DIARIO DI VIAGGIO: TAVOLA XIII, SECONDO STATO

 

Lo spettacolo che si presenta alla mia vista è impressionante.

Mi trovo nei pressi di un enigmatico attrezzo di legno a forma di treppiede. In una delle travi sono infissi dei pioli, di legno o di ferro. Questa parte del carcere è in penombra.

Dietro il treppiede c’è un pozzo in mattoni, massiccio e usurato dal tempo. Aguzzando la vista mi accorgo che il pozzo è sopraelevato; infatti posso a scorgere alcuni gradini di forma vagamente circolare. Su uno di essi sta seduto un carcerato.

Un secchio penzola sopra al pozzo, appeso ad una fune. La carrucola non è ancorata al solito sostegno metallico fissato alla vera del pozzo; stavolta è più in alto. Due travi di legno, incastrate nella parete di una costruzione di pietre squadrate, formano con essa un primitivo argano.

Un’estremità della fune è assicurata ad un grosso anello metallico posto in un accesso ricavato nel muro dell’edificio. Sopra l’ingresso sta un’apertura ovale munita di grata. Una scala a pioli poggia sul fianco della costruzione.

Volgendo lo sguardo a destra, un basamento di blocchi di pietra si staglia in primo piano; è munito di anelli ai quali sono appese grosse catene, e in basso è presente una piccola apertura (probabilmente una bocca di areazione per i sotterranei). Sul basamento è posto un piolo sormontato da un anello.

Una lunga gradinata attraversa la scena, ed è interrotta, a partire da una certa quota, da tozze costruzioni. Sono probabilmente dei cubicoli, muniti di un’apertura frontale il cui accesso è impedito da robuste sbarre di ferro. Dalla posizione in cui mi trovo ne posso scorgere chiaramente due; un terzo cubicolo lo intravedo guardando dietro al pozzo. Nei pressi del cubicolo centrale sta un oggetto di foggia strana, simile ad un segmento di ruota dentata, al quale è appeso un uomo. La ripida gradinata conduce ad alcune costruzioni, tra cui un massiccio pilastro che pare reggere alcune arcate. Dietro al pilastro si eleva una costruzione a ponte di forma inconsueta. Il ponte è sorretto da due archi gemelli tra i quali è presente una consistente intercapedine. Sul piano superiore del ponte corre una ringhiera che prosegue fino ad una gradinata molto ripida che conduce ad un livello ancora superiore. Alcuni blocchi di pietra sporgono dalla parete in vista del ponte.

Sulla sinistra del pilastro intravedo un arco, che scompare dietro l’edificio con l’apertura ovale. Un’altra costruzione ad arcate si trova in secondo piano, quasi invisibile oltre una cortina di fumo o di foschia...

Gruppi di persone sostano in punti diversi di questa parte del carcere, intenti a camminare oppure a discorrere.

È giunto il momento di iniziare il viaggio...


Sto esaminando ancora una volta la tavola, allo scopo di comprendere il maggior numero di particolari. In alcuni punti è talmente dettagliata che mi gira la testa...

Poco fa mi sono scoperto a fantasticare intorno allo strano oggetto in primo piano, vicino al pozzo. Due cunei di legno sono conficcati nel terreno, nei pressi della gamba sinistra. Non riesco a capirne la funzione. Probabilmente servono a dare maggiore stabilità al treppiede, a puntellarlo in qualche modo...

Devo trovare un modo di semplificare il disegno, almeno per il momento, così da potermi concentrare sugli edifici principali.

Ho ridotto le dimensioni della tavola. L’immagine di partenza era troppo grande: non voglio correre il rischio che l’assonometria raggiunga dimensioni eccessive.

Non c’è voluto un grosso sforzo per capire come fare per non essere disorientato dall’infinità di segni tracciati da Piranesi... Ho fissato l’incisione sul retro di un foglio di carta da lucido, sul quale ho riportato le rette delimitanti gli spigoli dei corpi architettonici e delle varie travature.

Quanti punti di fuga posso ricavare in base alle direzioni di tali rette?


Ho deciso di riportare sul lucido anche le linee che individuano alcuni dei corsi di pietre disegnati da Piranesi. Praticamente tutte le linee concorrono in 3 o 4 punti di fuga, a due a due assai prossimi tra loro: due a sinistra e due a destra della tavola.

La vicinanza tra i punti mi ha insospettito. Voglio cercare di modificare leggermente l’inclinazione di alcune di queste rette, senza falsare troppo il disegno di Piranesi. D’altra parte le costruzioni non sono delimitate da un tratto netto; il lavoro di ombreggiatura e di realizzazione delle sfumature lo ha portato a realizzare dei contorni incerti, che possono essere individuati in modo del tutto soggettivo.

Gli aggiustamenti necessari per portare tutte le rette già tracciate in due punti di fuga distinti - uno a destra e uno a sinistra della tavola - si sono rivelati minimi. Per tale motivo ritengo accettabile tale operazione. Non solo ciò semplifica alcuni aspetti del lavoro di lettura; in un certo senso ciò conferma l’impressione che avevo avuto osservando la tavola, ossia che le varie costruzioni - gli ingressi con le sbarre, il basso basamento, il pilastrone, gli edifici ad arcate - fossero costituite da facce verticali giacenti su piani paralleli a due direzioni ortogonali in pianta.


