RELAZIONE:
Prefazione:
Siamo Davide D’Ursi e Alessandro Penzi, due studenti
laureandi di questa Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano. Il tema
della nostra tesi è :
ARCHITETTURA
NATURALE: CODICI DI TRASFORMAZIONE METAPROGETTUALE
Introduzione:
Tutto il nostro lavoro di tesi parte da un comune interesse, gli studi compiuti dal prof.
Celestino Soddu e dalla prof.ssa Enrica
Colabella in ambito di Arte generativa. Come ben esplicitato nel libro
“Generative Art’98” : “L'arte generativa,
infatti, costruisce il possibile creando regole evolutive in grado di
generare eventi che, se da una parte sono imprevedibili e sorprendenti ,
dall'altra rispecchiano fedelmente l'identità e la riconoscibilità dell'idea e
ne sono la naturale rappresentazione. Con l'arte generativa è possibile operare
direttamente all'interno di un sistema
che controlla la complessità degli eventi, delle loro proposizioni e
delle logiche a queste sottese. … L’Arte
Generativa è un modo di pensare e di progettare che ritrova uniti dallo stesso
entusiasmo architetti e matematici, poeti e musicisti, fisici e semiologi,
filosofi e pittori, ingegneri e designers.”(1)
Figura
(1)
I – CAPITOLO
1.1 Obbiettivo
“ L’attrattore
nella progettazione generativa, è l’idea riconoscibile del progettista……… E può
essere realizzato operativamente come metaprogetto operativo, come codice
generativo”.(3)
Obbiettivo principale del nostro lavoro è quello di individuare una serie di codici ,
che ci permetteranno di generare scenari possibili.
Per far ciò siamo partiti individuando tre
categorie:
·
I
QUADRI DI WASSILY KANDINSKIJ*
·
LA
NATURA
·
L’ARCHITETTURA
MONUMENTALE
|
APPENDICE 1 FIGURA (2) Fotoritratto di Vasilij Kandinskij
Wassily Kandinsky (Vasily Kandinsky, Vasilij Kandinskij)
nasce a Mosca nel 1866. Negli anni successivi, effettua viaggi e periodi di
soggiorno all'estero, tra cui un anno a Parigi. |
II - CAPITOLO
2.1 Catalizzatore.
“Come possiamo innescare una progettazione?
Teoricamente dobbiamo porre qualcosa, nel nostro sistema in equilibrio,
capace di scatenare un processo di trasformazione. Una volta attivato il processo, sara' possibile controllarlo
attraverso logiche progettuali.
Se si trattasse di un problema chimico, potremo
rappresentare questa prima operazione come quella dell'innesco di una
reazione. Essa si attua, normalmente,
ponendo un catalizzatore all'interno della miscela di elementi chimici presenti
nel sistema. Questa presenza rende
possibile la trasformazione di un elemento chimico in un'altro. Cio'avviene anche se il catalizzatore non
compare direttamente nel processo che attiva. 0 meglio non compare ne' tra i
reagenti ne' nei prodotti, ma solo come veicolo attraverso il quale l'evento
accade. La trasformazione, una volta
innescata, segue le regole proprie di un divenire, e si svolge con il parametro
indispensabile del fattore temporale, che non era presente nella fase
precedente.Anche per innescare un divenire progettuale dobbiamo inserire il fattore temporale e, probabilmente,
utilizzare per questa attivazione un catalizzatore formale.
Nei racconti che i progettisti fanno del loro
momento di innesco del progetto, del loro personale BIG BANG che da inizio al
tempo del progettare, si evince che il catalizzatore può essere qualunque
occasione purché capace di stimolare la formalizzazione delle richieste. Come
nei processi chimici, molto di rado questo elemento catalizzante entra
direttamente nei processi di trasformazione che attiva.
Quasi sempre esso è utile solo all’innesco e/o come
stimolo al perdurare della trasformazione, ma solitamente non compare come
componente dei risultati.”(2) Figura
(3)
Il presupposto
sul quale fonderemo il nostro percorso metaprogettuale è riconducibile ad un elemento che funge da “CATALIZZATORE” all’interno della nostra discussione: “PUNTO, LINEA e SUPERFICIE”.
In particolar modo ci ha affascinato questo passo del libro: “ Se pensato in astratto il punto è
idealmente piccolo e rotondo.E’ un cerchio idealmente piccolo.Ma sia le
sue dimensioni che i suoi limiti sono relativi.Nella forma reale il
punto può assumere un numero infinito di figure: la sua forma circolare può
diventare dentellata, può sviluppare un’inclinazione verso altre forme
geometriche e infine verso forme libere. Può avere angoli acuti e può inclinare
verso il triangolo, e per il bisogno di una relativa immobilità può
trasformarsi in un quadrato”.(3)
In
"Punto, linea , superficie" W. Kandinshij elabora il suo metodo di
rappresentazione, partendo dall'elemento più semplice, il punto, che
interpretato come entità in movimento determina la linea geometrica e dai
movimenti della linea si arriva alla creazione di superfici.
Il Punto:
Il
punto infatti è l’elemento da cui si generano tutte le altre forme, la linea ne
è infatti la sua più diretta conseguenza, il piano invece è la superficie
rispetto la quale vengono studiati gli altri due elementi.
Il
punto in astratto rappresenta “l’unione
suprema e unica tra silenzio e parola”(3) ; basti pensare alla condizione
in cui ci si trova all’inizio di ogni processo progettuale: un foglio bianco ,
una generale condizione di confusione e incapacità di prendere una direzione ,
paragonabile quindi al silenzio al vuoto. Il frame immediatamente successivo a
questo è rappresentato al primo punto che fissiamo sul foglio, ovvero una
traccia che diventa il punto di unione con la prima parola , o traccia, che
innesca il processo progettuale. Il punto può generare effetti artistici che
aumentano geometricamente d’intensità con l’aggiungersi dei seguenti elementi:
·
Costruzione
eccentrica. Ripetizione. Ritmi.
