IL VIAGGIO
Mio caro. Parto di qua senz'avertene detto niente, prima perché tu non sia responsabile della mia partenza presso veruno; poi perché il consiglio giova all'uomo irresoluto, ma al risoluto non può altro che nuocere: ed io sapeva che tu avresti disapprovata la mia risoluzione, e postomi in nuove angustie col cercare di distormene. Sono stanco della prudenza, che non ci poteva condurre se non a perdere la nostra gioventù, ch'è un bene che più non si racquista. Mi rivolgo all'ardire, e vedrò se da lui potrò cavare maggior vantaggio. Tuttavia questa deliberazione non è repentina; benché fatta nel calore, ho lasciato passare molti giorni per maturarla; e non ho avuto mai motivo di pentirmene. Però la eseguisco. Era troppo evidente che se non volevamo durar sempre in quello stato che abborrivamo, ci conveniva prendere questo partito; e tutto il tempo ch'è scorso non è stato altro che mero indugio. Altro mezzo che questo non c'era: conveniva scegliere, e la scelta ben sapete che non poteva essere dubbiosa. Ora che la legge mi fa padrone di me stesso, non ho voluto più differire quello ch'era indispensabile secondo i nostri principii. Due cagioni m'hanno determinato immediatamente, la noia orribile derivata dall'impossibilità dello studio, sola occupazione che mi potesse trattenere in questo paese; ed un altro motivo che non voglio esprimere, ma tu potrai facilmente indovinare. E questo secondo, che per le mie qualità sì mantali come fisiche, era capace di condurmi alle ultime disperazioni, e mi faceva compiacere sovranamente nell'idea del suicidio, pensa tu se non dovea potermi portare ad abbandonarmi a occhi chiusi nelle mani della fortuna. Sta bene, mio caro, e a riguardo mio stà lieto, ch'io fo quello che doveva fare da molto tempo, e che solo mi può condurre ad una vita se non contenta, almeno più riposata. Laonde se m'ami, ti devi rallegrare: e quando io non guadagnassi altro che d'esser pienamente infelice, sarei soddisfatto, perché sai che la mediocrità non è per noi. Porto con me le mie carte, ma potendo avvenire che fossero esaminate, non voglio comprometter me, e molto meno le persone che mi hanno scritto, col portarne qualcuna che sia sospetta. Ho separate tutte quelle di questo genere, sì mie, che altrui (cioè lettere scrittemi) e postele tutte insieme sul comò della nostra stanza. Ve ne sono anche di quelle che non ho voluto portare perché non mi servivano. Te le raccomando: abbine cura e difendile: sai che non ho cosa più preziosa che i parti della mia mente e del mio cuore, unico bene che la natura m'abbia concesso. Se verranno lettere del mio Giordani per me, aprile e rispondi, e salutalo per mio nome, e informalo della mia risoluzione.
Al fratello Carlo, a Recanati [Recanati: senza data, ma fine di Luglio 1819].