RELAZIONE:

Prefazione:

Siamo Davide D’Ursi e Alessandro Penzi, due studenti laureandi di questa Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano. Il tema della nostra tesi è :

ARCHITETTURA NATURALE: CODICI DI TRASFORMAZIONE METAPROGETTUALE

Introduzione:

Tutto il nostro lavoro di tesi  parte da un comune interesse, gli  studi compiuti dal prof.  Celestino  Soddu e dalla prof.ssa Enrica Colabella  in ambito di Arte generativa. Come ben esplicitato nel libro “Generative Art’98” : “L'arte generativa, infatti,  costruisce il possibile creando regole evolutive in grado di generare eventi che, se da una parte sono imprevedibili e sorprendenti , dall'altra rispecchiano fedelmente l'identità e la riconoscibilità dell'idea e ne sono la naturale rappresentazione. Con l'arte generativa è possibile operare direttamente all'interno di un sistema  che controlla la complessità degli eventi, delle loro proposizioni e delle logiche a queste sottese. L’Arte Generativa è un modo di pensare e di progettare che ritrova uniti dallo stesso entusiasmo architetti e matematici, poeti e musicisti, fisici e semiologi, filosofi e pittori, ingegneri e designers.”(1)

 

Figura (1)

I – CAPITOLO

1.1 Obbiettivo

 

“ L’attrattore nella progettazione generativa, è l’idea riconoscibile del progettista……… E può essere realizzato operativamente come metaprogetto operativo, come codice generativo”.(3)

Obbiettivo principale del nostro lavoro è  quello di individuare una serie di codici , che ci permetteranno di generare scenari possibili. 

Per far ciò siamo partiti individuando tre categorie:

·        I QUADRI DI WASSILY KANDINSKIJ*

·        LA NATURA

·        L’ARCHITETTURA MONUMENTALE

 

Wassily KandinskyAPPENDICE  1

 

                                                     

 

 

 

 FIGURA (2)

Fotoritratto di Vasilij Kandinskij

 

 

Wassily Kandinsky (Vasily Kandinsky, Vasilij Kandinskij) nasce a Mosca nel 1866.
Dopo gli studi di giurisprudenza, decide di dedicarsi alla pittura. Per cui, all'età di trent'anni, si trasferisce a Monaco, dove frequenta l'accademia sotto Franz von Stuck.
Dal 1901 al 1904 fa parte del gruppo artistico "Phalanx".

Negli anni successivi, effettua viaggi e periodi di soggiorno all'estero, tra cui un anno a Parigi.
Tornato a Monaco, trascorre gran parte del tempo a Murnau, piccola località bavarese tra Monaco e le Alpi. Qui, in compagnia di Gabriele Münter, realizza vari paesaggi di gusto espressionista. Nel 1909 partecipa alla fondazione della "Neue Künstlervereinigung".
Gli anni 1911 e 1912 sono molto importanti. Abbandona l'associazione artistica. Avviene l'incontro con Franz Marc prima, e con Paul Klee poi. Insieme a loro fonda l'almanacco "Der Blaue Reiter". Il primo numero dell'almanacco esce nel 1912, e reca in copertina la riproduzione di un acquarello di Kandinsky. Nello stesso anno pubblica Über das Geistige in der Kunst (Lo spirituale nell'arte), dove espone le sue teorie artistiche.
Nello stesso periodo avviene la svolta astratta dell'artista, suggellata dalla realizzazione del Primo acquerello astratto (1910 o 1913), fondamentale punto di svolta nella sua pittura. Nascono molte delle prime Komposition e delle Improvisation.
Nel 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale, torna in Russia, dove viene nominato professore dei Laboratori artistici di Stato (1918). Qui realizza opere di impianto sempre più geometrico e meno espressionista.
Nel 1921 fa ritorno in Germania con la seconda moglie Nina. Viene chiamato da Gropius al Bauhaus, dove insegna ininterrottamente dal 1922 al 1933, seguendo l'istituzione nei suoi vari spostamenti, da Weimar a Dessau, e da Dessau a Berlino.
Al Bauhaus tiene il seminario sul colore nell'ambito del corso propedeutico e insegna pittura murale. Parallelamente, la sua pittura assume un'impronta nettamente geometrizzante, dominata dallo sfruttamento delle proprietà dinamiche della linea, del punto, delle superfici e dei diversi colori. Le sue ricerche trovano una loro teorizzazione nel saggio Punkt und Linie zur Fläche (Punto, linea e superficie) del 1926. In quegli anni si interessa anche di teatro ed è tra i membri del gruppo "Die Blauen Vier", con Itten, Feininger,KleeeJawlensky.
Con l'avvento del nazismo il Bauhaus viene chiuso. Le sue opere vengono sequestrate da tutti i musei tedeschi, e alcune figurano esposte nel 1937 alla mostra "Entartete Kunst". Ma Kandinsky aveva già abbandonato la Germania nel 1933, per trasferirsi a Neuilly-sur-Seine, vicino a Parigi. Qui muore nel 1944.

II - CAPITOLO

2.1 Catalizzatore.

Come possiamo innescare una progettazione?

Teoricamente dobbiamo porre qualcosa, nel nostro sistema in equilibrio, capace di scatenare un processo di trasformazione.  Una volta attivato il processo, sara' possibile controllarlo attraverso logiche progettuali.

Se si trattasse di un problema chimico, potremo rappresentare questa prima operazione come quella dell'innesco di una reazione.  Essa si attua, normalmente, ponendo un catalizzatore all'interno della miscela di elementi chimici presenti nel sistema.  Questa presenza rende possibile la trasformazione di un elemento chimico in un'altro.  Cio'avviene anche se il catalizzatore non compare direttamente nel processo che attiva. 0 meglio non compare ne' tra i reagenti ne' nei prodotti, ma solo come veicolo attraverso il quale l'evento accade.  La trasformazione, una volta innescata, segue le regole proprie di un divenire, e si svolge con il parametro indispensabile del fattore temporale, che non era presente nella fase precedente.Anche per innescare un divenire progettuale dobbiamo inserire  il fattore temporale e, probabilmente, utilizzare per questa attivazione un catalizzatore formale.