Il
concetto di punto viene determinato dal rapporto con le grandezze.
Infatti
la forma e i limiti del punto sono relativi, in quanto può muoversi verso forme
geometriche e libere in maniera illimitata; è quindi da considerarsi l’elemento
primario della “ grafica”.
In natura, il punto, è assimilabile
allo spazio e ai numerosissimi corpi che lo popolano.
Tutto il mondo può essere
considerato come una composizione cosmica.
In architettura il punto è il
risultato dell’intersezione di più piani che devono volgersi verso di esso e da
esso svilupparsi.
La Linea:
La linea abbiamo detto essere la
più diretta conseguenza della traccia di un insieme di punti che generano
quindi una complessità nello spazio generativo.
Kandinsky la definisce la forma più
coincisa dell’infinito:
-
La linea orizzontale corrisponde al freddo;
-
La linea verticale
corrisponde all’infinta mobilità calda;
-
La linea diagonale e l’infinita mobilità caldo-freddo.
La linea quindi è l’unico elemento
che in funzione del suo addensamento può creare una superficie; le linee
spezzate e angolate entrano in una seconda categoria di linee , che serviranno
a determinare il piano , la superficie.
Anche nella linea i limiti sono
confusi e fluidi, tutto dipende dalle proporzioni e dal suo movimento.
La ripetizione può essere legata al
rafforzamento quantitativo, o a quello qualitativo, entrambe mirati a generare
una nuova complessità della forma.
Nella torre Eiffel , la linea
soppianta per la prima volta la superficie, mettendo in evidenza una
costruzione di linee e di punti nel piano.
L’arte attinge dalla natura,
definendo le regole compositive e usando la linea come mezzo di sviluppo
espressivo quali:
-
Parallelismo e contrasto;
-
Interno ed esterno.
La Superficie:
“Per « superficie di fondo » si intende la superficie materiale
destinata ad accogliere il contenuto dell'opera. La designeremo con la sigla SF.
La SF schematica è delimitata da 2 linee orizzontali e da 2 verticali,
che la definiscono come entità autonoma nel suo ambito.
Una volta data la caratterizzazione delle orizzontali e delle
verticali, il suono fondamentale della SF deve apparire chiaro da solo: due
elementi della quiete fredda e due elementi della quiete calda sono due suoni
doppi della quiete, che determinano il suono tranquillo -oggettivo della SF.
Il prevalere dell'una o dell'altra coppia, cioè il prevalere della
larghezza o dell'altezza, determina, di volta in volta, il prevalere del freddo
o del caldo nel suono oggettivo. Così i
singoli elementi vengono immessi fin da principio in un'atmosfera più fredda o
più calda; e questa condizione non può più essere eliminata completamente in
seguito, neppure da un grandissimo numero di elementi opposti - questo è un
dato di fatto che non si deve mai dimenticare.
Naturalmente esso ci mette a disposizione molte possibilità di composiz
ione. Per esempio, un cumulo di tensioni
attive che aspirano verso l'alto su una SF piuttosto fredda (formato largo) «
drammatizzerà » sempre queste tensioni in qualche misura, perché in questo caso
l'impedimento ha una forza particolare.
Questi impedimenti, se spinti oltre il limite, possono perfino condurre
a sensazioni penose, anzi insopportabili. La forma più oggettiva della SF
schematica è il quadrato - le due coppie di linee delimitanti hanno una uguale
forza sonora. Freddo e caldo si
compensano reciprocamente.
La combinazione della SF più oggettiva con un unico elemento che porti
anch'esso in sé il grado più alto di oggettività, ha per risultato una
freddezza che somiglia alla morte - essa può valere come simbolo della
morte. Non per niente proprio il nostro
tempo ha fornito esempi di tal genere.
Ma una combinazione « completamente » oggettiva di un elemento « completamente » oggettivo con una SF « completamente » oggettiva può essere concepita solo in senso relativo. Non si può mai raggiungere una assoluta oggettività.”(3bis)
Il passaggio da una figura
elementare a figure sempre più complesse e dense di significato, che W. Kandinskij utilizza nelle sue opere, è stato il catalizzatore che ci ha portato a identificare dei codici da lui definiti e
sperimentati,dai quali abbiamo definito
quindi le regole e/o matrici che
genereranno i nostri paradigmi.
III Capitolo
3.1 - Immaginario di riferimento.
“Il
progettista utilizza le analisi di prestazione a posteriori come verifica della
congruità dell’approccio operato. La scelta attuata deriva comunque
direttamente dalla ricerca di sintonia con l’immagine mentale del mondo
virtuale che egli, o chi per lui, ha potuto e saputo immaginare. Ma
l’immaginario di riferimento è in perenne evoluzione. Ed in evoluzione dovrebbero essere, nei
progettisti gli scenari virtuali di ambienti fatti ad immagine dell’uomo, in
mondi possibili ai quali riferirsi.”(2bis)
Le opere d'arte, così come l’architettura monumentale e la natura, sono quindi i nostri
strumenti, una sorta di appunto grafico
dal quale abbiamo costruito un codice che ci proietta nel
tridimensionale, e che allo stesso tempo traccia un perimetro nel campo
d’azione in cui ci muoveremo e trarremo spunti per le nostre argomentazioni,
rappresentano quindi il nostro “IMMAGINARIO di RIFERIMENTO”.
“Il
progetto che cresce è l'ambiente/contesto che si evolve sono due storie
parallele che, oltre al fatto di essere intimamente connesse e interdipendenti,
sono anche, strutturalmente, molto simili. Possono essere ambedue raccontate
come strutture morfogeneticamente in evoluzione. L'approccio al contesto,
inoltre, deve essere considerato con attenzione per ciò che riguarda la
plausibilità ed accettabilità delle analisi dinamiche che possono essere
attuate. Se infatti è indubbio che il contesto/ambiente di riferimento è in
evoluzione, la dinamica evolutiva che noi leggiamo, e riproponiamo come modello
dinamico capace anche di innescare il progetto, è frutto di una valutazione e
interpretazione estremamente soggettiva, sia che si tratti di un contesto
artificiale che naturale".(1bis)
3.2 – I quadri di Wassily Kandinskij.
