Un modello frattale della morfogenesi urbana.


La prima intuizione delle potenzialità della geometria frattale nella descrizione della morfogenesi urbana si deve probabilmente al geografo Michael Batty. A partire dalla metà degli anni ottanta, Batty e i suoi collaboratori hanno lavorato su due versanti distinti ma complementari: ( a ) la simulazione di processi di crescita urbana mediante algoritmi frattali e ( b ) la descrizione geometrica di insediamenti reali in termini frattali. Consideriamo da prima il punto ( b ). In una rappresentazione astratta, un aggregato urbano può essere visto come un oggetto geometrico bidimensionale; se si definisce come " città" l'insieme degli spazi costruiti, la città appare in effetti come un'area piana all'interno della quale si aprono " vuoti " di varie dimensioni. Nella misura in cui la dimensione media di tali vuoti rimane più o meno la stessa in corrispondenza di scale dimensionali diverse, si conclude che la città può essere vista come un oggetto autosimile. Quanto al punto ( a ), ovvero ai modelli di crescita urbana, i contributi oggi disponibili tentano per lo più di descrivere il processo di crescita per mezzo di modelli non deterministici di aggregazione frattale capaci di produrre oggetti dotati di analogie strutturali con morfologie caratteriristiche degli aggregati urbani. i riferimenti finora più utilizzati sembrano essere la formazione di strutture di tipo dendritico come ad esempio il DLA e i processi diffusivi delle scariche elettriche; ulteriori possibilità in tal senso potrebbero essere offerte dal fenomeno di penetrazione viscosa tra liquidi di densità diverse.
Nei modelli di tipo DLA, ad esempio, la struttura frattale è generata dall'aggregazione successiva di particelle " vaganti "; ciascuna particella già incorporata nella struttura ha un potere di " attrazione " di ulteriori particelle che dipende dalla sua posizione all'interno dell'aggregato, ed è in particolare tanto maggiora quanto più esterna è la localizzazione.
L'esistenza di analogie morfologico-strutturali con l'eterogenea famiglia dei processi di diffusione non implica naturalmente che i modelli pensati per lo studio di questi fenomeni siano direttamente e immediatamente applicabili con successo nel contesto della crescita urbana. Partendo da questi riferimenti orientativi, si è allora assistito a una progressiva elaborazione di opportune varianti sempre più mirate alla descrizione delle particolarità dei fenomeni aggregativi di tipo urbano, la quale ha finora prodotto risultati ancora molto preliminari ma interessanti. Frankhauser (1994) si propone invece di ricostruire la struttura di specifici tessuti piuttosto che una forma urbana globale ; a tal proposito egli considera una variazione stocastica dell'algoritmo del quadrato di Cantor producendo strutture che potrebbero essere interpretate come aggregazione spaziali gerarchizzate di corpi edificati.