2. IL SITO

2.1. IL CONTESTO AMBIENTALE E IL “GENIUS LOCI”

“Un luogo è uno spazio dotato di un carattere distintivo. Fin dall’antichità il genius loci, lo spirito del luogo, è stato considerato come quella realtà concreta che l’uomo affronta nella vita quotidiana.
Fare architettura significa visualizzare il genius loci: il compito dell’architetto è quello di creare luoghi significativi per aiutare l’uomo ad abitare.”

IL LUOGO
La parola luogo è un termine che concretamente ci permette di definire l’ambiente; l’ambiente non inteso materialmente come composto di oggetti vari, ma come situazione emozionale complessa. Il luogo è dunque una parte integrante dell’esistenza, fatto certamente anche di oggetti e colori, i quali però costituiscono il «carattere ambientale».
In generale il luogo è definito dal suo carattere, inteso qualitativamente, ma non può essere ridotto ad alcuna delle sue caratteristiche. Dobbiamo fare appello alla filosofia Heideggeriana per avere un aiuto a comprendere il significato di luogo, estraniandoci dalla interpretazione istintiva che ci conduce alla visione di una localizzazione materiale.
Haidegger sostiene: “Il modo in cui tu stai ed io sto, il modo in cui gli esseri umani stanno sulla terra, è abitare” ; e ciò si svolge sotto il cielo, tra la terra ed il cielo. Ed ancora: “Le cose edificate avvicinano all’uomo la terra come paesaggio abitato e allo stesso tempo collocano sotto la volta del cielo l’intimità dell’abitare insieme” ; «cose edificate» collegate al loro ambiente dall’essere solidali al suolo a dall’innalzarsi verso il cielo.
La struttura del luogo definisce il paesaggio, costituito da un organizzazione spaziale e dal suo «carattere», che denota l’atmosfera generale del paesaggio. Non bisogna però confondere l’aspetto tridimensionale con l’atmosfera in quanto organizzazioni spaziali simili possono presentare caratteri assai differenti.
Il problema del carattere è stato preso raramente in considerazione dall’architettura corrente. Solo negli ultimi tempi questo è venuto a galla rendendo consapevoli gli architetti che il carattere può essere evidenziato solo con l’edificazione, che deve avvenire secondo i criteri della visualizzazione, simbolizzazione e del raduno. In altri termini l’uomo tende a manifestare un carattere del sito in cui opera visualizzando la struttura naturale attraverso dei simboli, dopo di che li raduna per crearsi un proprio microcosmo.
“Lo scopo esistenziale dell’edificare (l’architettura) è dunque quello di trasformare un sito in un luogo, ossia di scoprire i significati potenzialmente presenti nell’ambiente dato a priori” , anche se la struttura del luogo è una condizione mutevole. Un luogo può essere comunque interpretato in modi diversi, concretizzando il genius loci in contesti storici ed ambientali sempre diversi perché in evoluzione.
Quando un uomo abita un luogo è esposto al suo carattere ambientale secondo due funzioni psicologiche legate all’abitare: l’orientamento e l’identificazione. L’uomo, per vivere, deve essere in grado di orientarsi, sapere dove si trova, ma anche di identificarsi col luogo in cui dimora, in modo da sentirsi a casa. Tuttavia nella società moderna troppo spesso l’identificazione col luogo è lasciata al caso, senza essere consapevoli che l’identità dell’uomo presuppone l’identità del luogo. Si progetta ponendo tutta l’attenzione sulle funzioni pratiche e si provoca così nell’uomo un vero e proprio senso di alienazione.