Sono stato assalito da uno strano pensiero: che Piranesi abbia fatto il furbo? Ossia che abbia realizzato in parte una prospettiva canonica, segnando con linee leggere a matita le direzioni prospettiche della parte monumentale della tavola, e che poi le abbia celate sotto uno spesso strato di segni realizzati a mano libera... E che altrettanto a mano libera abbia realizzato parte delle arcate - come quelle sullo sfondo - ed alcuni elementi di arredo - il lampadario, l’oggetto in primo piano, ...

Probabilmente non si tratta di un’ipotesi tanto peregrina, visto che ai tempi di Piranesi questo modo di operare costituiva una prassi quasi universalmente accettata tra gli artisti.

Inoltre, egli non deve avere incontrato soverchie difficoltà nel piazzare i nuovi edifici sul disegno della prima versione, poiché i due punti di fuga sono determinabili attraverso le linee degli spigoli delle parti rimaste invariate (basamento, gradinata, ingressi, pilastro).

Nonostante il dubbio permanga, ritengo però che la buona precisione rilevabile nella parte monumentale della tavola debba piuttosto ascriversi alla perizia manuale di Piranesi ed alle sue notevoli capacità di controllare mentalmente l’evoluzione di un evento spaziale complesso.


Ho stabilito la posizione definitiva dei punti di fuga già individuati. Con un leggerissimo spostamento verticale di uno dei suddetti punti ho fatto sì che la retta che li unisce fosse parallela alla base della tavola. D’ora in avanti essa costituirà la linea d’orizzonte dell’osservatore piranesiano. La linea di terra sarà invece la retta passante per la base della tavola.

In tale modo ho potuto determinare una possibile altezza del punto di osservazione. Si tratta di un osservatore molto basso, se paragonato alle figure umane disegnate da Piranesi. La sua altezza è addirittura inferiore a quella degli uomini che sostano sotto la costruzione ad arcate in cima alla gradinata!

Ai fini della restituzione assonometrica, però, questa situazione non mi limita in alcun modo. Il "mio" osservatore ha i piedi sul piano orizzontale passante per la linea di terra, e gli occhi allineati con la linea dell’orizzonte. Circa la reale altezza dell’osservatore posso fare delle ipotesi: forse sta salendo una rampa di scale proveniente da un livello inferiore...

Oppure è un prigioniero incatenato al suolo che per guardarsi attorno può soltanto sollevare leggermente il capo...

Più avanti deciderò quale interpretazione privilegiare. D’ora in avanti il mio osservatore avrà un’altezza pari alla distanza tra la linea di terra e la linea d’orizzonte.

Un modo alternativo di affrontare la questione potrebbe essere il seguente: prolungare la tavola in basso, creando una seconda linea di terra, posta ad una distanza dalla linea d’orizzonte pari all’altezza che vorrei assegnare all’osservatore: ciò potrebbe comportare un eventuale completamento del disegno, nella porzione ampliata. Questa operazione, però, nella fattispecie non aggiungerebbe nulla di nuovo alla scena - visto che tra osservatore e disegno non ci sono altri oggetti - e per questo motivo ho ritenuto di non doverla prendere in considerazione.


Ho posizionato l’osservatore sul piano del foglio di lucido: tracciata la semicirconferenza il cui diametro è pari alla distanza tra i fuochi, ho ipotizzato che i suoi occhi si trovino in corrispondenza di un suo punto tale da individuare un triangolo inscritto avente gli angoli di 30, 60, e 90 gradi.

Si tratta di un punto decentrato rispetto alla tavola, che mi consente di determinare con buona precisione i punti di incrocio tra le rette passanti per gli occhi e per i piedi dell’osservatore; riesco così ad evitare quelle situazioni critiche che si verificano quando si devono trovare i corrispettivi assonometrici di punti della tavola situati sulla verticale dell’osservatore. Infatti le suddette rette in tal caso sono praticamente parallele, rendendone praticamente impossibile una loro accurata determinazione.


Dal disegno di Piranesi non si capisce chiaramente quali sono i punti a terra delle costruzioni in primo piano, per cui mi è stato necessario fare delle ipotesi. Ho tracciato la retta che dal fuoco di sinistra passa per lo spigolo inferiore del basso basamento, supposto a terra; tale retta, proseguendo verso destra, incrocia la linea di terra in un punto che corrisponde all’angolo inferiore destro della tavola. Ho supposto che questo fosse il punto estremo dello spigolo del basamento. Tale punto coincide sia in prospettiva che in assonometria, in quanto appartiene al quadro prospettico. Così facendo non mi è stato difficile ricostruire la faccia frontale del basamento, servendomi anche delle direzioni assonometriche precedentemente prefissate durante la fase di determinazione della posizione dell’osservatore. Altrettanto semplicemente ho potuto determinare l’apertura praticata nel basamento.

Conducendo per lo spigolo superiore sinistro del basamento la linea prospettica che conduce al punto di fuga situato a destra della tavola, ed incrociando detta linea con la verticale passante per lo spigolo sinistro del cubicolo sull’estrema destra, ho determinato la posizione assonometrica di tale spigolo sul piano del basamento. Avevo infatti precedentemente assunto che il fianco del basamento e il fianco del cubicolo fossero complanari.