Nei racconti che i progettisti fanno del loro momento di innesco del progetto, del loro personale BIG BANG che da inizio al tempo del progettare, si evince che il catalizzatore può essere qualunque occasione purché capace di stimolare la formalizzazione delle richieste. Come nei processi chimici, molto di rado questo elemento catalizzante entra direttamente nei processi di trasformazione che attiva.

Quasi sempre esso è utile solo all’innesco e/o come stimolo al perdurare della trasformazione, ma solitamente non compare come componente dei risultati.”(2)                                                                                                                     Figura (3)

Il presupposto sul quale fonderemo  il nostro percorso metaprogettuale  è riconducibile ad un elemento che funge da CATALIZZATORE” all’interno della nostra discussione: “PUNTO, LINEA e SUPERFICIE”.

In particolar modo ci ha affascinato questo passo del libro: “ Se pensato in astratto il punto è idealmente piccolo e rotondo.E’ un cerchio idealmente piccolo.Ma sia  le  sue dimensioni che i suoi limiti sono relativi.Nella forma reale il punto può assumere un numero infinito di figure: la sua forma circolare può diventare dentellata, può sviluppare un’inclinazione verso altre forme geometriche e infine verso forme libere. Può avere angoli acuti e può inclinare verso il triangolo, e per il bisogno di una relativa immobilità può trasformarsi in un quadrato”.(3)

In "Punto, linea , superficie" W. Kandinshij elabora il suo metodo di rappresentazione, partendo dall'elemento più semplice, il punto, che interpretato come entità in movimento determina la linea geometrica e dai movimenti della linea si arriva alla creazione di superfici.

Il Punto:

Il punto infatti è l’elemento da cui si generano tutte le altre forme, la linea ne è infatti la sua più diretta conseguenza, il piano invece è la superficie rispetto la quale vengono studiati gli altri due elementi.

Il punto in astratto rappresenta “l’unione suprema e unica tra silenzio e parola”(3) ; basti pensare alla condizione in cui ci si trova all’inizio di ogni processo progettuale: un foglio bianco , una generale condizione di confusione e incapacità di prendere una direzione , paragonabile quindi al silenzio al vuoto. Il frame immediatamente successivo a questo è rappresentato al primo punto che fissiamo sul foglio, ovvero una traccia che diventa il punto di unione con la prima parola , o traccia, che innesca il processo progettuale. Il punto può generare effetti artistici che aumentano geometricamente d’intensità con l’aggiungersi dei seguenti elementi:

·                    Costruzione eccentrica. Ripetizione. Ritmi.

Il concetto di punto viene determinato dal rapporto con le grandezze.

Infatti la forma e i limiti del punto sono relativi, in quanto può muoversi verso forme geometriche e libere in maniera illimitata; è quindi da considerarsi l’elemento primario della “ grafica”.

In natura, il punto, è assimilabile allo spazio e ai numerosissimi corpi che lo popolano.

Tutto il mondo può essere considerato come una composizione cosmica.

In architettura il punto è il risultato dell’intersezione di più piani che devono volgersi verso di esso e da esso svilupparsi.

La Linea:

La linea abbiamo detto essere la più diretta conseguenza della traccia di un insieme di punti che generano quindi una complessità nello spazio generativo.

Kandinsky la definisce la forma più coincisa dell’infinito:

-         La linea orizzontale corrisponde al freddo;

-         La linea  verticale corrisponde all’infinta mobilità calda;

-         La linea diagonale e l’infinita mobilità caldo-freddo.

La linea quindi è l’unico elemento che in funzione del suo addensamento può creare una superficie; le linee spezzate e angolate entrano in una seconda categoria di linee , che serviranno a determinare il piano , la superficie.

Anche nella linea i limiti sono confusi e fluidi, tutto dipende dalle proporzioni e dal suo movimento.

La ripetizione può essere legata al rafforzamento quantitativo, o a quello qualitativo, entrambe mirati a generare una nuova complessità della forma.

Nella torre Eiffel , la linea soppianta per la prima volta la superficie, mettendo in evidenza una costruzione di linee e di punti nel piano.

L’arte attinge dalla natura, definendo le regole compositive e usando la linea come mezzo di sviluppo espressivo quali:

-         Parallelismo e contrasto;

-         Interno ed esterno.

 

La Superficie:

 

“Per « superficie di fondo » si intende la superficie materiale destinata ad accogliere il contenuto dell'opera.  La designeremo con la sigla SF.

La SF schematica è delimitata da 2 linee orizzontali e da 2 verticali, che la definiscono come entità autonoma nel suo ambito.

Una volta data la caratterizzazione delle orizzontali e delle verticali, il suono fondamentale della SF deve apparire chiaro da solo: due elementi della quiete fredda e due elementi della quiete calda sono due suoni doppi della quiete, che determinano il suono tranquillo -oggettivo della SF.

Il prevalere dell'una o dell'altra coppia, cioè il prevalere della larghezza o dell'altezza, determina, di volta in volta, il prevalere del freddo o del caldo nel suono oggettivo.  Così i singoli elementi vengono immessi fin da principio in un'atmosfera più fredda o più calda; e questa condizione non può più essere eliminata completamente in seguito, neppure da un grandissimo numero di elementi opposti - questo è un dato di fatto che non si deve mai dimenticare.  Naturalmente esso ci mette a disposizione molte possibilità di composiz ione.  Per esempio, un cumulo di tensioni attive che aspirano verso l'alto su una SF piuttosto fredda (formato largo) « drammatizzerà » sempre queste tensioni in qualche misura, perché in questo caso l'impedimento ha una forza particolare.  Questi impedimenti, se spinti oltre il limite, possono perfino condurre a sensazioni penose, anzi insopportabili. La forma più oggettiva della SF schematica è il quadrato - le due coppie di linee delimitanti hanno una uguale forza sonora.  Freddo e caldo si compensano reciprocamente.

La combinazione della SF più oggettiva con un unico elemento che porti anch'esso in sé il grado più alto di oggettività, ha per risultato una freddezza che somiglia alla morte - essa può valere come simbolo della morte.  Non per niente proprio il nostro tempo ha fornito esempi di tal genere.

