aaaaaaaTESTO

Una volta chiesi a Novecento a cosa diavolo pensava, mentre suonava, 
e cosa guardava, sempre fisso davanti a se`, e insomma dove finiva, con 
la testa, mentre le mani gli andavano avanti e indietro sui tasti. E lui mi 
disse: "Oggi son finito in un paese bellissimo, le donneavevano i capelli  
profumati, c'era luce dappertutto ed era pieno di tigri". 
Viaggiava, lui. 
E ogni volta finiva in un posto diverso: nel centro di Londra, su un 
treno in mezzo alla campagna, su una montagna cosi` alta che la neve ti 
arrivava alla pancia, nella chiesa piu` grande del mondo, a contare le  
colonne e guardare in faccia i crocefissi. Viaggiava. Era difficile capire 
cosa mai potesse saperne lui di chiese, e di neve, edi tigri e... voglio dire, 
non c'era mai sceso, da quella nave, proprio mai, non era una palla, era  
tutto vero. Mai sceso. Eppure, era come se le avesse viste, tutte quelle  
cose. Novecento era uno che se tu gli dicevi "Una volta sono stato a  
Parigi", lui ti chiedeva se avevi visto i giardini tal dei tali, e se avevi  
mangiato in quel dato posto, sapeva tutto, ti diceva "Quello che a me  
piace, laggiu`, e aspettare il tramonto andando avanti e indietro sul Pont 
Neuf, e quando passano le chiatte, fermarmi e guardarle da sopra, e  
salutare con la mano" 
"Novecento, ci sei mai stato a Parigi, tu?" 
"No." 
"E allora..." 
"Cioe'... si`." 
"Si` cosa?" 
"Parigi." 

Negli occhi di qualcuno, nelle parole di qualcuno, lui, 
quell' aria l' aveva respirata davvero. A modo suo: ma davvero. Il 
mondo, magari, non l' aveva visto mai. Ma erano ventisette anni che il 
mondo passava su quella nave: ed erano ventisette anni che lui, su  
quella nave, lo spiava. E gli rubava l' anima.

 
 

Alessandro Baricco 

"Novecento"

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