Ad essere pignoli, si potrebbe obiettare che lo spigolo sinistro del basamento non è individuato da un unica linea, in quanto Piranesi ha rappresentato dei blocchi di pietra che appaiono sfalsati sul piano frontale del cubicolo. Osservando però il cubicolo centrale - che pare lateralmente costituito da una parete sufficientemente piana - ho ritenuto plausibile seguire la precedente linea interpretativa.

Per quanto riguarda invece le pietre che costituiscono la sommità del cubicolo in questione, ho rispettato l’indicazione di Piranesi, essendo questa una soluzione decorativa che si incontra spesso, in svariati modi, in architettura. Per il momento, però, ho proiettato le pietre sullo stesso piano frontale dei cubicoli, ripromettendomi di occuparmi del loro sfalsamento durante la fase computerizzata relativa ad AutoCAD.


La vista del cubicolo di destra mi è parzialmente impedita da una parete di pietra, che per ora tralascio di indagare. Devo trovare un modo di ricostruire compiutamente il cubicolo. Innanzitutto, se lo paragono a quello centrale - quasi totalmente in vista - mi pare diverso, soprattutto nel frontone. Quello centrale ha una sola pietra più sporgente e più elevata rispetto alle altre, a differenza di quello di cui ora mi sto occupando.


"Scavando" sotto i segni lasciati da Piranesi, mi sono convinto che la sommità del frontone è costituita da due pietre affiancate, di cui riesco ad intravedere la divisione verticale. Mi sono trovato la mezzeria del cubicolo, e una volta ricostruitone metà, l’ho completato per simmetria.


Prima di occuparmi della gradinata devo decidere come risolvere volumetricamente il cubicolo. La scelta su dove farlo terminare, nel senso della profondità, può risultare automatica osservando il cubicolo centrale, che si innesta orizzontalmente - la retta concorre nel fuoco di destra - con l’ultima alzata della gradinata: è ragionevole ritenere che la stessa circostanza si presenti anche nel cubicolo in questione. Ritengo che i cubicoli abbiano copertura piana, ad eccezione delle pietre del frontone, che si elevano gradatamente a formare una specie di frontone cieco.

A questo punto, posso determinare con facilità la larghezza della rampa compresa tra i due cubicoli; l’estremo di destra è individuato in prospettiva dall’incrocio tra lo spigolo prospettico del cubicolo e la linea prospettica della cima della gradinata, mentre l’estremo di sinistra è noto; quindi mi basta incrociare i raggi visuali passanti per questi due punti con la linea assonometrica - nota - della sommità della gradinata.


Adesso mi trovo di fronte ad una situazione indeterminata, poiché non possiedo alcun elemento che mi permetta di determinare la quota di base del cubicolo centrale; questa indeterminatezza mi induce ad una riflessione.

La gradinata potrebbe essere costituita da un’unica rampa che dal pavimento conduce al primo livello; però, è anche possibile che ci siano due rampe divise da un pianerottolo, posto sullo stesso livello della base del cubicolo centrale.

Ritengo più verosimile questa seconda ipotesi; il disegno di Piranesi, infatti, mi pare alludere ad un cambio di pendenza, proprio in corrispondenza della base del cubicolo centrale. Non riesco però a prendere una decisione...


Ho trovato la chiave di lettura al problema della gradinata! Poco fa mi sono reso conto di non avere mai notato un particolare di fondamentale importanza: la linea prospettica passante per la sommità del tratto di rampa che ho già riportato in assonometria non prosegue alla stessa altezza oltre il cubicolo centrale, ma appare ribassata.

A questo punto mi si presentano almeno due alternative: supporre che le due rampe giungano alla stessa quota ma sfalsate - in modo che la rampa di sinistra risulti più incassata nel corpo di fabbrica -, oppure che terminino a quote differenti - e allora posso liberamente imporre che le loro alzate terminali risultino allineate in pianta -.

Propendo per quest’ultima ipotesi, prima di tutto perché mi pare immotivato che due rampe che svolgono la stessa funzione - mettere in comunicazione due livelli differenti - e che quindi hanno eguale importanza debbano essere realizzate in modo così diverso; secondariamente, per una questione di ordine e di gusto; infine, per la presenza del pilastrone, che potrebbe presentare dei problemi di posizionamento vista la sua prossimità con la rampa stessa.

Per quanto riguarda l’ipotesi che ho deciso di realizzare resta il problema del dislivello tra le rampe, che necessariamente comporta una differenza di quota nel pavimento del livello superiore.


La scelta di allineare gli arrivi delle rampe superiori, già tracciata sul foglio, mi permette di risolvere le indeterminatezze che mi hanno assillato. Adesso riesco a immaginare una possibile configurazione dell’intera gradinata: una serie di lunghissimi gradini partono da terra e terminano in un pianerottolo che collega i cubicoli e il basamento; a partire dal pianerottolo una serie di rampe poste fra i cubicoli conduce al livello superiore. Mi metto subito al lavoro.


Ho disegnato il cubicolo centrale e le rampe ai due lati. Il cubicolo risulta più arretrato del primo, ed ha i muri meno spessi. Tuttavia le scelte da me intraprese mi hanno condotto alla realizzazione di due cubicoli di eguale altezza.

Per realizzare la rampa ho fatto un conto approssimato del numero di gradini disegnati da Piranesi (il disegno non è molto chiaro, ovviamente) ed ho cercato di mantenermi il più possibile fedele a questo numero, tenendo conto delle misure del cubicolo centrale - più arretrato - e dell’altezza delle figure umane presenti nel tratto inferiore della gradinata.