Ma una combinazione « completamente » oggettiva di un elemento « completamente » oggettivo con una SF « completamente » oggettiva può essere concepita solo in senso relativo. Non si può mai raggiungere una assoluta oggettività.”(3bis)

Il passaggio da una figura elementare a figure sempre più complesse e dense di significato,  che W. Kandinskij  utilizza nelle sue opere, è stato il catalizzatore  che ci ha portato a identificare  dei codici da lui definiti e sperimentati,dai quali abbiamo definito  quindi  le regole e/o matrici che genereranno i nostri paradigmi.

III Capitolo

3.1 - Immaginario di riferimento.

“Il progettista utilizza le analisi di prestazione a posteriori come verifica della congruità dell’approccio operato. La scelta attuata deriva comunque direttamente dalla ricerca di sintonia con l’immagine mentale del mondo virtuale che egli, o chi per lui, ha potuto e saputo immaginare. Ma l’immaginario di riferimento è in perenne evoluzione. Ed  in evoluzione dovrebbero essere, nei progettisti gli scenari virtuali di ambienti fatti ad immagine dell’uomo, in mondi possibili ai quali riferirsi.”(2bis)

Le opere d'arte, così come  l’architettura monumentale e la natura, sono quindi i nostri strumenti, una sorta di appunto grafico  dal quale abbiamo costruito un codice che ci proietta nel tridimensionale, e che allo stesso tempo traccia un perimetro nel campo d’azione in cui ci muoveremo e trarremo spunti per le nostre argomentazioni, rappresentano quindi il nostro “IMMAGINARIO di RIFERIMENTO”.

“Il progetto che cresce è l'ambiente/contesto che si evolve sono due storie parallele che, oltre al fatto di essere intimamente connesse e interdipendenti, sono anche, strutturalmente, molto simili. Possono essere ambedue raccontate come strutture morfogeneticamente in evoluzione. L'approccio al contesto, inoltre, deve essere considerato con attenzione per ciò che riguarda la plausibilità ed accettabilità delle analisi dinamiche che possono essere attuate. Se infatti è indubbio che il contesto/ambiente di riferimento è in evoluzione, la dinamica evolutiva che noi leggiamo, e riproponiamo come modello dinamico capace anche di innescare il progetto, è frutto di una valutazione e interpretazione estremamente soggettiva, sia che si tratti di un contesto artificiale che naturale".(1bis)

3.2 – I quadri di Wassily Kandinskij.

 I canvas di W. Kandinskij, sono stati il primo elemento di discussione della nostra ricerca , frutto dell’osservazione e dello studio di uno dei maggiori maestri del Modernismo, dal quale ci siamo lasciati affascinare per poter fissare nella nostra mente e nel percorso di generazione metaprogettuale il primo segno, ovvero quell’elemento che ci ha permesso di varcare la soglia della confusione  perimetrando il nostro campo d’interesse.#

# APPENDICE  - 2

fig. (4) Wassily Kandinskij, Giallo, rosso, blu, 1925

Il quadro, realizzato nel 1925 e conservato attualmente in Francia, è tra le opere più famose di Kandinskij. Già dal titolo si intuisce come protagonista del quadro è solo il colore, che qui viene impostato soprattutto sui tre primari.

Nelle opere di Kandinskij l’armonia dei colore corrisponde a quella delle forme geometriche, con la ricerca di un effetto psicologico che va al di là del soggetto. Così Kandinskij nelle sue variazioni di motivi trasforma il soggetto in una corrispondenza armoniosa secondo ritmi soprattutto diagonali e secondo toni originati dal blu, rosso, giallo, in diverse gradazioni e sfumature.

Kandinskij parte dai colori, anzi, dall’accostamento dei colori con i suoni musicali. Nello «Spirituale nell’arte» fa corrispondere il giallo alla tromba, l’azzurro al flauto, al violoncello, al contrabbasso e all’organo, il verde al violino. Sostiene che il rosso richiama alla mente le fanfare, il rosso di cinabro la tuba o il cembalo, l’arancione una campana di suono medio o un contralto che suoni in largo. Che il viola suona come un corno inglese o come i bassi dei legni. Dopo aver collegato ciascun colore ad un suono, un profumo, un’emozione precisa, l’artista afferma che proprio grazie alle sue risonanze interiori, a seconda della sua diversità, ogni colore produce un effetto particolare sull’anima.

Il colore rosso per esempio può provocare l’effetto della sofferenza dolorosa, per la sua somiglianza al sangue. Il giallo invece, per semplice associazione col limone, comunica una impressione di acido. Alcuni colori possono avere una apparenza ruvida, pungente, mentre altri vengono sentiti come qualcosa di liscio, di vellutato, così di dar voglia di accarezzarli. Ma ognuno di essi corrisponde a delle forme che si distinguono nello spazio in modo preciso le une dalle altre. Ogni forma a sua volta, come il colore, ha una precisa corrispondenza: al cerchio associa il blu, al triangolo il giallo, al quadrato il rosso.      

                   

FIG. (5) Wassily Kandinskij, Composizione VII, 1913

 

I quadri ai quali Kandinskij riserva maggiore attenzione sono quelli che titola «Composizione». In tutto egli realizza dieci «composizioni» anche se le prime sette vengono realizzate in un breve arco di tempo (circa tre anni dal 1910 al 1913) mentre le ultime le realizza a distanza di decenni. In questa che porta il numero "VII" abbiamo un esempio classico della prima fase del suo astrattismo. Una quantità enorme di segni-colore creano una molteplicità di situazioni osservabili, anche se si fa fatica a cogliere un motivo unitario.

