e il capo: una ridistribuzione che interferisce direttamente con l'attività cardiaca. C'e il mal di spazio, simile ai mal di mare con fenomeni di sudorazione fredda, vomito, nausea; esso chiama in causa anche fattori psichici e comunque - secondo i ricercatori - e provocato da stimoli che partono soprattutto dall'apparato vestibolare, dai visceri addominali, dagli occhi, dal sistema olfattivo e da quello neuro-psichico. Vivere in condizioni di microgravità ha condotto anche a valutare l'influenza della resistenza organica dei sistemi immunitari umani. Studi condotti a bordo del laboratorio spaziale Skylab-I, nel 1983, hanno ad esempio dimostrato che in condizioni di microgravità i linfociti, le cellule del sistema immunitario, si riproducono più lentamente. E mentre i virus sono meno attivi, poichè in microgravità la loro patogenicità sembra ridursi del 25-30 per cento, i batteri diventano piu aggressivi, in quanto nello spazio si moltiplicano a una velocità circa tre volte maggiore rispetto al normale. Si è riscontrato inoltre che al loro rientro a Terra, gli astronauti in genere sono piu predisposti alle infezioni. Tuttavia le imprese nello spazio hanno dimostrato che l'essere umano è capace di sopravvivere in tale ambiente per tempi prolungati. E la specie umana, potrebbe orientarsi, attraverso graduali aggiustamenti "secondo le leggi naturali dell'evoluzione verso un nuovo tipo di uomo, l'Uomo Cosmico". Tutte variazioni ipotizzabili, naturalmente, dalla statura (maggiore del comune, perchè in assenza di gravità la colonna vertebrale perde le sue curvature fisiologiche diventando rettilinea), al torace (più corto, poichè il diaframma si solleverà in seguito all'alleggerimento dei visceri addominali), dal cuore (più piccolo per ipotrofia muscolare) agli arti inferiori (più sottili, proprio per la dislocazione dei liquidi verso le parti superiori del corpo) e al cervello che fortunatamente, secondo le ipotetiche previsioni, "verosimilmente continuerà ad aumentare di volume, come è avvenuto nell'evoluzione del genere umano, stimolato dalla necessità di un'informazione mentale sempre più copiosa e intelligente e da una maggiore irrorazione, e quindi nutrizione, in assenza di gravità".
Che cosa hanno insegnato le missioni Apollo e quali aspettative da esse originate si sono avverate? "Abbiamo scoperto che nello spazio esistono illimitati patrimoni di conoscenze scientifiche che possono essere acquisiti. Abbiamo appreso che si possono progettare e far funzionare veicoli spaziali in grado di assicurare servizi utili o addirittura vitali all’umanita. Abbiamo dimostrato che l'uomo riesce a volare nello spazio, a svolgervi un lavoro proficuo, a esplorare un altro mondo e a ritornare incolume sulla Terra. In ciascuna di queste tre categorie della scoperta spaziale vi sono profonde implicazioni per il genere umano."
 

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   Sopra e sotto nello spazio

In un ambiente senza gravità, in teoria, tutte le superfici potrebbero essere utilizzate indipendentemente dal loro orientamento. Nei moduli della stazione ci saranno cornunque pavimenti, tetti e pareti. L'uomo si adatta a quasi tutto: ma 90 giorni nello spazio, tanti quanto nelle previsioni è lungo un turno di lavoro sulla stazione, anche se recentemente si è manifestata la tendenza a prolungarlo, non sono sufficienti per superare di colpo l'abitudine alla gravità terrestre. Così i moduli abitativi avranno un deciso aspetto terrestre. Ciò per almeno quattro ragioni.

Gli astronauti si adattano all'assenza di gravità ma portano con loro in orbita una certa "memoria" terrestre. Per esempio, anche se a zero-g il corpo assume una particolare forma, detta "postura neutrale del corpo", le persone preferiscono vivere secondo una "verticale locale"; in altre parole hanno bisogno di distinguere il sopra dal sotto. Esiste poi il problema dell'illuminazione. La forma del cranio, in particolare le orbite oculari con le sopracciglia, richiede un'illuminazione dall’alto. Diversamente fisserernmo direttamente la sorgente luminosa e soffrirernmo di abbagliamento. Anche in mancanza di gravitaàl'illuminazione ci fornisce l'indicazione di un "sopra" e di un "sotto". L'assenza di peso poi non cambia il nostro modo di guardare, per esempio, gli schermi video e gli strumenti che vengono letti secondo un particolare orientamento. Altrettanto avviene con i quadranti degli strumenti e le tastiere. Ancora una volta le funzioni presuppongono un riferimento a sopra e sotto. Il quarto motivo per creare un riferimento a sopra e sotto è relativo alla circolazione dei flussi d'aria che devono scorrere dall'alto verso il basso. La direzione del flusso risponde anche a un'altra necessità degli astronauti: imita la gravità trasportando gli oggetti non fissati in una direzione prevista che, anche questa, implica il riferimento a sopra e sotto.