Ripetendo l’operazione di conteggio dei gradini della lunga rampa inferiore, e basandomi sulla misura del dislivello esistente tra pavimento e pianerottolo, ho potuto calcolare il numero ottimale di alzate e di pedate. Non ho ancora deciso dove farla terminare; prima voglio definire il terzo cubicolo, visibile dietro al pozzo.

La differenza di quota nel pavimento del livello superiore può essere facilmente vinta con due soli gradini, che ho posto dietro al cubicolo centrale, in direzione perpendicolare alla gradinata. Per ora si tratta di una semplice indicazione tracciata sull’assonometria, in attesa di giungere ad una decisione definitiva.


Inventando un po' ho potuto realizzare il terzo cubicolo. Ovviamente è più basso degli altri due, visto che ha la stessa altezza della seconda rampa; inoltre risulta ancora più incassato del cubicolo centrale (che a sua volta è più incassato del cubicolo di destra).

Questa circostanza dà adito a molteplici interpretazioni, tra cui le seguenti:

1. i cubicoli, man mano che si allontanano, diventano sempre meno profondi;

2. ci sono solo tre cubicoli; la rampa inferiore della gradinata termina a sinistra a ridosso di un basamento simile a quello di destra;

3. ci sono diversi cubicoli, a due a due uguali ed egualmente sporgenti, disposti simmetricamente rispetto ad un cubicolo centrale.

La prima ipotesi è la più inquietante, ed allo stesso tempo la più difficile da realizzare, perché lascia immaginare una costruzione enorme, che sarebbe problematica da completare senza ricorrere ad un procedimento di semplice ripetizione, a distanze da stabilire, delle strutture disegnate da Piranesi, oppure ad un’operazione di progettazione ex-novo di un numero elevatissimo di edifici.

Un’ulteriore possibilità è quella di inserirvi edifici e strutture prese in prestito da altre tavole delle Carceri; mi sembra un’idea interessante, però poco praticabile, in quanto porterebbe ad un lavoro estremamente lungo e complesso, che esula dalle finalità di questa sperimentazione.

La seconda ipotesi pare plausibile, anche se non particolarmente elegante. Il problema principale è dato dal fatto che la costruzione ad archi che si intravede in secondo piano pare proseguire verso sinistra ben oltre la supposta fine dei cubicoli; dunque sarebbe necessario completare la costruzione tenendo conto di questo fatto.

La terza ipotesi è particolarmente interessante, e mi fa pensare ad un sistema di cinque cubicoli centrato simmetricamente sul terzo. In tal caso gli altri quattro cubicoli sarebbero a due a due uguali, e dietro lo spigolo destro del quarto cubicolo vi sarebbero due gradini analoghi a quelli ricavati in corrispondenza del secondo. Mi pare una soluzione che dia vita ad un fronte movimentato, caratterizzato da sporgenze, rientranze, e dislivelli al piano superiore.

La lunghezza di questo corpo di fabbrica non sarebbe ancora sufficiente a contenere la costruzione ad archi sul livello superiore, ma al limite potrei reiterare la sequenza: basamento - cinque cubicoli - basamento - cinque cubicoli...


Ho disegnato i due basamenti, i cinque cubicoli, le rampe, ed i due dislivelli nel pavimento del piano superiore.


Completata la costruzione principale attorno alla quale si articolano i vari corpi di fabbrica della tavola piranesiana, ossia il sistema della gradinata, intendo occuparmi del massiccio pilastro posizionato sul primo livello. Poiché non posso vedere gli spigoli che poggiano a terra, sono libero di scegliere.

Ho deciso di allineare la base del pilastro con lo spigolo destro del terzo cubicolo, aiutandomi in questa operazione con le direzioni prospettiche già individuate. Il pilastro, o meglio la sua pietra di base, risulta così ad una distanza sufficientemente accettabile dalla sommità della rampa, in modo da non costituire ostacolo al passaggio delle persone.

La costruzione assonometrica dei blocchi soprastanti non mi ha dato eccessivi problemi, in quanto ho potuto basarmi sulle linee prospettiche ad assonometriche che andavo individuando man mano che salivo.

Mi sono fermato a riflettere quando sono giunto all’ultimo blocco prima dell’imposta dell’enorme arcata suggerita dai tratti di Piranesi.


L’incisione è molto ambigua riguardo l’effettiva conformazione dell’arcata. Potrebbe trattarsi di una porzione di volta a crociera... in tal caso, però, c’è un errore nel disegno: la linea che rappresenta il costolone frontale non curva verso destra - come effettivamente dovrebbe -. Piega, invece, a sinistra secondo un’inclinazione non molto convincente...

I raggi solari filtrano sulla gradinata e sui cubicoli, ed inondano la costruzione ad arcate del piano superiore: questa circostanza sarebbe impedita dalla presenza di una copertura a crociera.

Ritengo invece che il pilastro sostenga le due arcate successive di una costruzione trasversale composta da un certo numero di campate.

Supponendo che il fianco delle due arcate si sviluppi su un piano verticale - anche se questa eventualità pare negata dal Piranesi, il quale raffigura una travatura che si innesta su una parete curva - ho potuto ricostruire l’andamento assonometrico degli spigoli degli intradossi. Mentre gli spigoli laterali hanno una curvatura simile, e sufficientemente regolare - entro i limiti di precisione di un disegno al tratto -, quello frontale curva in modo molto meno sensibile.