Kandinskij progetta la composizione di questo quadro in un acquerello preparatorio, eseguito in forma più semplice ma già perfettamente definita nelle sue parti. L’idea compositiva si basa sulla contrapposizione della parte destra con quella sinistra. Nella prima prevalgono i toni atmosferici dell’azzurro contornato dal viola; in essa si inseriscono in prevalenza segni grafici leggeri posti secondo un ordine di armonia geometrica. Nella metà di sinistra fa da sfondo un colore giallo che chiude lo spazio senza sfondamenti in profondità. In questa parte le forme che il pittore inserisce hanno una consistenza materica più densa. Prevalgono le campiture di colore rosse e azzurre in forme rettangolari, triangolari e rotonde. Come in moltissimi altri quadri, anche qui le campiture di colore definiscono dei piani trasparenti: nella sovrapposizione dei piani il colore che ne risulta è la somma dei colori dei piani adiacenti. In questo modo la pittura di Kandinskij, pur giocata solo sul piano del quadro, tende a suggerire una organizzazione tridimensionale che evoca uno spazio percettivo diverso, e più ampio, di quello naturale.

 

FIG. (6) Wassily Kandinskij “Ovale rosso” 1920

Nel periodo della crisi degli anni della rivoluzione,  Kandinsky passa continuamente da un idioma astratto indebolito a paesaggi del tardo Impressionismo, a quadri di fantasia ingenuo-romantici.

Nei quadri astratti tuttavia si fa sempre più evidente una tendenza verso la geometrizzazione dei singoli elementi figurativi, che da una parte è da ricondurre al particolare processo di chiarificazione di Kandinsky, dall' altra però sicuramente anche al clima artistico dell'avanguardia di Mosca, caratterizzato dal Costruttivismo e dal Suprematismo.  Nell'acquerello Composizione a colori lineare del 1920 il rapporto tra i due elementi, forma e colore, non ha tanto un effetto coattivo ma piuttosto libero e leggero.  Si può trovare una risposta più chiara all'arte dei suoi colleghi russi nel dipinto Ovale rosso (fig. 6).  Il centro che domina il quadro è costituito da una forma trapezoidale, usata in modo particolare nei quadri eseguiti in quel periodo dai suprematisti, che sembra tridimensionale e formata da diversi strati.  Kandinsky però contrappone questa superficie ad uno sfondo verde, riccamente modulato, creando così uno spazio con una sua atmosfera particolare, completamente in opposizione alla chiarezza e alla piattezza dei quadri dei suprematisti.  Inoltre, sulla forma gialla, è disseminata una quantità di punti, macchie, linee e superfici che egli analizza in questo periodo nell'ambito della sua attività artistico-pedagogica.  Anche lo «scalo della barca» ed il «remo» che sporge nello spazio verde circostante sono un'allusione al suo linguaggio formale del periodo di Monaco.

Questi ed altri lavori del periodo sovietico fanno rimpiangere chiaramente la forza e la decisione degli anni trascorsi a Monaco.  Nonostante la stasi artistica e l'isolamento, Kandinsky venne coinvolto nello sviluppo politico culturale del periodo che seguì la rivoluzione.  Dal 1918 al 1921 collaborò nei settori della pedagogia dell'arte e della riforma dei musei, in un'organizzazione chiamata IZO (Reparto d'arti figurative) del NARKOMPROS (Commissariato del popolo per la formazione culturale).  Ua il 1919 ed il 1920 pubblicò sei saggi, lavorò ad una «autodescrizione» e diede inizio alla pubblicazione del primo volume di un'enciclopedia d'arti figurative che tuttavia non venne mai pubblicata. Inoltre, come esperto della commissione statale per gli acquisti del «Museo della cultura pittorica», che avrebbe dovuto impiantare succursali in diverse città russe, era responsabile della scelta e della distribuzione dei lavori.  Kandinsky tuttavia esercitò il maggiore influsso come capo di un'officina nello SVOMAS moscovita (Libere officine statali d'arte).  Durante il periodo d'insegnamento universitario, dall'ottobre 1918, ideò uno speciale piano di studi, fondato sull'analisi di forme e colori, che costituì quindi un proseguimento del pensiero contenuto in «Sullo spirituale nell'arte». 

FIG. (7) Wassily Kandinskij “Alcuni cerchi” 1926

Un esempio migliore di questo pensiero è il quadro Alcuni cerchi (fig. 7).  Attorno ad un centro circolare blu scuro, a cui in parte si sovrappone, come in un'eclissi lunare, un altro cerchio nero, vagano cerchi più o meno grandi, dai colori vivi su uno sfondo marrone scuro.  Dall'intersezione di alcuni cerchi trasparenti si creano nuove tonalità di colore, nettamente differenziate.  Kandinsky aveva imparato ad utilizzare la trasparenza, un nuovo mezzo di raffigurazione, al Bauhaus, presso le officine di pittura su vetro e soprattutto grazie agli esperimenti con la luce di Ludwig Hirschfeld-Mack, di cui si servì anche Klee nei suoi dipinti.

La modificazione esteriore del Bauhaus era stata accompagnata anche da un consolidamento finanziario.  Era stato fondato un nuovo «Bauhaus GmbH» che s'occupava dell'utilzzo a livello commerciale della produzione di mobili, di lampade e della tipografia.  Il maggior successo lo ottennero, più tardi, i suoi tappeti.  Nel reparto tessile di Gunta Stólzl vennero sperimentate nuove fibre sintetiche.  Il Bauhaus cominciò ad orientarsi sempre di più sulla produzione industriale.  A Dessau l'offìcina di pittura murale venne affidata a Hinnerk Scheper che, a differenza di Kandinsky, non si dedicò alla pittura murale monumentale, quanto piuttosto ai problemi di un'architettura colorata interna ed esterna.  Sebbene Kandinsky avesse diretto quest'officina dal 1922 al 1925, non era riuscito ad imporre i suoi obiettivi.  La più convincente realizzazione del suo concetto di spazio, in cui forme e colori corrispondono, rimase l'arredamento del suo appartamento a Dessau

  All'idea di Kandinskij di una «sintesi scenica astratta» si avvicinò di più il teatro del Bauhaus con le figurine astratte di Schlemmer e le trame elementari.  (14)

# “Wassily Kandinskij  1866-1944: La rivoluzione della pittura” – Autore Hajo Duchting

3.2 – La Natura

Le nuvole così come i fiori , il movimento di un pesce nell’acqua come il movimento della ruota di un pavone  o ancora l’immagine del fuoco, nel buio della notte , descrivono forme  o esprimono concetti  che ci sono serviti per raccontare quelle che abbiamo definito come interpretazioni di regole soggettive che andranno a formare il nostro paradigma organizzativo.

