"L'Elephant Célèbes" di Max Ernst (1921)


"Noi altri dipentori habbiamo da parlar con le mani" (Annibale Carracci)

Ogni pittore, nelle diverse epoche, ha deciso il suo miglior modo per esprimersi: chi come Paul Klee pensava che " l'arte non riproduce il visibile, ma rende visibile", chi come Joan Mirò o Wassily Kandinsky pensava che "creare un'opera è come creare un mondo", chi come Picasso diceva di dipingere "...gli oggetti come li penso, non come li vedo"; e se Piet Mondrian definiva la pittura come "riflesso dell'aspetto universale della realtà", Leonardo diceva che "...il pittore non è laudabile, se non è universale". Comunque sia, si "ha da parlar con le mani"!


L'ho scelta innanzi tutto perché occupa una posizione importante nel mio immaginario soggettivo, e perché pensavo di trovarci degli ottimi spunti per la mia sperimentazione.
Ripercorrendo la storia della pittura dal medioevo ai giorni nostri si entra in possesso di una quantità innumerevole di informazioni a riguardo dei costumi, dei modi di comportarsi e di pensare, di organizzarsi socialmente dei tempi passati in un arco temporale che spazia in mille anni.
Ciò su cui ho focalizzato l'attenzione non è stata l'evoluzione nel modo di intendere l'arte pittorica, ma ciò che veniva rappresentato.
Mi interessava trovare dei quadri che rappresentassero delle situazioni, dei soggetti inerenti all'argomento da me sviluppato, o che comunque mi potessero dare occasioni di spunto.
Li ho trovati soprattutto fino all'avvento dell'impressionismo, mentre successivamente con la trasformazione della pittura sono cambiati anche i soggetti, diventando sempre più filtrati o creati dall'immaginazione e dallo stato d'animo dell'autore.
Difatti fino al periodo sopra citato, la pittura necessitava di soggetti realmente esistenti, e li rappresentava nella loro identità fisica, magari con aggettivazioni proposte dal committente o guidate dal sentimento dell'artista, e comunque un uomo veniva sempre rappresentato con due braccia, due gambe, un corpo a cui attaccarle, ed una testa: che poi fosse più bello e più alto di quello che in realtà veramente era, non cambia niente.

Pablo Picasso: Donna in camicia seduta in poltrona Michail Aleksandrovic Vrubel: Ritratto di K. D. Arzibuseva

"Donna in camicia seduta in poltrona" di Pablo Picasso (1913), e "Ritratto di K. D. Arzibuseva" di M. A. Vrubel (1897)

Lo stesso vale per le architetture raffigurate: sicuramente, una città vista dall'alto non veniva rappresentata come un reticolo bidimensionale prospettico di rettangoli e quadrati, ma almeno con delle forme tridimensionali.

Quadro di Paul Klee: Strade principali e secondarie Félix Valloton: Veduta di Honfleur di sera, cielo coperto, ...

"Strade principali e secondarie" di Paul Klee (1929), e "Veduta di Honfleur di sera" di Félix Vallotton (1912)

Probabilmente su tutto ciò ha inciso l'avvento della fotografia, che ha tolto alla pittura il ruolo ed il gusto di rappresentare il reale spingendola verso soggetti sempre più astratti.
Un ulteriore punto di riferimento nel mio immaginario è l'età classica, quindi l'era degli Dei nella penisola ellenica prima, e l'era della Roma repubblicana poi. In particolare quelle zone nevralgiche della città come l'Agorà per Atene, o il Foro per Roma, dove la gente si ritrovava per discutere di argomenti più o meno importanti, immersi in uno ventaglio di architetture sempre belle, come i templi e i monumenti dedicati agli dei, i portici, le basiliche, il Senato, etc...

Immagine dell'agorà di Atene Ricostruzione del Foro Romano

Ricostruzione dell'Agora' di Atene, e del Foro Romano



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