I canvas di W. Kandinskij, sono stati il primo elemento di discussione
della nostra ricerca , frutto dell’osservazione e dello studio di uno dei
maggiori maestri del Modernismo, dal quale ci siamo lasciati affascinare per
poter fissare nella nostra mente e nel percorso di generazione metaprogettuale
il primo segno, ovvero quell’elemento che ci ha permesso di varcare la soglia
della confusione perimetrando il nostro
campo d’interesse.#
# APPENDICE - 2
fig. (4) Wassily
Kandinskij, Giallo, rosso, blu, 1925
Il quadro, realizzato nel 1925 e conservato
attualmente in Francia, è tra le opere più famose di Kandinskij. Già dal titolo
si intuisce come protagonista del quadro è solo il colore, che qui viene
impostato soprattutto sui tre primari.
Nelle opere di Kandinskij l’armonia dei
colore corrisponde a quella delle forme geometriche, con la ricerca di un
effetto psicologico che va al di là del soggetto. Così Kandinskij nelle sue
variazioni di motivi trasforma il soggetto in una corrispondenza armoniosa
secondo ritmi soprattutto diagonali e secondo toni originati dal blu, rosso,
giallo, in diverse gradazioni e sfumature.
Kandinskij parte dai colori, anzi,
dall’accostamento dei colori con i suoni musicali. Nello «Spirituale nell’arte»
fa corrispondere il giallo alla tromba, l’azzurro al flauto, al violoncello, al
contrabbasso e all’organo, il verde al violino. Sostiene che il rosso richiama
alla mente le fanfare, il rosso di cinabro la tuba o il cembalo, l’arancione
una campana di suono medio o un contralto che suoni in largo. Che il viola
suona come un corno inglese o come i bassi dei legni. Dopo aver collegato
ciascun colore ad un suono, un profumo, un’emozione precisa, l’artista afferma
che proprio grazie alle sue risonanze interiori, a seconda della sua diversità,
ogni colore produce un effetto particolare sull’anima.
Il colore rosso per esempio può provocare
l’effetto della sofferenza dolorosa, per la sua somiglianza al sangue. Il
giallo invece, per semplice associazione col limone, comunica una impressione
di acido. Alcuni colori possono avere una apparenza ruvida, pungente, mentre altri
vengono sentiti come qualcosa di liscio, di vellutato, così di dar voglia di
accarezzarli. Ma ognuno di essi corrisponde a delle forme che si distinguono
nello spazio in modo preciso le une dalle altre. Ogni forma a sua volta, come
il colore, ha una precisa corrispondenza: al cerchio associa il blu, al
triangolo il giallo, al quadrato il rosso.
FIG. (5) Wassily
Kandinskij, Composizione VII, 1913
I quadri ai quali Kandinskij riserva maggiore
attenzione sono quelli che titola «Composizione». In tutto egli realizza dieci
«composizioni» anche se le prime sette vengono realizzate in un breve arco di
tempo (circa tre anni dal 1910 al 1913) mentre le ultime le realizza a distanza
di decenni. In questa che porta il numero "VII" abbiamo un esempio
classico della prima fase del suo astrattismo. Una quantità enorme di
segni-colore creano una molteplicità di situazioni osservabili, anche se si fa
fatica a cogliere un motivo unitario.
Kandinskij progetta la composizione di questo
quadro in un acquerello preparatorio, eseguito in forma più semplice ma già
perfettamente definita nelle sue parti. L’idea compositiva si basa sulla
contrapposizione della parte destra con quella sinistra. Nella prima prevalgono
i toni atmosferici dell’azzurro contornato dal viola; in essa si inseriscono in
prevalenza segni grafici leggeri posti secondo un ordine di armonia geometrica.
Nella metà di sinistra fa da sfondo un colore giallo che chiude lo spazio senza
sfondamenti in profondità. In questa parte le forme che il pittore inserisce
hanno una consistenza materica più densa. Prevalgono le campiture di colore
rosse e azzurre in forme rettangolari, triangolari e rotonde. Come in
moltissimi altri quadri, anche qui le campiture di colore definiscono dei piani
trasparenti: nella sovrapposizione dei piani il colore che ne risulta è la
somma dei colori dei piani adiacenti. In questo modo la pittura di Kandinskij,
pur giocata solo sul piano del quadro, tende a suggerire una organizzazione
tridimensionale che evoca uno spazio percettivo diverso, e più ampio, di quello
naturale.
FIG. (6) Wassily Kandinskij “Ovale rosso” 1920
Nel
periodo della crisi degli anni della rivoluzione, Kandinsky passa continuamente da un idioma astratto indebolito a
paesaggi del tardo Impressionismo, a quadri di fantasia ingenuo-romantici.
Nei
quadri astratti tuttavia si fa sempre più
evidente una tendenza verso la geometrizzazione dei singoli elementi
figurativi, che da una parte è da ricondurre al particolare processo di
chiarificazione di Kandinsky, dall' altra però sicuramente anche al clima
artistico dell'avanguardia di Mosca, caratterizzato dal Costruttivismo e dal
Suprematismo. Nell'acquerello Composizione a colori lineare del 1920
il rapporto tra i due elementi, forma e colore, non ha tanto un effetto
coattivo ma piuttosto libero e leggero.
Si può trovare una risposta più chiara all'arte dei suoi colleghi russi
nel dipinto Ovale rosso (fig.