3.3 – L’Architettura Monumentale

L’ultimo elemento , non per una gerarchia  preordinata  ma per puro ordine casuale, che  racconta il nostro immaginario di riferimento è identificato da quella serie di architetture a “carattere monumentale” che ci hanno lasciato un ricordo indelebile nella memoria.

La  fontana di Trevi a Roma , l’equilibrio dei volumi del Pantheon, il colonnato della piazza del popolo a Roma , l’armonia  delle piramidi della piana  di Giza  al Cairo, o la volumetria della  grande piramide di Ciceniza in Messico, hanno fatto riaffiorare quelle immagini e quei concetti basati sui rapporti geometrici delle figure  raccontate nel nostro catalizzatore.

IV CAPITOLO

4.1 Codici Generativi e Matrici:

Stabilito il nostro campo d’azione, nasce ora l’esigenza di formulare un’ipotesi soggettiva di organizzazione dell’iter  progettuale , la necessità di definire uno strumento di controllo della nostra evoluzione arrivando quindi ad identificare quello che nell’arte generativa viene indicato come il PARADIGMA INDIZIARIO.

“Il paradigma è quello strumento( di diversa natura: sia esso geometrico, dimensionale, topologico o gerarchico) che posso individuare in un elemento flessibile, il quale mi permette di formulare un'ipotesi soggettiva di organizzazione non solo degli elementi/richieste esistenti ma sopratutto di quelli a venire,sconosciuti e imperscrutabili.”(2tris)

La scelta dei codici estrapolati dal  nostro catalizzatore, il libro di Wassily Kandinskij “Punto, linea e superficie” è di tipo soggettivo.

L'obiettivo di questa fase è arrivare ad avere, come già ben illustrato nei trattati del Professore Soddu e della Professoressa Enrica Colabella ("Il progetto ambientale di morfogenesi" ed. Progetto Leonardo): "Uno strumento di controllo dell'evoluzione. Ogni progettista utilizza paradigmi indiziari di tipo differente, anche se normalmente contengono alcuni dispositivi di controllo di tipo geometrico, topologico, dimensionale, gerarchico e regole sul rapporto norma/eccezione. Possono anche contenere una struttura di controllo tipologico, ma divengono allora troppo condizionanti e restrittivi. …….. Il tipo è già matrice formale, e se si assumono gli aspetti tipologici come elementi strutturali condizionanti, di fatto si riduce la possibilità di sviluppo dell'idea. E' preferibile sistematizzare le richieste ed utilizzarle come elementi necessari ma fluttuanti ed agganciabili da ogni lato, come gli altri elementi/richieste in gioco…… L'attrattore che sta alla base di queste logiche, fondamento del progetto generativo è quello di riconoscerci nell'identità del progettista; le nuvole sono sempre riconoscibili come nuvole, le dune mantengono ed anzi incrementano con il vento la loro identità di dune; il DNA naturale è riconoscibile nonostante ogni evento sia unico ed imprevedibile, tutto ciò deriva dal fatto che un dispositivo operativo di generazione non è uno strumento fisico o una regola geometrica, bensì un'idea forte identificata nel progetto.” (2idem)

La capacità di riconoscere in esse una interpretazione personale del movimento, si esplicita  nei " REAGENTI", ovvero strumenti di lettura ed interpretazione che ci permetteranno di innescare quel processo di "PROGETTAZIONE"  che supera l’equilibrio e innesca  una logica progettuale riconoscibile in ogni punto  del nostro organigramma.

Abbiamo focalizzato il nostro interesse sulla bibliografia di Kandinskij scegliendo come nostro strumento di controllo una matrice di tipo geometrico:

"La geometrica è senza dubbio uno degli strumenti più efficaci. E' sicuramente un'indicazione di come cresce una struttura complessa prescindendo da indicazioni su che cosa debba contenere. E possiede un'ulteriore vantaggio: prescinde dalla scala, o meglio, attua un controllo sul progressivo passaggio da una scala all'altra, dalla totalità alla forma dei singoli componenti. Vi sono, naturalmente, molti tipi di geometria ai quali è possibile riferirsi nella costruzione di un paradigma. Dalla trama ortogonale alla geometria frattale." (1tris)

L'unicità e l'irripetibilità sono infatti intimamente legate, secondo la nostra interpretazione, alla rappresentazione di un sistema dinamico del " MOVIMENTO" che ciascuno forgia e sovrappone alla realtà che lo circonda, come proprio codice di lettura.

Con l’individuazione di regole e codici, frutto delle interpretazioni estrapolate dal nostro catalizzatore arriveremo ad esplicitare il “come ? ” e non il “perché?” delle nostre scelte,  incrementando di complessità  un contesto esistente affinché  l’identità del luogo venga rafforzata.

Partendo quindi da questa lettura e interagendo con il nostro immaginario di riferimento abbiamo estrapolato i “CODICI”  interpretativi legati ad una matrice organizzativa di tipo geometrico.

4.2 Codice Accelerazione

 “L'orizzontale o la verticale isolate dispongono di una quiete per così dire colorata, poiché il caldo e il freddo devono essere messi in rapporto con i colori.  Così anche il quadrato non deve essere definito come una forma incolore……….Come già è stato accennato, la SF ha, in linea di principio, due possibilità tipiche di accogliere gli elementi:

I.     gli elementi giacciono sulla SF in modo relativamente così materiale da accentuare il suono della SF con particolare forza, oppure

 

2.    il loro legame con la SF è così allentato, che il suono della SF non si unisce al loro; in certo modo esso sparisce e gli elementi « si librano » nello spazio, che però non conosce limiti precisi (specialmente in profondità).