IL LUOGO NATURALE
Lo studio dei luoghi naturali può essere meglio compreso se sviluppato con l’aiuto della mitologia, intesa come cognizione dell’ambiente naturale tramite esperienze primordiali con i fenomeni della natura. L’uomo, originariamente incorporato nella natura e subordinato ad essa, sviluppa le sua qualità mentali e percettive in relazione ad esperienze definite in essa.
In questa maniera fatti naturali come il cielo e la terra assumono il ruolo di elementi generatori delle cose percettibili, così come l’albero assurge al ruolo di elemento d’incontro tra il cielo e la terra. L’acqua è un altro elemento fondamentale delle cosmogonie arcaiche, e rappresenta la vita, la sostanza primordiale.
La scansione naturale del tempo definita dall’alternarsi della luce e del buio, l’orientamento stabilito dalla direzionalità di montagne o fiumi, la formalizzazione ideale del pianeta, sono tutte occasioni di affermazione di un ordine cosmico preciso; così come la caratterizzazione dei luoghi naturali, cara ai Greci, definiva una vera e propria personalità da attribuire all’aspetto paesaggistico naturale e al dio ad esso attribuito.
Tutti questi aspetti dell’interpretazione dei fenomeni naturali (le cose, la luce, l’ordine, il carattere), concorrono a fornirci una conoscenza concreta della natura, in modo da capire anche il vero genius loci che definisce il luogo naturale.
Ma cosa è, praticamente, il «luogo naturale»? Il luogo naturale è definito da vari livelli di percezione, che vanno dall’immensità di una catena montuosa alla piccola ombra di un ramo.
Dunque la qualità più immediata di un luogo è la dimensione, che si manifesta secondo generalità diverse (ad esempio un terreno può essere sconnesso o relativamente liscio), ma anche la presenza di elementi importanti che centralizzano lo spazio non deve essere sottovalutata, specialmente se questi sono dimensionalmente tali da essere facilmente percepiti dall’uomo, così da attirarne l’attenzione.
Anche le caratteristiche superficiali, determinate dal materiale compositivo e dalla presenza di elementi estranei quali acqua o vegetazione, contribuiscono a definire il luogo, e dunque le sue caratteristiche di accoglienza o di repulsione della presenza umana.
Essere sulla terra significa stare sotto il cielo, quel cielo che possiede una grande potenza caratterizzante, grazie alla qualità della sua luce e alla conformazione particolare delle nubi. Quello stesso cielo che ci fa sentire allegri o tristi, che ci da una sensazione di sicura accoglienza se si intravede tra due alberi o di infinita libertà se lo ammiriamo da una sconfinata pianura.
Christian Norberg Shultz distingue i paesaggi naturali secondo la predominanza del cielo sulla terra o viceversa, e secondo i rapporti esistenti tra questi fattori e altri di cui prima ho detto; in particolare il Shultz identifica tre tipologie di paesaggio naturale.
Il paesaggio romantico, si distingue dagli avvallamenti del terreno, privo di continuità, dai contorni definiti dagli alberi, dall’importante presenza dell’acqua corrente e dai giochi policromi di luci ed ombre prodotti dal sole; esempio emblematico di tale tipologia è il paesaggio nordico.
Opposto al paesaggio romantico c’è il paesaggio cosmico, ben rappresentato dal deserto, in cui i fenomeni si riducono a pochi ed elementari. L’ordine assoluto che regna in tale ambiente è manifesto nella calma degli eventi locali, interrotta saltuariamente solo da una tempesta di sabbia.
Il paesaggio classico si pone in una posizione intermedia tra i due precedenti; il terreno non è continuo ma nemmeno ondulato, gli elementi alla scala umana sono molti e si distinguono in maniera definitiva i rilievi. Insomma, nel paesaggio classico l’ordine degli elementi compositivi è ben percettibile, così come sono ordinati chiaramente i luoghi individuali distinti. Nel paesaggio classico l’individuo non viene assorbito da un sistema astratto, come non deve difendersi da esso ma si pone su di un piano paritario con la natura, interagendo con essa e adempiendo agli aspetti più importanti dell’abitare.
Grazie alle tre definizioni date dallo Schultz, assieme a tutte le sfumate combinazioni possibili tra i caratteri dei tre tipi di paesaggio, è possibile studiare e comprendere il genius loci di un sito naturale.