6). Il centro che domina il quadro è
costituito da una forma trapezoidale, usata in modo particolare nei quadri
eseguiti in quel periodo dai suprematisti, che sembra tridimensionale e formata
da diversi strati. Kandinsky però
contrappone questa superficie ad uno sfondo verde, riccamente modulato, creando
così uno spazio con una sua atmosfera particolare, completamente in opposizione
alla chiarezza e alla piattezza dei quadri dei suprematisti. Inoltre, sulla forma gialla, è disseminata
una quantità di punti, macchie, linee e superfici che egli analizza in questo
periodo nell'ambito della sua attività artistico-pedagogica. Anche lo «scalo della barca» ed il «remo»
che sporge nello spazio verde circostante sono un'allusione al suo linguaggio
formale del periodo di Monaco.
Questi ed altri lavori del periodo sovietico
fanno rimpiangere chiaramente la forza e la decisione degli anni trascorsi a
Monaco. Nonostante la stasi artistica e
l'isolamento, Kandinsky venne coinvolto nello sviluppo politico culturale del
periodo che seguì la rivoluzione. Dal
1918 al 1921 collaborò nei settori della pedagogia dell'arte e della riforma
dei musei, in un'organizzazione chiamata IZO (Reparto d'arti figurative) del
NARKOMPROS (Commissariato del popolo per la formazione culturale). Ua il 1919 ed il 1920 pubblicò sei saggi,
lavorò ad una «autodescrizione» e diede inizio alla pubblicazione del primo
volume di un'enciclopedia d'arti figurative che tuttavia non venne mai
pubblicata. Inoltre, come esperto della commissione statale per gli acquisti
del «Museo della cultura pittorica», che avrebbe dovuto impiantare succursali
in diverse città russe, era responsabile della scelta e della distribuzione dei
lavori. Kandinsky tuttavia esercitò il
maggiore influsso come capo di un'officina nello SVOMAS moscovita (Libere
officine statali d'arte). Durante il
periodo d'insegnamento universitario, dall'ottobre 1918, ideò uno speciale
piano di studi, fondato sull'analisi di forme e colori, che costituì quindi un
proseguimento del pensiero contenuto in «Sullo spirituale nell'arte».
FIG. (7) Wassily Kandinskij “Alcuni cerchi” 1926
Un
esempio migliore di questo pensiero è il quadro Alcuni cerchi (fig.
7). Attorno ad un centro circolare blu
scuro, a cui in parte si sovrappone, come in un'eclissi lunare, un altro
cerchio nero, vagano cerchi più o meno grandi, dai colori vivi su uno sfondo
marrone scuro. Dall'intersezione di
alcuni cerchi trasparenti si creano nuove tonalità di colore, nettamente
differenziate. Kandinsky aveva imparato
ad utilizzare la trasparenza, un nuovo mezzo di raffigurazione, al Bauhaus,
presso le officine di pittura su vetro e soprattutto grazie agli esperimenti
con la luce di Ludwig Hirschfeld-Mack, di cui si servì anche Klee nei suoi
dipinti.
La
modificazione esteriore del Bauhaus era stata accompagnata anche da un
consolidamento finanziario. Era stato
fondato un nuovo «Bauhaus GmbH» che s'occupava dell'utilzzo a livello
commerciale della produzione di mobili, di lampade e della tipografia. Il maggior successo lo ottennero, più tardi,
i suoi tappeti. Nel reparto tessile di
Gunta Stólzl vennero sperimentate nuove fibre sintetiche. Il Bauhaus cominciò ad orientarsi sempre di
più sulla produzione industriale. A
Dessau l'offìcina di pittura murale venne affidata a Hinnerk Scheper che, a
differenza di Kandinsky, non si dedicò alla pittura murale monumentale, quanto
piuttosto ai problemi di un'architettura colorata interna ed esterna. Sebbene Kandinsky avesse diretto
quest'officina dal 1922 al 1925, non era riuscito ad imporre i suoi
obiettivi. La più convincente
realizzazione del suo concetto di spazio, in cui forme e colori corrispondono,
rimase l'arredamento del suo appartamento a Dessau
All'idea di Kandinskij di una «sintesi
scenica astratta» si avvicinò di più il teatro del Bauhaus con le figurine
astratte di Schlemmer e le trame elementari.
(14)
#
“Wassily Kandinskij 1866-1944: La
rivoluzione della pittura” – Autore Hajo Duchting
3.2 – La Natura
Le nuvole così come i fiori , il movimento di un
pesce nell’acqua come il movimento della ruota di un pavone o ancora l’immagine del fuoco, nel buio
della notte , descrivono forme o
esprimono concetti che ci sono serviti
per raccontare quelle che abbiamo definito come interpretazioni di regole
soggettive che andranno a formare il nostro paradigma organizzativo.
3.3 – L’Architettura Monumentale
L’ultimo elemento , non per una gerarchia preordinata
ma per puro ordine casuale, che
racconta il nostro immaginario di riferimento è identificato da quella
serie di architetture a “carattere monumentale” che ci hanno lasciato un
ricordo indelebile nella memoria.
La fontana
di Trevi a Roma , l’equilibrio dei volumi del Pantheon, il colonnato della
piazza del popolo a Roma , l’armonia
delle piramidi della piana di
Giza al Cairo, o la volumetria della grande piramide di Ciceniza in Messico,
hanno fatto riaffiorare quelle immagini e quei concetti basati sui rapporti
geometrici delle figure raccontate nel
nostro catalizzatore.
IV CAPITOLO
4.1 Codici Generativi e Matrici:
Stabilito il nostro campo d’azione, nasce ora
l’esigenza di formulare un’ipotesi soggettiva di organizzazione dell’iter progettuale , la necessità di definire uno
strumento di controllo della nostra evoluzione arrivando quindi ad identificare
quello che nell’arte generativa viene indicato come il PARADIGMA INDIZIARIO.