La trattazione dei due casi appartiene alla teoria della costruzione e della composizione.  In particolare il secondo caso - la « distruzione » della SF - può essere chiaramente spiegato solo in connessione con le proprietà interne dei singoli elementi: il ritirarsi e lo avanzare degli elementi formali dilata la superficie in avanti (verso l'osservatore) e all'indietro, in profondità (lontano dall'osservatore), in maniera che la SF, come una fisarmonica, viene tirata in tutte e due le direzioni.”(3tris)

 

 “L’ACCELERAZIONE”: La  prima regola identificata  esplicita quella sensazione che si avverte osservando un oggetto da diversi punti di vista , sia esso fermo o in movimento, percependo che più la distanza aumenta, più la percezione dell’accelerazione è piccola.

Per far ciò, prendo un qualsiasi elemento geometrico o oggetto tridimensionale e fisso un punto di osservazione dello stesso.

Rifacendomi alla Fisica e sviluppando  la formula dell'accelerazione ottengo che a=4/S, dove S è la distanza  tra il punto di osservazione e il punto osservato.

Applicando questa formula a tutti i punti della nostra figura ne ottengo una diversa e accelerata, dovuta all’unione delle proiezioni dei vertici principali nello spazio.

In una fase successiva cambierò il punto di osservazione.

Compiendo lo stesso procedimento otterrò figure accelerate diverse a seconda del diverso punto di osservazione.

Di  conseguenza la mutevolezza di un oggetto osservato da diversi punti, in scansioni temporali successive, ci riconduce al concetto di ANAMORFOSI.

“L'anamorfosi non è altro che un diversivo prospettico, dove la forma prende il sopravvento, nascondendo o disvelando il proprio significato a seconda dell'angolazione dello sguardo dell'osservatore. (20) (In particolare si vedano i testi di Baltrušaitis).

Da questo processo vi è un chiaro ritorno alla memoria dello studio della quarta dimensione, compiuto attraverso i quadri di Kandinskij, che descrive quindi un flusso generativo che non identifica un punto di partenza e uno di arrivo identici, bensì la deformazione dello stesso nello spazio temporale.

4.2.a Adduzioni dell’accelerazione

Kiesler “definito il maggior architetto non costruttore, è in effetti un geniale designer che parte dalla scomposizione DeStijl per approdare al continuum della Endeless House … coinvolgimento strutturale”.(19)

I volumi esterni del Guggenihm  Museum, ci hanno ispirato l’idea dell’accelerazione attraverso le forme che sembrano generarsi dallo specchio d’acqua antistante l’edificio, per svilupparsi armonicamente verso il cielo .

4.3 Codice Crescita

·        La “CRESCITA”: abbiamo espresso la regola  attraverso  il concetto di  crescita raccontatao da W. Kandinskij “La spirale è una deviazione regolare del cerchio – la forza agente dall’interno supera in misura uniforme la forza esterna . Così la spirale è un cerchio che deraglia con regolarità.”.

 Da queste parole abbiamo addotto  il movimento descritto  da un elemento che cresce di complessità identificato nella figura della spirale.

Abbiamo inoltre addotto la nostra regola della crescita da questa definizione dell’ipercubo:

Se passando da un quadrato (due dimensioni) ad un cubo (tre dimensioni), si passa da un oggetto a quattro spigoli a uno a otto spigoli; il passaggio da un cubo a tre dimensioni a un ipercubo (cubo a più di tre dimensioni), esprime il concetto di crescita di un elemento geometrico nello spazio.”

Figura (8)

 

 

Successivamente abbiamo applicato la regola ad un elemento geometrico( ad esempio il cubo) e abbiamo eseguito questo procedimento per accrescerlo:

 

·         Prendo un elemento geometrico (es. il cubo), lo accresco creando un "array" (serie) di tipo polare, di "n" elementi multipli.

·         Genero così un nuovo elemento tridimensionale che rappresenta la nostra idea di crescita, o meglio il passaggio dall'elemento primario a una complessità geometrica riconoscibile.

“La crescita , si esplicita quindi in una tensione espressa dal punto geometrico in movimento”

Tale crescita , applicata ad un qualsiasi elemento tridimensionale o bidimensionale , consente allo stesso di incrementare la propria complessità.

Il carattere di complessità  può essere  concentrico o eccentrico a seconda che la tensione evolutiva si sviluppi verso l’esterno o verso l’interno del punto geometrico di partenza.

 

4.3.a Adduzioni della Crescita

Sant'Ivo alla Sapienza

“Similmente in Sant’ivo, Borromini per definire la pianta della chiesa fa uso di una geometria di triangoli equilateri, che in questo caso, sovrapposti e invertiti, si intersecano in modo da formare una stella.  Gli angoli di questa sono tagliati da linee curve alternatamente concave e convesse e opposte frontalmente; le prime determinano una spinta centrifuga, mentre le altre una spinta centripeta. Le intersezioni più interne dell'esagono, che risulta dall'intreccio dei triangoli, si collocano su una circonferenza e formano un esagono regolare ; la metà dei lati di questo corrisponde a sua volta ai raggi delle seinicirconferenze che definiscono gli spazi minori concavi che si aprono sull'invaso esagonale in corrispondenza delle estremità di un triangolo.  Ai limiti dell'altro triangolo le estremità convesse risultano da circonferenze con lo stesso raggio ed il centro nei vertici esterni del triangolo.  L'articolazione delle parti minori risulta anch'essa basata su una modularità rigorosa. Nel disegno del Borromini le parti concave stanno di fronte a quelle convesse determinando una situazione imprevedibile.  Queste strane forme sono ispirate all'emblema barberiniano dell'ape. L'esagono delinea uno spazio unitario articolato su pilastri giganteschi e sottolineato dal cornicione continuo che evidenze la forma a stella del piano base. ”(18)

Per noi questo esempio di  architettura è significativo nell’ambito dell’identificazione del codice della crescita.

 Dalla planimetria identifichiamo, attraverso il disegno geometrico dei triangoli alla base, un movimento che accresce l’intera volumetria dell’edificio, sviluppandosi tridimensionalmente verso lo spazio soprastante e descrivendo una forma a spirale nella cupola posta alla sommità dell’edificio.

Lo stesso movimento  di accrescimento della cupola, lo adduciamo nella natura attraverso  la sbocciare di un fiore.