La decisione finale non ha potuto evitare un compromesso: tenere per buoni gli spigoli laterali degli intradossi, e ignorare il disegno piranesiano dello spigolo in questione.

Adesso possiedo i tratti iniziali di queste arcate, ma ignoro assolutamente dove queste terminino. Sicuramente hanno delle luci notevoli, in quanto non si vedono proseguire in nessun punto della tavola.

Grazie ad un programma per computer, che contiene un algoritmo di fitting non lineare, ho potuto ipotizzare e prevedere l’andamento degli archi, avendo precedentemente prefissato la loro freccia. è evidente, infatti, che quando di un arco si conosce solo il tratto iniziale, sono infinite le curve che lo possono approssimare. La luce degli archi doveva essere tale da non coprire i dettagli del disegno di Piranesi.

La travatura che sostiene il lampadario si trova presumibilmente tra i pilastri di un’enorme costruzione ad arcate che costituisce un unico organismo. La doppia serie di arcate regge sicuramente una copertura della cui realizzazione mi occuperò nella fase di AutoCAD.

Per ricavare con buona approssimazione la distanza tra i pilastri dei due complessi ad arcate, mi è stato sufficiente considerare la linea prospettica passante per lo spigolo inferiore del sostegno inclinato della travatura (quello più prossimo all’osservatore), ed incrociarla con la retta che individua lo spigolo complanare del sostegno di destra. Ho deciso di allineare verticalmente gli elementi della travatura, aggiustando il disegno di Piranesi. Per quanto riguarda i puntoni verticali, in un primo momento li ho realizzati seguendo fedelmente i tratti presenti sull’incisione; in un secondo tempo ho provveduto a regolarizzare le loro distanze.


Per il momento ho interrotto la restituzione assonometrica delle costruzioni del livello superiore, perché intendo concentrarmi sull’edificio in primo piano, del quale è visibile un tratto di parete con un ingresso e un’apertura tonda. Per questioni di semplicità ho ipotizzato che i blocchi di pietra che la compongono sporgano solo lateralmente, mentre invece si trovino allineati sul piano della parete. Non riesco ad individuare i punti a terra della costruzione, poiché Piranesi ha tracciato un grande numero di segni che rendono confusa ed oscura questa parte dell’incisione.

Posso solo fare delle supposizioni. Naturalmente la linea prospettica che individua lo spigolo a terra delle pietre di base dell’edificio deve stare al di sotto della linea d’orizzonte. La traccia a terra dello spigolo esterno dell’ingresso non può però trovarsi troppo vicina alla base del quadro, perché davanti alla costruzione, in posizione più vicina all’osservatore, ci sono i gradini del pozzo ed il treppiede.

Ho ricostruito i blocchi relativi all’ingresso dell’edificio, ed il contorno esterno delle pietre superiori. L’apertura tonda munita di sbarre devo ricostruirla per punti, aiutandomi con le linee prospettiche delle pietre e con le quote relative al loro contorno. Per ricavare una misura abbastanza corretta delle sue dimensioni del diametro maggiore, ho tracciato le due tangenti condotte dal fuoco di destra.

Ne ho ricostruita metà; ha una forma paragonabile a quella di un ovale, o di un ellisse...

Ritengo che l’ellisse sia il tipo di curva che approssima più fedelmente l’apertura praticata nella parete; per tale motivo ho leggermente modificato la posizione dei punti assonometrici. Il fatto curioso è che il muro dell’edificio pare realizzato fino alla quota del marcapiano con blocchi di un dato spessore; poi ,da questa quota in su, con blocchi assai più sottili (basta osservare lo spessore dell’apertura ellittica).

Questa circostanza mi ha reso incerto sul da farsi e mi ha posto di fronte ad alcuni problemi interpretativi.


Sono giunto alla conclusione che non è possibile che l’edificio pieghi ad angolo oltre lo spigolo disegnato da Piranesi, né tantomeno che rappresenti una porzione di un edificio compiuto. Infatti lo spessore assegnato alle pietre del basamento è tale che il fianco dell’ingresso dovrebbe per forza trovarsi sulla stessa linea della presunta parete ortogonale, salvo che questa non abbia uno spessore inferiore. Questa circostanza appare singolare, in quanto normalmente un accesso non è situato a filo di un muro laterale.

Volendo egualmente tenere per buona la soluzione prospettata da Piranesi, resta il problema della differenza di spessore tra le porzioni di muro al di sopra e al di sotto del marcapiano. Se queste sono a filo, è più probabile che lo siano esternamente, in quanto il disegno non evidenzia alcun arretramento apprezzabile del tratto di parete soprastante il marcapiano.

I raggi luminosi che filtrano attraverso l’apertura ellittica e l’ingresso mi inducono ad ipotizzare che la costruzione sia sprovvista di copertura, o che comunque presenti un varco sufficientemente grande da far passare i raggi solari.


Dal massiccio pilastro ubicato sul primo livello si stacca una travatura obliqua che corre in direzione dell’edificio. All’inizio avevo ipotizzato che questa travatura si innestasse su una parete parallela alla gradinata.

Ora non la penso allo stesso modo; dopo avere realizzato le lunghe arcate che si dipartono dal pilastro, ritengo che la travatura corra lungo l’intera luce dell’arco, innestandosi nel pilastro successivo.