“Il paradigma è quello
strumento( di diversa natura: sia esso geometrico, dimensionale, topologico o
gerarchico) che posso individuare in un elemento flessibile, il quale mi
permette di formulare un'ipotesi soggettiva di organizzazione non solo degli
elementi/richieste esistenti ma sopratutto di quelli a venire,sconosciuti e
imperscrutabili.”(2tris)
La scelta dei codici estrapolati dal nostro catalizzatore, il libro di Wassily
Kandinskij “Punto, linea e superficie” è di tipo soggettivo.
L'obiettivo di questa fase è arrivare ad avere, come
già ben illustrato nei trattati del Professore Soddu e della Professoressa
Enrica Colabella ("Il progetto ambientale di morfogenesi" ed.
Progetto Leonardo): "Uno strumento
di controllo dell'evoluzione. Ogni progettista utilizza paradigmi indiziari di
tipo differente, anche se normalmente contengono alcuni dispositivi di
controllo di tipo geometrico, topologico, dimensionale, gerarchico e regole sul
rapporto norma/eccezione. Possono anche contenere una struttura di controllo
tipologico, ma divengono allora troppo condizionanti e restrittivi. …….. Il
tipo è già matrice formale, e se si assumono gli aspetti tipologici come
elementi strutturali condizionanti, di fatto si riduce la possibilità di
sviluppo dell'idea. E' preferibile sistematizzare le richieste ed utilizzarle
come elementi necessari ma fluttuanti ed agganciabili da ogni lato, come gli
altri elementi/richieste in gioco…… L'attrattore che sta alla base di queste
logiche, fondamento del progetto generativo è quello di riconoscerci
nell'identità del progettista; le nuvole sono sempre riconoscibili come nuvole,
le dune mantengono ed anzi incrementano con il vento la loro identità di dune;
il DNA naturale è riconoscibile nonostante ogni evento sia unico ed
imprevedibile, tutto ciò deriva dal fatto che un dispositivo operativo di
generazione non è uno strumento fisico o una regola geometrica, bensì un'idea
forte identificata nel progetto.” (2idem)
La capacità di riconoscere in esse una
interpretazione personale del movimento, si esplicita nei "
REAGENTI", ovvero strumenti di lettura ed interpretazione che ci permetteranno
di innescare quel processo di "PROGETTAZIONE" che supera
l’equilibrio e innesca una logica progettuale riconoscibile in ogni
punto del nostro organigramma.
Abbiamo focalizzato il nostro
interesse sulla bibliografia di Kandinskij scegliendo come nostro strumento di
controllo una matrice di tipo geometrico:
"La
geometrica è senza dubbio uno degli strumenti più efficaci. E' sicuramente
un'indicazione di come cresce una struttura complessa prescindendo da
indicazioni su che cosa debba contenere. E possiede un'ulteriore vantaggio:
prescinde dalla scala, o meglio, attua un controllo sul progressivo passaggio
da una scala all'altra, dalla totalità alla forma dei singoli componenti. Vi
sono, naturalmente, molti tipi di geometria ai quali è possibile riferirsi
nella costruzione di un paradigma. Dalla trama ortogonale alla geometria
frattale." (1tris)
L'unicità e l'irripetibilità sono infatti
intimamente legate, secondo la nostra interpretazione, alla
rappresentazione di un sistema dinamico del " MOVIMENTO" che ciascuno
forgia e sovrappone alla realtà che lo circonda, come proprio codice di
lettura.
Con l’individuazione di regole e codici, frutto
delle interpretazioni estrapolate dal nostro catalizzatore arriveremo ad
esplicitare il “come ? ” e non il “perché?” delle nostre scelte, incrementando di complessità un
contesto esistente affinché l’identità
del luogo venga rafforzata.
Partendo quindi da questa lettura e interagendo con
il nostro immaginario di riferimento abbiamo estrapolato i “CODICI” interpretativi legati ad una matrice
organizzativa di tipo geometrico.
4.2 Codice Accelerazione
“L'orizzontale o la verticale isolate dispongono di una quiete
per così dire colorata, poiché il caldo e il freddo devono essere messi in
rapporto con i colori. Così anche il
quadrato non deve essere definito come una forma incolore……….Come già è stato
accennato, la SF ha, in linea di principio, due possibilità tipiche di
accogliere gli elementi:
I. gli elementi giacciono
sulla SF in modo relativamente così materiale da accentuare il suono della SF
con particolare forza, oppure
2. il loro legame con la SF è
così allentato, che il suono della SF non si unisce al loro; in certo modo esso
sparisce e gli elementi « si librano » nello spazio, che però non conosce
limiti precisi (specialmente in profondità).
La trattazione dei due casi appartiene alla teoria della costruzione e
della composizione. In particolare il
secondo caso - la « distruzione » della SF - può essere chiaramente spiegato
solo in connessione con le proprietà interne dei singoli elementi: il ritirarsi
e lo avanzare degli elementi formali dilata la superficie in avanti (verso
l'osservatore) e all'indietro, in profondità (lontano dall'osservatore), in
maniera che la SF, come una fisarmonica, viene tirata in tutte e due le
direzioni.”(3tris)
“L’ACCELERAZIONE”: La prima regola
identificata esplicita quella
sensazione che si avverte osservando un oggetto da diversi punti di vista , sia
esso fermo o in movimento, percependo che più la distanza aumenta, più la
percezione dell’accelerazione è piccola.
Per far ciò,
prendo un qualsiasi elemento geometrico o oggetto tridimensionale e fisso un
punto di osservazione dello stesso.
Rifacendomi alla Fisica e sviluppando la formula dell'accelerazione ottengo che
a=4/S, dove S è la distanza tra il
punto di osservazione e il punto osservato.
Applicando questa formula a tutti i punti
della nostra figura ne ottengo una diversa e accelerata, dovuta all’unione
delle proiezioni dei vertici principali nello spazio.
In una fase successiva cambierò il punto di
osservazione.