Infatti l’elemento  geometrico identificato nel petalo della rosa genera un movimento a spirale che accresce di complessità l’oggetto fiore, nel momento in cui sboccia.

Quindi la rappresentazione di una possibile crescita dinamica evolutiva , viene esplicitata negli scenari che raccontano la nostra regola, in grado di accrescere di complessità e generare di conseguenza nuovi elementi sia nel campo geometrico.

4.4 Codice Accentuazione

· L’ACCENTUAZIONE”: codice che ci consente di evidenziare ed aumentare di complessità un qualsiasi elemento geometrico tramite una dinamica evolutiva.

Abbiamo individuato questa regola  nel rapporto tra le superfici di una  figura geometrica o di un oggetto, evidenziando il rapporto pieno-vuoto o quello esterno-interno.

"L'accentuazione è un graduale e spontaneo accrescersi o decrescersi della forza…….. La stessa linea con riduzione regolare della accentuazione raggiunge una maggiore tensione nell'ascesa.…….Linea curva geometrica in ascesa."(3idem)

Accentuiamo una superficie e/o un volume rispetto l’esterno riempiendo o chiudendo lo stesso.

Nel  caso del Pantheon, accentuiamo l’interno, “la sfera” (volume vuoto), con l’esterno,il cubo che la contiene ( volume  pieno), geometricamente diverso .

Accentuiamo una superficie e/o un volume moltiplicando le facce e/o i lati del proprio perimetro con offset del singolo elemento geometrico, con la disconnessione dei vertici.

 

4.4.a Adduzioni della Accentuazione

Identifico i codici dell’accentuazione, rispetto al mio immaginario di riferimento, ritrovando il discorso del rapporto pieno-vuoto, ad esempio nell’osservare gli elementi strutturali che delimitano una diga in montagna, e quindi il pieno e il vuoto creato dall’elemento dell’acqua rispetto ai due fronti in cui viene diviso il paesaggio circostante.

“Trasportando il nostro pensiero alle architetture visitate, “torna alla mente ….”

 Se un teatro dell’opera deve proprio assomigliare ad una barca a vela, si risparmierebbe costruendo le barche  a vela a forma di teatri dell’opera. Ma il gesto di Utzon crea Sidney: ne respira il cielo, ne proietta i volumi, ne confronta gli spazi.”(19)

Adduciamo  dalle parole di Bruno Zevi, la superficie di una vela  nei volumi della copertura del teatro di Sidney.

4.5 Codice del Ritmo

Il “ RITMO”: questo codice è rappresentato da: ” … la  scansione regolare nel tempo di suoni, ,accenti, movimenti. E’ il grado di frequenza che identifica la ripetizione secondo regole ben precise di figure o di forme architettoniche nello spazio dando luogo ad un’evoluzione centrale, contrastante o contrapposta”. (3idem)

 "Le diverse maniere di usare varie linee e i loro effetti reciproci, il subordinarsi della linea singola ad un gruppo di linee o a un complesso di linee, è un problema della composizione e oltrepassa, quindi, i confini del mio assunto presente. ..... Mostreremo alcune combinazioni, senza pretese di completezza, ma solamente come un accenno al processo di formazione di figure più complesse."(3idem)

Prendendo spunto dalla definizione di Wassily Kandinskij, e rapportandoci al nostro immaginario di riferimento, abbiamo definito il ritmo come la rappresentazione di elementi geometrici che si muovono nello spazio generando delle figure  contenenti scansioni temporali, che ci hanno portato a definirne tre aggettivi per noi fortemente caratterizzanti:

Ø     Ritmo Centrale : ovvero la ripartizione speculare di una serie di elementi che si sviluppano ritmicamente  prendendo origine da un elemento geometrico , che chiameremo origine centrale , posizionato appunto centralmente rispetto al piano di riferimento sul quale si sviluppa e cresce di complessità la nostra nuova figura geometrica;

Ø     Ritmo Contrastante: in questo caso gli elementi geometrici generati dalla scansione ritmica , avranno come risultato finale del loro muoversi nello spazio, un andamento asimmetrico rispetto quello iniziale, contrapposto appunto.Ad esempio rispetto a un asse di movimento alcuni elementi si genereranno verso destra , mentre quelli diametralmente opposti si genereranno con un movimento tendente verso sinistra.;

Ø      Ritmo Contrapposto: diversamente dal ritmo sopra descritto ,gli elementi in gioco in questa situazione, genereranno una nuova figura geometrica , diversa da quella di partenza, a carattere speculare  che tenderà però ad avere i fuochi , o punti di fuga contrapposti all’asse centrale di rivoluzione.

4.5.a Adduzioni del ritmo

Nella natura ritroviamo il ripetersi degli elementi che formano il paesaggio nelle più svariate forme con simmetrie e cadenze ritmiche quali: le foglie che compongono il ramo di una felce, i petali di una margherita (elementi geometrici che si sviluppano centralmente rispetto ad un altro elemento come il pistillo).

I solchi disegnati sulla sabbia dal vento nel deserto richiamano sulle dune una ritmicità , simile al movimento creato dalle onde del mare.

In architettura abbiamo addotto dal nostro immaginario di riferimento “ Moretti… (l’accademia della scherma)… il suo solo capolavoro. Elenco dissonanza tridimensionalità. In  tono minore scomposizione strutturale, spazio- tempo e continuum”(19bis).

La stessa idea del ritmo, l’abbiamo identificata nel soffitto dell’atrio della  “Stazione di Roma “.

V  CAPITOLO

5.1 Scenario

“Il passaggio da un paradigma ad un'altro, ed il relativo procedere ciclico verso un progressivo affinamento dell'ambiente virtuale scandiscono il tempo della progettazione.  Sino al raggiungimento degli obiettivi che, sinteticamente, possono essere individuati in:

l.       Incremento della riconoscibilita' del "fare progettuale" specifico del progettista.

2.      Depurazione del progetto da assiomi e categoricita' soggettive e casuali.

3.      Incremento della complessita' come apertura, multilateralita' di senso, capacita' di risposte plurime a intersoggettivita' possibili.

4.      Crescita di qualita' del progetto come diminuzione del differenziale virtuale/immaginario, e come crescita parallela dell'immaginario soggettivo di riferimento.