Ho realizzato con facilità la travatura obliqua; mi sono aiutato con le linee prospettiche disegnate, e con i punti assonometrici individuati dall’intersezione di queste rette con gli spigoli verticali delle pietre che costituiscono il pilastro. Allo stesso modo ho ricostruito i travetti obliqui.


Ritornando ad occuparmi dell’edificio in primo piano, ho preso una decisione che a mio parere risolve i problemi interpretativi accennati precedentemente, ed aggiunge un tocco di drammaticità (o di poesia?) alla scena che sto ricostruendo.

Ritengo che la parete in questione sia una rovina, ciò che resta di una costruzione crollata da molto tempo. Forse si tratta di uno dei primi edifici che furono costruiti quando si realizzò questo immenso carcere, che per incuria o in seguito ad una cattiva progettazione non ha retto al trascorrere del tempo. I detriti causati dal crollo sono stati rimossi, ma il muro superstite non è stato demolito, ed ospita tuttora il primitivo argano che serve per attingere l’acqua del pozzo, e permette di ancorare la fune a cui è sospeso il secchio.


Ho deciso di risolvere il problema della differenza di spessore nella parete della rovina mediante un muro di un unico spessore, che in corrispondenza dell’apertura ellittica presenta nella parte retrostante una rientranza di quadrangolare profonda quanto la differenza tra il muro e la stessa apertura. La costruzione acquista così una sua unitarietà, e spiega al tempo stesso la presenza dei raggi solari sull’apertura.

Ho proseguito la rovina per un certo tratto, verso sinistra, ed ho ricostruito l’argano che ospita la carrucola del pozzo. Mi sono però reso conto di aver agito superficialmente, senza verificare la logicità del sistema argano - carrucola - fune - secchio - pozzo.

La carrucola disegnata da Piranesi è un vero e proprio scarabocchio; non riesco a capire come sia orientata rispetto alla trave a cui è fissata. La logica mi dice che deve avere i perni disposti parallelamente all’asse longitudinale della trave. Infatti l’inclinazione della fune nel suo tragitto verso l’anello è tale che essa tenderebbe a deragliare dalla guida nel caso che la carrucola fosse disposta in posizione ortogonale.

Un altro problema connesso a quello della carrucola è la posizione del tratto verticale di corda. Se conduco la verticale passante per la carrucola, trovo che questa passa per la mezzeria del sostegno di fissaggio alla trave!

Non so che pensare, il disegno è sbagliato. La corda non poggia in modo realistico sulla carrucola; dovrebbe essere disegnata più a destra.

Questo spostamento finirebbe per porre il secchio in posizione ulteriormente decentrata rispetto al pozzo.

Devo per forza rifare l’argano, spostandolo parallelamente lungo il muro, assumendo che Piranesi intendesse, come è più plausibile, porre il secchio al centro del pozzo.


Lo sguardo dell’osservatore inquadra il pozzo secondo un angolazione pressoché frontale. Sfruttando questa libera interpretazione sono in grado di ricavare in modo approssimato ma sufficientemente preciso la posizione dell’asse del pozzo sul quadro prospettico. Rimane ancora da definire lo spostamento dell’argano parallelamente al muro, e ciò non può prescindere dal posizionamento del pozzo.

L’incisione piranesiana è talmente vaga circa la posizione e la forma di quest’ultimo - in particolare del suo basamento - che posso supporre la loro effettiva consistenza solo in base alle mie impressioni. Questo mi è consentito anche da alcune particolari condizioni che si verificano accidentalmente. L’oggetto da determinare volumetricamente poggia a terra in punti così vicini alla linea dell’orizzonte da rendere poco apprezzabili gli errori dovuti alle approssimazioni. Supponendo che i rapidi tratti dell’autore alludano ad una qualche scalinata circolare, le cui dimensioni sono lasciate assai indeterminate, la base della stessa apparirebbe nel quadro prospettico come un’ellisse assai schiacciata. Il suo centro, che si può ipotizzare situato sull’asse del pozzo individuato precedentemente, si troverebbe ad una distanza incognita dalla linea di terra, e non è quindi possibile giungere ad un suo univoco posizionamento; esso appartiene alla retta che congiunge i piedi dell’osservatore con l’intersezione tra il suddetto asse e la linea di terra. Il posizionamento del pozzo è vincolato anche da altre condizioni:

1. il diametro di base della gradinata non deve superare la distanza del centro del pozzo dal muro della rovina; questo per evitare compenetrazioni;

2. il secchio deve potersi situare sulla verticale condotta per il centro del pozzo.

Per soddisfare opportunamente questi requisiti devo operare per approssimazioni successive in modo da ottenere una soluzione di compromesso.


Sono riuscito, dopo vari tentativi, a trovare una buona posizione di tutti i componenti del sistema argano - carrucola - fune - secchio - pozzo e posso finalmente passare ad altro.