Compiendo lo stesso procedimento otterrò
figure accelerate diverse a seconda del diverso punto di osservazione.
Di
conseguenza la mutevolezza di un oggetto osservato da diversi punti, in
scansioni temporali successive, ci riconduce al concetto di ANAMORFOSI.
“L'anamorfosi non è altro
che un diversivo prospettico, dove la forma prende il sopravvento, nascondendo
o disvelando il proprio significato a seconda dell'angolazione dello sguardo
dell'osservatore. (20) (In particolare si vedano i testi di Baltrušaitis).
Da questo processo vi è un chiaro ritorno
alla memoria dello studio della quarta dimensione, compiuto attraverso i quadri
di Kandinskij, che descrive quindi un flusso generativo che non identifica un
punto di partenza e uno di arrivo identici, bensì la deformazione dello stesso
nello spazio temporale.
4.2.a Adduzioni dell’accelerazione
Kiesler
“definito il maggior architetto non costruttore, è in effetti un geniale
designer che parte dalla scomposizione DeStijl per approdare al continuum della
Endeless House … coinvolgimento strutturale”.(19)
I volumi esterni del
Guggenihm Museum, ci hanno ispirato
l’idea dell’accelerazione attraverso le forme che sembrano generarsi dallo
specchio d’acqua antistante l’edificio, per svilupparsi armonicamente verso il
cielo .
4.3 Codice Crescita
·
La “CRESCITA”: abbiamo espresso la regola attraverso
il concetto di crescita
raccontatao da W. Kandinskij “La spirale è una deviazione regolare del cerchio
– la forza agente dall’interno supera in misura uniforme la forza esterna .
Così la spirale è un cerchio che deraglia con regolarità.”.
Da queste parole abbiamo addotto
il movimento descritto da un
elemento che cresce di complessità identificato nella figura della spirale.
Abbiamo inoltre addotto la nostra
regola della crescita da questa definizione dell’ipercubo:
“Se passando da un
quadrato (due dimensioni) ad un cubo (tre dimensioni), si passa da un oggetto a
quattro spigoli a uno a otto spigoli; il passaggio da un cubo a tre dimensioni
a un ipercubo (cubo a più di tre dimensioni), esprime il concetto di crescita
di un elemento geometrico nello spazio.”
Figura (8)
Successivamente abbiamo applicato la regola ad un
elemento geometrico( ad esempio il cubo) e abbiamo eseguito questo procedimento
per accrescerlo:
·
Prendo
un elemento geometrico (es. il cubo), lo accresco creando un "array"
(serie) di tipo polare, di "n" elementi multipli.
·
Genero
così un nuovo elemento tridimensionale che rappresenta la nostra idea di
crescita, o meglio il passaggio dall'elemento primario a una complessità
geometrica riconoscibile.
“La crescita , si esplicita quindi in una tensione
espressa dal punto geometrico in movimento”
Tale crescita , applicata ad un qualsiasi elemento
tridimensionale o bidimensionale , consente allo stesso di incrementare la
propria complessità.
Il carattere di complessità può essere
concentrico o eccentrico a seconda che la tensione
evolutiva si sviluppi verso l’esterno o verso l’interno del punto geometrico di
partenza.
4.3.a Adduzioni della Crescita
“Similmente in Sant’ivo, Borromini per definire la pianta della chiesa
fa uso di una geometria di triangoli equilateri, che in questo caso,
sovrapposti e invertiti, si intersecano in modo da formare una stella. Gli angoli di questa sono tagliati da linee
curve alternatamente concave e convesse e opposte frontalmente; le prime
determinano una spinta centrifuga, mentre le altre una spinta centripeta. Le
intersezioni più interne dell'esagono, che risulta dall'intreccio dei
triangoli, si collocano su una circonferenza e formano un esagono regolare ; la
metà dei lati di questo corrisponde a sua volta ai raggi delle
seinicirconferenze che definiscono gli spazi minori concavi che si aprono
sull'invaso esagonale in corrispondenza delle estremità di un triangolo. Ai limiti dell'altro triangolo le estremità
convesse risultano da circonferenze con lo stesso raggio ed il centro nei
vertici esterni del triangolo.
L'articolazione delle parti minori risulta anch'essa basata su una
modularità rigorosa. Nel disegno del Borromini le parti concave stanno di
fronte a quelle convesse determinando una situazione imprevedibile. Queste strane forme sono ispirate
all'emblema barberiniano dell'ape. L'esagono delinea uno spazio unitario articolato
su pilastri giganteschi e sottolineato dal cornicione continuo che evidenze la
forma a stella del piano base. ”(18)
Per
noi questo esempio di architettura è
significativo nell’ambito dell’identificazione del codice della crescita.
Dalla planimetria identifichiamo, attraverso
il disegno geometrico dei triangoli alla base, un movimento che accresce
l’intera volumetria dell’edificio, sviluppandosi tridimensionalmente verso lo
spazio soprastante e descrivendo una forma a spirale nella cupola posta alla
sommità dell’edificio.
Lo
stesso movimento di accrescimento della
cupola, lo adduciamo nella natura attraverso
la sbocciare di un fiore.
Infatti
l’elemento geometrico identificato nel
petalo della rosa genera un movimento a spirale che accresce di complessità
l’oggetto fiore, nel momento in cui sboccia.
Quindi
la rappresentazione di una possibile crescita dinamica evolutiva , viene
esplicitata negli scenari che raccontano la nostra regola, in grado di
accrescere di complessità e generare di conseguenza nuovi elementi sia nel
campo geometrico.
4.4 Codice Accentuazione
· “L’ACCENTUAZIONE”: codice che ci consente di evidenziare ed
aumentare di complessità un qualsiasi elemento geometrico tramite una dinamica
evolutiva.
Abbiamo individuato questa regola nel rapporto tra le superfici di una figura geometrica o di un oggetto,
evidenziando il rapporto pieno-vuoto o quello esterno-interno.