Il ciclo evoluzione normale / evoluzione eccezionale, che si esplicita nelle due fasi di sviluppo/verifica interno al modello e di creazione di nuovi modelli paradigmatici mediante "salti logoci", dovra' essere iterato sino al raggiungimento degli obiettivi.

E' necessario procedere senza cortocircuitare l'evoluzione.  L'incremento progressivo di complessita' e', simultaneamente, sia il metro per valutare il ribaltamento di paradigma, che lo strumento di addestramento,o del progetto all'imprevedibile.  E' quindi strettamente connesso alla capacita' creativa di produrre estraniamento.  Ma e' anche, in progress cio' che consente di accedere simultaneamente, senza che si elidano a vicenda, agli obiettivi che, altrimenti, sarebbero irraggiungibili: la forte riconoscibilita' della logica compositiva espressa soggettivamente dal progettista, ed un'alta capacita' adattiva di rispondere in modo pertinente alle imprevedibili richieste intersoggettive.”(2idem)

Definiti i nostri  codici, abbiamo applicato gli stessi ad un’occasione  vicina alla nostra realtà quotidiana.

Lo scenario è una sperimentazione di controllo dell’elemento architettonico che accresce la sua identità, attraverso i metodi ben esplicitati negli studi del professor Celestino Soddu e della professoressa Enrica Colabella.

 

5.2 Il Contesto Ambientale

 “Oltre e parallelamente a questi strumenti deve essere già ora valutata la compresenza, nel momento di innesco del progetto, di un sistema dinamico che comunque e' gia' in evoluzione, e col quale il progetto deve continuamente collegarsi: l'ambiente, naturale o artificiale, nel quale il nuovo evento sarà  collocato.  Il contesto di riferimento si trova infatti, inequivocabilmente, in una situazione dinamica di crescita.  Ed innescando il nostro progetto dovremmo, per così  dire, prendere al volo il treno già in movimento dell'ambiente di riferimento.”(2idem)

Obbiettivo dell’applicazione dei codici di trasformazione metaprogettuale nel’architetura naturale è l’incremento dell’identità del luogo.

Per conseguire tale obbiettivo attiviamo questi tre elementi architettonici:

Ø     l’innesto dell’artificiale con il naturale (elemento anamorfico);

Ø     l’acqua, fonte di vita e di dinamicità (la fontana);

Ø     la rosa accelerata e generata dalla crescita.

Scegliamo un luogo dove sperimentare i nostri codici: il Parco di Trenno a Milano in Zona San Siro.Questo parco è utilizzato come luogo di ricreazione ed è uno dei pochi polmoni verdi di Milano.

Situato nella zona ovest di Milano, tra i quartieri Lampugnano e Trenno, si trova il Parco                    Figura  ( 9)                           di Trenno, una vasta area verde di 585.000 mq.

Originariamente si chiamava Parco Scheibler, dal nome dell’antico proprietario. Fu costituito nel 1971 su di un’area agricola, espropriando i terreni degli agricoltori che vi risiedevano. A testimonianza di ciò, restano oggi nel Parco due cascine, la Cascina Bellaria, da cui prende nome la strada che delimita il lato ovest del parco, e la Cassinetta di Trenno, situata in via Giorgi.  Il Parco ha la forma di un quadrilatero allungato in direzione nord-sud, diviso in due lotti e attraversato per tutta la sua lunghezza da un viale centrale. Predominano gli spazi aperti, con vasti prati incorniciati da file di alberi. La presenza dell’acqua è scarsa ed è rappresentata da una roggia, la Santa Maria, che scorre nella parte sud, mentre un’altra, la roggia Cagnola, vi scorreva fino agli anni Settanta ed è oggi in secca.

Ci siamo posti inizialmente la domanda: “Come incrementiamo l’identità di luogo naturale?”

Abbiamo individuato all’interno del parco, i percorsi principali e abbiamo osservato che                                   questi sono formati da dei boulevard che tagliano longitudinalmente l’area verde.

All’interno del parco abbiamo inoltre rilevato la collocazione in  una zona a latere del “cimitero degli inglesi”.

Fatto ciò abbiamo attraversato il parco seguendo i percorsi esistenti ; sostando in alcuni punti e filmando con la videocamera abbiamo colto girandoci attorno la visione multidinamica dello stesso.

Il nostro percorso , che vuole incrementare l’asse principale del parco, individua tre aggettivi fortemente caratterizzanti: armonioso, sinuoso e circolare.

Da un quadro di Kandinskij “ Due punti verdi”, abbiamo evidenziato un elemento riconducibile ad un percorso  naturale, simile al segno leggibile in  pianta creato naturalmente dal letto di un fiume e/o alle forme sinuose di un serpente, e lo abbiamo proporzionato in scala nel contesto dello scenario.

Il punto di partenza del percorso è situato  a nord–ovest, quale unico punto di accesso principale dall’abitato circostante (metropolitana , parcheggi, e nuove infrastrutture )  , avendo individuato che sul fronte est  vi è il confine con l’area del “Trotter “ e del “Maneggio “ che creano una barriera di confine , ad ovest invece vi è la presenza di una serie di campi agricoli divisi dall’area del parco da un’arteria stradale , che si collega a sud con  la strada a grande percorrenza di via Novara.

Il punto di arrivo del percorso è situato a metà del parco e si raccorda con uno dei percorsi esistenti posto in prossimità del “ Cimitero degli inglesi”.

La scelta dell’ubicazione di questo punto vuole creare un’invito verso l’unico elemento architettonico presente nel contesto naturale.

Lungo il percorso abbiamo quindi inserito i tre elementi architettonici sopra descritti.

Come è possibile vedere dai render all’interno del sito , tutte le nostre architetture esplicitano un carattere di  anamorfismo  e sono frutto del paradigma organizzativo derivato dalle regole addotte.

Dal punto di vista tecnologico, come è possibile  vedere dalle tavole allegate , abbiamo sperimentato  l’utilizzo di strutture in acciaio che verranno rivestite con materiale lapideo a mezzo ancoraggio meccanico.

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