Mi sto accingendo a ricostruire il frammento di arco che si intravede immediatamente a sinistra del massiccio pilastro. Di questo arco riesco a vedere lo spigolo più lontano dell’intradosso, ad una quota ragionevolmente prossima a quella della sua imposta. Ho supposto che il punto a terra di questo spigolo - sul piano del pavimento superiore - fosse allineato con lo spigolo posteriore del primo blocco del pilastro (quello più lontano tra i due concorrenti nel fuoco di sinistra). Questa linea mi è già nota, sia in prospettiva che in assonometria, in quanto l’ho ricavata durante la fase di realizzazione del pilastro. Ho fatto proseguire la verticale dello spigolo dell’intradosso, e l’ho fatta incrociare con la precedente linea prospettica. Ho ottenuto un punto, per il quale ho condotto il raggio visuale; il suo incrocio con la predetta direzione assonometrica mi ha fornito il punto cercato.

Per quanto riguarda lo spigolo più vicino dell’intradosso, non ho potuto fare altro che ricostruire a matita un suo possibile andamento fino a terra, e poi, ripetendo ancora il procedimento per questo nuovo punto, ho ottenuto alla fine il suo corrispondente assonometrico.

Ora posso determinare sia le linee prospettiche che quelle assonometriche che individuano le proiezioni dei punti degli archi sul piano del pavimento superiore. Con un procedimento per punti sono in grado di ricavare l’assonometria di metà arco.

Lo spigolo dell’arco ha un andamento semiellittico; per questo motivo intendo verificare se è possibile regolarizzarlo sfruttando la formula matematica dell’ellisse nota dalla Geometria Analitica.

Utilizzando un sistema di assi cartesiani ortogonali al quale riferire l’arco da calcolare, posso calcolare le ordinate dell’arco corrispondenti a determinate ascisse prefissate, essendone note la luce e la freccia. D’ora in avanti considererò valida tale approssimazione in tutti quei casi in cui gli archi regolarizzato seguiranno andamenti paragonabili a quelli disegnati da Piranesi.

Ho disegnato un secondo arco, successivo a quello appena realizzato, ed ho proseguito la costruzione fino ad una certa altezza. In assonometria ho deciso di non proseguire a riportare gli andamenti dei corsi delle pietre; mi occuperò di tale questione in AutoCAD.


L’arcata appena realizzata pare collegarsi al ponte ad arco situato otticamente a destra del pilastro, che d’ora in poi chiamerò semplicemente ponte. La presenza dell’intercapedine sotto il ponte mi suggerisce di fare in modo che esso si innesti nella sua zona mediana, come se l’arco in questione sia allineato con l’intercapedine del ponte.

Grazie alle linee assonometriche e prospettiche già note ho potuto individuare la linea prospettica sulla quale stanno i punti a terra del pilastro di destra del ponte.

Giunto all’imposta dell’arco (o degli archi, visto che sono due) ho tracciato la linea prospettica che si riferisce alla proiezione dei punti dell’arco, e con lo stesso procedimento seguito nella costruzione del precedente arco ho potuto tracciare la sua linea assonometrica.

Anche in questo caso ho potuto sostituire l’arco ottenuto secondo il disegno di Piranesi con la sua regolarizzazione matematica.

Lungo la parete esterna del ponte è presente una sporgenza costituita da blocchi di pietra sovrapposti. La distanza tra l’intradosso dell’arco e questa sporgenza mi consente di stabilire le dimensioni del pilastro da realizzare alla sinistra del ponte.

Intanto sono in grado di dimensionare lo spessore dell’arco in corrispondenza della giunzione col ponte, ed i piedritti delle altre arcate.


Riportati in assonometria i blocchi di pietra che fuoriescono dalla parete del ponte, ho pensato di ricavare nello spessore dell’intercapedine una rampa che dal piano degli archi inferiori conduca al piano superiore del ponte.


Il ponte comunica, sul piano superiore, con una scalinata assai ripida che conduce ad un livello ancora superiore, in gran parte nascosto dal muro di pietre situato sul basamento...

Adesso sono intento a disegnare la ringhiera; l’altezza del parapetto la posso ricavare dal disegno di Piranesi, mentre gli elementi verticali li sto posizionando ad occhio, a distanze regolari.

Ho cercato di contare i gradini della scalinata, ma è praticamente impossibile...

La rampa è molto ripida, e pare affiancata da una parete, segnata da Piranesi con tratti molto carichi. Questa parete restringe la larghezza della gradinata, e probabilmente ha la funzione di riparo contro la caduta delle persone che la devono percorrere.

Il dislivello tra il ponte e la sommità della gradinata porta alla realizzazione di più di venti gradini!

Credevo di avere esaurito questa parte del disegno, ma una osservazione più attenta mi ha rivelato un altro segreto...

Sotto la gradinata si intravede l’intradosso di un arco, attraverso il quale non filtra la luce. Probabilmente l’arco è chiuso dalla parete che avevo precedentemente individuato.

Devo adesso ricavare le dimensioni e la forma dell’arco sottostante alla gradinata. Dato che di esso ne scorgo un brevissimo tratto, posso inventarlo di sana pianta.

Ho tenuto conto dell'accenno di arco disegnato da Piranesi, e sono arrivato ad una sua sistemazione definitiva. Ora intendo occuparmi della costruzione ad arcate in secondo piano.

Questo edificio si innesta ortogonalmente al ponte, ed ho deciso di posizionarlo lungo lo spigolo trasversale della sporgenza di fianco al ponte. Col medesimo procedimento seguito per la restituzione degli altri archi, ho riportato in assonometria la linea del primo arco della costruzione. Si tratta di un arco a tutto sesto...