"L'accentuazione è un graduale
e spontaneo accrescersi o decrescersi della forza…….. La stessa linea con
riduzione regolare della accentuazione raggiunge una maggiore tensione
nell'ascesa.…….Linea curva geometrica in ascesa."(3idem)
Accentuiamo una superficie e/o un volume rispetto
l’esterno riempiendo o chiudendo lo stesso.
Nel caso del
Pantheon, accentuiamo l’interno, “la sfera” (volume vuoto), con l’esterno,il
cubo che la contiene ( volume pieno),
geometricamente diverso .
Accentuiamo una superficie e/o un volume
moltiplicando le facce e/o i lati del proprio perimetro con offset del singolo
elemento geometrico, con la disconnessione dei vertici.
4.4.a Adduzioni della Accentuazione
Identifico i codici
dell’accentuazione, rispetto al mio immaginario di riferimento, ritrovando il
discorso del rapporto pieno-vuoto, ad esempio nell’osservare gli elementi
strutturali che delimitano una diga in montagna, e quindi il pieno e il vuoto
creato dall’elemento dell’acqua rispetto ai due fronti in cui viene diviso il
paesaggio circostante.
“Trasportando
il nostro pensiero alle architetture visitate, “torna alla mente ….”
Se un teatro dell’opera deve proprio
assomigliare ad una barca a vela, si risparmierebbe costruendo le barche a vela a forma di teatri dell’opera. Ma il
gesto di Utzon crea Sidney: ne respira il cielo, ne proietta i volumi, ne
confronta gli spazi.”(19)
Adduciamo dalle parole di Bruno Zevi, la superficie di
una vela nei volumi della copertura del
teatro di Sidney.
4.5 Codice del Ritmo
Il “ RITMO”: questo
codice è rappresentato da: ” … la
scansione regolare nel tempo di suoni, ,accenti, movimenti. E’ il grado
di frequenza che identifica la ripetizione secondo regole ben precise di figure
o di forme architettoniche nello spazio dando luogo ad un’evoluzione centrale,
contrastante o contrapposta”. (3idem)
"Le diverse maniere di usare varie linee e i loro effetti
reciproci, il subordinarsi della linea singola ad un gruppo di linee o a un
complesso di linee, è un problema della composizione e oltrepassa, quindi, i
confini del mio assunto presente. ..... Mostreremo alcune combinazioni, senza
pretese di completezza, ma solamente come un accenno al processo di formazione
di figure più complesse."(3idem)
Prendendo spunto dalla definizione
di Wassily Kandinskij, e rapportandoci al nostro immaginario di riferimento,
abbiamo definito il ritmo come la rappresentazione di elementi geometrici che
si muovono nello spazio generando delle figure
contenenti scansioni temporali, che ci hanno portato a definirne tre
aggettivi per noi fortemente caratterizzanti:
Ø
Ritmo Centrale : ovvero la
ripartizione speculare di una serie di elementi che si sviluppano
ritmicamente prendendo origine da un
elemento geometrico , che chiameremo origine centrale , posizionato appunto
centralmente rispetto al piano di riferimento sul quale si sviluppa e cresce di
complessità la nostra nuova figura geometrica;
Ø
Ritmo Contrastante: in questo caso gli elementi
geometrici generati dalla scansione ritmica , avranno come risultato finale del
loro muoversi nello spazio, un andamento asimmetrico rispetto quello iniziale,
contrapposto appunto.Ad esempio rispetto a un asse di movimento alcuni elementi
si genereranno verso destra , mentre quelli diametralmente opposti si
genereranno con un movimento tendente verso sinistra.;
Ø
Ritmo Contrapposto: diversamente
dal ritmo sopra descritto ,gli elementi in gioco in questa situazione,
genereranno una nuova figura geometrica , diversa da quella di partenza, a
carattere speculare che tenderà però ad
avere i fuochi , o punti di fuga contrapposti all’asse centrale di rivoluzione.
4.5.a Adduzioni del ritmo
Nella natura ritroviamo il ripetersi degli elementi
che formano il paesaggio nelle più svariate forme con simmetrie e cadenze
ritmiche quali: le foglie che compongono il ramo di una felce, i petali di una
margherita (elementi geometrici che si sviluppano centralmente rispetto ad un
altro elemento come il pistillo).
I solchi disegnati sulla sabbia dal vento nel
deserto richiamano sulle dune una ritmicità , simile al movimento creato dalle
onde del mare.
In architettura abbiamo addotto dal nostro
immaginario di riferimento “ Moretti…
(l’accademia della scherma)… il suo solo capolavoro. Elenco dissonanza
tridimensionalità. In tono minore
scomposizione strutturale, spazio- tempo e continuum”(19bis).
La stessa idea del ritmo, l’abbiamo identificata nel
soffitto dell’atrio della “Stazione di
Roma “.
V
CAPITOLO
5.1 Scenario
“Il passaggio da un paradigma ad un'altro, ed il relativo procedere
ciclico verso un progressivo affinamento dell'ambiente virtuale scandiscono il
tempo della progettazione. Sino al
raggiungimento degli obiettivi che, sinteticamente, possono essere individuati
in:
l. Incremento della
riconoscibilita' del "fare progettuale" specifico del progettista.
2. Depurazione del progetto
da assiomi e categoricita' soggettive e casuali.
3. Incremento della
complessita' come apertura, multilateralita' di senso, capacita' di risposte
plurime a intersoggettivita' possibili.
4. Crescita di qualita' del
progetto come diminuzione del differenziale virtuale/immaginario, e come
crescita parallela dell'immaginario soggettivo di riferimento.
Il ciclo evoluzione normale / evoluzione eccezionale, che si esplicita
nelle due fasi di sviluppo/verifica interno al modello e di creazione di nuovi
modelli paradigmatici mediante "salti logoci", dovra' essere iterato
sino al raggiungimento degli obiettivi.