IL LUOGO ARTIFICIALE
“Creare un luogo significa esprimere l’essenza dell’essere”.
Ma come riuscire a compiere un atto tanto nobile e importante?
La strada da percorrere ci è indicata dalla storia dell’uomo. Durante l’evoluzione egli ha cercato di abitare i luoghi scoperti «trasformandoli» in posti accoglienti, che lo facessero sentire a casa. In realtà l’operazione da egli compiuta non consiste in una trasformazione ma in una simbolizzazione dei significati già presenti nel sito naturale.
L’uomo da sempre ha simbolizzato i significati naturali nelle proprie costruzioni artificiali. Basti pensare alle caverne, rappresentanti della totalità del mondo, oppure alle piramidi egizie, le quali erano montagne artificiali che collegavano la terra al cielo evidenziando la posizione di oasi fertili; il tempio ionico era un bosco sacro, così come i menhir erano il simbolo delle forze sessuali dell’uomo.
I Romani, successivamente, visualizzarono l’ordine cosmico mediante l’intersezione ortogonale del cardo col decumano, dai quali nacque la moderna concezione di quartiere (quarta parte dello spazio urbano derivato dall’intersezione degli assi).
Fu però la civiltà greca a fare il passo decisivo per l’evoluzione del linguaggio formale, tramite la definizione precisa di tipi diversi di luoghi naturali, con riferimento a caratteri umani fondamentali. Gli ordini furono l’entità differenziatrice dei templi, i quali simbolizzavano la presenza di un preciso carattere.
“Il luogo artificiale visualizza, complementa e simbolizza la conoscenza dell’ambiente da parte dell’uomo.” Ma il luogo artificiale è caratterizzato soprattutto dalle sue possibilità di apertura, dal rapporto interno-esterno, che è la vera essenza dell’architettura; secondo Robert Venturi “l’architettura si produce all’incontro di forze di uso e di spazio sia interne che esterne”. Anche le modalità di elevazione e di appoggio degli elementi architettonici, però, determinano il carattere del luogo in quanto costituisce la modalità di rapporto tra il cielo e la terra.
L’architettura va quindi interpretata non come la semplice azione atta alla costruzione di manufatti aventi funzione di riparo, ma come l’azione che permette la messa in opera di un luogo.
Come per il luogo naturale anche per quello artificiale si possono differenziare tre tipologie di caratteri che, producendo effetti emotivi simili a quelli già illustrati per i luoghi naturali, assumono la stessa denominazione.
L’architettura romantica si distingue per la molteplicità e la varietà, dalla quale apparentemente non traspare un ordine stabilito; è dinamica, vivace e fortemente espressiva di una atmosfera intensa e fantasiosa, grazie a forme che assomigliano a quelle naturali. La città medioevale è l’insediamento romantico per eccellenza, per la sua apparente illogicità e per la varietà delle membrature.
L’architettura cosmica è invece caratterizzata da una forte uniformità ed ordine. Si manifesta con forme statiche, come fosse la rivelazione di un ordine nascosto che viene a manifestarsi grazie ad una marcata geometria (spesso una griglia regolare ed ortogonale); definisce perciò un carattere astratto composto da volumi e superfici smaterializzate come si può ben rilevare dalle architetture che possiamo elevare a massima espressione dell’architettura cosmica: le costruzioni islamiche.
Per classica si intende quella architettura caratteristica per l’ordinata organizzazione logica dei singoli elementi, distinti tra loro da personalità proprie; le sue forme appaiono come una composizione consapevole di elementi singoli, in relazione tra loro ma comunque differenti l’uno dall’altro. Abbiamo chiaramente fatto delle allusioni all’architettura greca, archetipo dell’architettura classica, seguita più tardi da quella rinascimentale.
Come avviene per il luogo naturale, anche per quello artificiale è difficile trovare una manifestazione pura di uno degli archetipi testé illustrati.

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