Alla fine del luglio 1969, pochi giorni dopo che l'uomo aveva calpestato per la prima volta il suolo lunare Wernher von Braun, uno dei principali artefici di quel successo, disse: "II progetto Apollo per la Luna è paragonabile alle prime ricognizioni polari dell'inizio di questo secolo, quando gli ardimentosi esploratori andavano sui ghiacci eterni con le slitte trainate dai cani. Oggi nelle regioni polari sono state create basi permanenti nelle quali gruppi di scienziati e tecnologi vivono e lavorano tranquillamente, alternandosi in rapporto alle ricerche in corso e ai ritmi di lavoro. Per la Luna avverrà la stessa cosa; vi torneremo in modo diverso dall'attuale e creeremo basi il più possibile autosufficienti che serviranno per le osservazioni astrofisiche e planetologiche e che potranno servire come stazione di partenza per imprese cosmiche a più vasto raggio. Poi sarà la volta dell'esplorazione di Marte". I motivi sono molteplici, continua von Braun, si può ricordare il fatto che ciò che può fare l'uomo non può farlo un robot. Si possono invocare le ragioni e i grandi valori della ricerca scientifica e delle acquisizioni tecnologiche, ma il motivo fondamentale risiede nella nostra stessa natura di uomini, il cui spirito di avventura, il cui continuo desiderio di nuove imprese, la cui spinta verso le sfide dell'ignoto sono inarrestabili. L'uomo andrà sulla Luna, su Marte e ovunque nel cosmo gli sarà possibile, per il sernplice motivo che la Luna, Marte e il cosmo esistono:"fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscienza".
  Base Luna: per Marte si cambia

Negli Stati Uniti, molte organizzazioni mostrano attenzione per gli studi relativi a un avamposto lunare; vi sono interessate una decina fra aziende edd enti di ricerca, dalla Disney Engineering alla Bechtel, all'Edison Welding Institute, al Bureau of Mines, alla Stone and Webster, solo per citarne alcuni. I progetti per la base vengono riveduti, corretti, modificati, ridotti rispetto a versioni precedenti, ma sonolà, pronti per essre trasformati in realtà non appena si darà loro il via.

La prima base sulla Luna, anzi un "avamposto lunare" da impiegare per fini scientifici e per costruire un "ponte fra i mondi" del sistema solare, potrebbe essere realizzata con strutture gonfiabili che verrebbero ricoperte di materiale del suolo selenico per l'isolamento termico e dalle radiazioni cosmiche. Innanzi tutto per fini scientifici interessanti in sè (le applicazioni pratiche derivano sempre dalle scoperte) e nobili e poi per scopi pratici.
Vediamo dunque un po’ i primi. Sul lato nascosto della Luna, protetto dall’influenza del vento solare, telescopi ottici e radio consentiranno di fare osservazioni astronomiche in condizioni ottimali; la ridotta gravità selenica si presterà a provare nuovi composti; lo stesso suolo lunare potrà essere utilizzato, afini sperimentali, come matreiale di costruzione. In seguito, l'edificazione di una base permanente meno precaria permetterebbe di estrarre le risorse di cui il satellite è ricco: ferro, alluminio, titanio, magnesio e così via. Arrostendo a 600° C le rocce lunari, si possono produrre, ovviamente in loco, grandi quantità di elio-3 che potrebbero essere trasferite sulla Terra, allo stato gassoso, per alimentare  i  futuri reattori nucleari a fusione. L 'elio-3 è un isotopo rarissimo sulla Terra ma si trova in relativa abbondanza sulla superficie della Luna, depositatovi dal vento solare. Ma non solo elio-3. Certamente anche sostanze da utilizzare sia sulla Terra, sia per viaggi diretti verso altri pianeti del sistema solare, come l'ossigeno che verrebbe estratto dall'ilmenite, dall’anortite e dalla cromite, contenute nelle rocce seleniche, e che, liquefatto, potrebbe essere utilizzato per la necessità della base lunare e come propellente per una spedizione su Marte.
 

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    Sull’orizzonte lunare sorge la Terra. La sequenza fotografica è stata ripresa nel maggio 1969.

Il problema principale per una base stabile, grande o piccola che sia, è quello della sopravvivenza in un ambiente privo di tutto e finora assolutamente negato alla presenza della vita in ogni sua forma. Anche in questo caso i progetti sono molti perchè la realizzazione di una colonia autosufficiente sulla Luna costituisce il test decisivo per la creazione di strutture analoghe sugli altri pianeti, primo fra tutti Marte. Sopravvivere però non basta; occorre anche vivere. Scriveva negli anni '70 il fisico americano Gerard K. O'Neill, autore di una proposta di colonizzazione dello spazio: "Se dobbiamo lavorare e vivere nello spazio di nostra scelta e goderci questa vita, dovremo chiedere di più: la soddisfazione dei vecchi desideri umani di benessere, buon cibo da mangiare e buon vino da bere, spazio per allungare le gambe, buoni posti per nuotare e abbronzarsi, varietà nei viaggi e nei divertimenti, e ogni comunità spaziale che voglia avere successo dovrà tenerne conto".