E' necessario procedere
senza cortocircuitare l'evoluzione.
L'incremento progressivo di complessita' e', simultaneamente, sia il
metro per valutare il ribaltamento di paradigma, che lo strumento di
addestramento,o del progetto all'imprevedibile. E' quindi strettamente connesso alla capacita' creativa di
produrre estraniamento. Ma e' anche, in
progress cio' che consente di accedere simultaneamente, senza che si elidano a
vicenda, agli obiettivi che, altrimenti, sarebbero irraggiungibili: la forte
riconoscibilita' della logica compositiva espressa soggettivamente dal
progettista, ed un'alta capacita' adattiva di rispondere in modo pertinente
alle imprevedibili richieste intersoggettive.”(2idem)
Definiti i nostri codici, abbiamo applicato gli stessi ad
un’occasione vicina alla nostra realtà
quotidiana.
Lo scenario è una sperimentazione
di controllo dell’elemento architettonico che accresce la sua identità,
attraverso i metodi ben esplicitati negli studi del professor Celestino Soddu e
della professoressa Enrica Colabella.
5.2 Il Contesto Ambientale
“Oltre e parallelamente a questi strumenti deve essere già ora
valutata la compresenza, nel momento di innesco del progetto, di un sistema
dinamico che comunque e' gia' in evoluzione, e col quale il progetto deve continuamente
collegarsi: l'ambiente, naturale o artificiale, nel quale il nuovo evento
sarà collocato. Il contesto di riferimento si trova infatti,
inequivocabilmente, in una situazione dinamica di crescita. Ed innescando il nostro progetto dovremmo,
per così dire, prendere al volo il
treno già in movimento dell'ambiente di riferimento.”(2idem)
Obbiettivo dell’applicazione dei
codici di trasformazione metaprogettuale nel’architetura naturale è
l’incremento dell’identità del luogo.
Per conseguire tale obbiettivo
attiviamo questi tre elementi architettonici:
Ø
l’innesto dell’artificiale con il naturale (elemento
anamorfico);
Ø
l’acqua, fonte di vita e di dinamicità (la fontana);
Ø
la rosa accelerata e generata dalla crescita.
Scegliamo un luogo dove
sperimentare i nostri codici: il Parco di Trenno a Milano in Zona San Siro.Questo parco è utilizzato come luogo di ricreazione ed
è uno dei pochi polmoni verdi di Milano.
Situato nella zona ovest di
Milano, tra i quartieri Lampugnano e Trenno, si trova il Parco Figura ( 9) di Trenno, una vasta area verde di 585.000
mq.
Originariamente si chiamava Parco Scheibler, dal nome dell’antico proprietario. Fu costituito nel 1971 su di un’area agricola, espropriando i terreni degli
agricoltori che vi risiedevano. A testimonianza di
ciò, restano oggi nel Parco due cascine, la Cascina Bellaria, da cui prende nome la strada che delimita il lato
ovest del parco, e la Cassinetta di
Trenno, situata in via Giorgi. Il Parco ha la forma di un quadrilatero allungato in
direzione nord-sud, diviso in due lotti e attraversato per tutta la sua
lunghezza da un viale centrale. Predominano
gli spazi aperti, con vasti prati incorniciati da file di alberi. La presenza dell’acqua è scarsa ed è
rappresentata da una roggia, la Santa Maria, che scorre nella parte sud,
mentre un’altra, la roggia Cagnola, vi scorreva fino agli anni
Settanta ed è oggi in secca.
Ci siamo posti inizialmente la
domanda: “Come incrementiamo l’identità di luogo naturale?”
Abbiamo individuato all’interno del
parco, i percorsi principali e abbiamo osservato che questi sono formati da dei
boulevard che tagliano longitudinalmente l’area verde.
All’interno del parco abbiamo
inoltre rilevato la collocazione in una
zona a latere del “cimitero degli inglesi”.
Fatto ciò abbiamo attraversato il
parco seguendo i percorsi esistenti ; sostando in alcuni punti e filmando con
la videocamera abbiamo colto girandoci attorno la visione multidinamica dello
stesso.
Il nostro percorso , che vuole
incrementare l’asse principale del parco, individua tre aggettivi fortemente
caratterizzanti: armonioso, sinuoso e circolare.
Da un quadro di Kandinskij “ Due
punti verdi”, abbiamo evidenziato un elemento riconducibile ad un percorso naturale, simile al segno leggibile in pianta creato naturalmente dal letto di un
fiume e/o alle forme sinuose di un serpente, e lo abbiamo proporzionato in
scala nel contesto dello scenario.
Il punto di partenza del percorso è
situato a nord–ovest, quale unico punto
di accesso principale dall’abitato circostante (metropolitana , parcheggi, e
nuove infrastrutture ) , avendo
individuato che sul fronte est vi è il
confine con l’area del “Trotter “ e del “Maneggio “ che creano una barriera di
confine , ad ovest invece vi è la presenza di una serie di campi agricoli
divisi dall’area del parco da un’arteria stradale , che si collega a sud
con la strada a grande percorrenza di
via Novara.
Il punto di arrivo del percorso è
situato a metà del parco e si raccorda con uno dei percorsi esistenti posto in
prossimità del “ Cimitero degli inglesi”.
La scelta dell’ubicazione di questo
punto vuole creare un’invito verso l’unico elemento architettonico presente nel
contesto naturale.
Lungo il percorso abbiamo quindi
inserito i tre elementi architettonici sopra descritti.
Come è possibile vedere dai render
all’interno del sito , tutte le nostre architetture esplicitano un carattere
di anamorfismo e sono frutto del paradigma organizzativo
derivato dalle regole addotte.
Dal punto di vista tecnologico,
come è possibile vedere dalle tavole
allegate , abbiamo sperimentato
l’utilizzo di strutture in acciaio che verranno rivestite con materiale
lapideo a mezzo ancoraggio meccanico.