Tracciando la linea prospettica tangente alla sommità degli archi, ho proseguito a disegnare altri archi fino a coprire una lunghezza di quattro arcate. Oltre questi archi se ne intravedono altri, in profondità.

Ho realizzato un’ipotesi che potrò controllare con più precisione in AutoCAD, dato che si tratta di un’invenzione.

Tale ipotesi prevede due pareti poste ad una certa distanza, al cui interno sono ricavati quattro archi. Ogni due arcate lo spazio tra le pareti è occupato da due archi posti trasversalmente, fino a giungere al termine della costruzione (che al limite potrebbe essere anche più lunga, ma che non posso continuare a tracciare perché sono giunto al termine del foglio di lucido. Magari in AutoCAD potrò proseguire l’edificio...)

L’ultimo oggetto di cui intendo occuparmi in questa prima fase è il piolo ubicato sul basso basamento in primo piano. Ho infatti deciso di realizzare gli altri oggetti con funzione accessoria - la scala a pioli, le due carrucole, gli anelli, gli oggetti di tortura e il lampadario - in AutoCAD, che mi offre la possibilità di verificare immediatamente la loro correttezza confrontando la restituzione prospettica generata dal programma con la tavola di Piranesi.

Questo modo di agire è conveniente solo quando sia già stata delineata la struttura complessiva della scena; in tal caso si può disporre di chiari riferimenti spaziali ai quali vincolare gli oggetti mancanti. Trovandosi a dover restituire la complessità di uno spazio affollato di volumi, ci si può rendere conto della assoluta importanza del metodo manuale di ricostruzione assonometrica; AutoCAD infatti non possiede alcuno strumento capace di sostituirsi a tale metodo.

Le catene, e le varie funi disseminate per gli spazi non faranno parte del mio modello, poiché appesantiscono eccessivamente il modello computerizzato e pongono dei problemi di tracciamento di difficile soluzione vista l’imprecisione di alcuni punti dell’incisione.

Per ricostruire il piolo mi sono basato su un’approssimazione ritenuta ragionevole. Infatti i raggi visuali dell’osservatore, data la distanza del punto di vista dal piolo, possono essere considerati al limite orizzontali. Ho tracciato le rette che dall’occhio dell’osservatore congiungono i punti in cui il contorno dell’oggetto incontra il bordo del basamento.

In seguito ho tracciato la bisettrice tra queste due rette. Su essa sta il centro possibile del piolo. Mi è rimasto solo da scegliere il punto della bisettrice su cui posizionare il centro.


Ho iniziato a riportare le misure dell’assonometria in AutoCAD. Mi preoccupo di dimensionare i blocchi di pietra degli edifici, inserendo tra i vari conci un sottile strato di malta, leggermente arretrato rispetto alla superficie della muratura.

L’edificio ad arcate in secondo piano va modificato; innanzitutto non è ancora sufficientemente sviluppato in lunghezza, mentre lo spazio tra le arcate pare eccessivo. Ho deciso di eliminare le arcate trasversali, perché sono talmente di scorcio da risultare quasi impercettibili.

Il basamento ed il primo cubicolo sono quasi totalmente in ombra. Ciò significa inequivocabilmente che le arcate soprastanti reggono una copertura, che in questo caso ho immaginato essere una volta a botte.

Il muro in primissimo piano presso il basamento può essere una porzione di un’edicola (elemento ricorrente nelle incisioni di Piranesi). Precedentemente non ero riuscito a spiegarmi la funzione di questa parete, vista la vicinanza con i pilastroni che reggono le lunghe arcate. Lo stratagemma dell’edicola mi consente di risolvere elegantemente questo problema.

Il modello finora ottenuto è ovviamente frammentario, essendo parte di una costruzione molto grande.

 

Un possibile modo di trasformare il modello finora ottenuto in un organismo più compiuto, senza ricorrere ad operazioni eccessivamente falsificatorie, mi pare quello di replicare simmetricamente la parte del modello comprendente il sistema delle rampe e dei primi quattro cubicoli, il basamento con l’edicola ed il piolo, le arcate voltate a botte, e la travatura lignea compresa tra le due serie di arcate - simmetria praticata rispetto ad un asse parallelo alla dimensione della profondità. Le parti replicate simmetricamente sono collegate dalla travatura che si vede partire alla sinistra del pilastrone.

Tra le due parti ho intenzione di lasciare uno spazio tale da permettere l’inserimento di un portale che conduce ai sotterranei della prigione; la realizzazione di questo portale mi è stata suggerita dall’osservazione di un’altra tavola delle Carceri, in cui è raffigurato un portone semiottagonale.

Di fronte al portale, il patibolo: una costruzione a pianta quadrata alla quale si accede attraverso una serie di gradini disposti su ogni lato.

Una forca campeggia al centro del patibolo, in attesa dei condannati.

Nella fase di 3DStudio ho potuto controllare la sostanziale accuratezza delle ombre disegnate da Piranesi. Ciò mi ha confermato la bontà delle scelte intraprese durante la fase manuale di restituzione assonometrica. Le uniche differenze tra il modello tridimensionale e l’incisione di Piranesi riguardano le ombre della travatura obliqua, che nella tavola mancano, e l’inclinazione reale delle ombre proiettate sul cubicolo centrale e sulla gradinata. Per quanto riguarda l’ombra generata dalla travatura obliqua, penso che Piranesi si sia dimenticato di disegnarla in quanto ha aggiunto questo particolare alla fine.