Come
paradigma narrativo ho scelto il film "Il cielo sopra Berlino" di Wim Wenders.
Il
cielo sopra Berlino, un film di Wim Wenders (1988), e' uno dei migliori
film, secondo la critica, degli utlimi vent'anni. Inizia chiedendo risposte
a domande che molti di noi hanno abbandonato in quanto adulti: Perche'
io sono io e non tu ? Dove il tempo finisce ? Come e' che sono qualcuno
e un giorno non lo saro' piu'?
Il
film racconta la storia di due angeli, Cassiel e Damiel, che girovagano
per Berlino in un tempo in cui il muro divideva la citta'. Gli angeli,
i quali possono leggere i pensieri, trascorrono la maggiorparte del loro
tempo ad ascoltare i dialoghi profondi dei passanti, degli abitanti di
case popolari, di individui soli spesso bloccati nel traffico urbano o
sui vagoni della metropolitana. Alcuni sono di mezza eta' e ormai disillusi,
metre altri, piu' vecchi, sembrano avere raggiunto un certo livello di
riconciliazione con chi li circonda. Altri ancora sono dei giovani teenager
soli, che sperano di essere consolati e capiti.
Il
ruolo degli angeli e' a volte quello di alleviare le sofferenze degli uomini
ma allo stesso tempo essi non possono in alcun modo cambiare il corso degli
eventi, possono solo appoggiare la loro mano sulla spalla di chi e' afflitto
e cosi' risollevare l'animo.
Cio'
che gli angeli ammirao di piu' tra le qualita' umane e' la capacita' di
chiedere che i bambini posseggono, infatti sono solo i bambini che riescono
a vedere gli angeli in quanto non e' stato inseganto loro di rispettare
la dura linea che delimita' il reale dal immaginario. Sebbene gli adulti
non riescano a vedere gli angeli ci sono dei momenti in cui riescono a
comunicare con il sublime.
Entrambe
gli angeli tengono un diario in cui annotano i momenti in cui la gente
agisce secondo una ispirazione spirituale: ad esempio un autista di autobus
invece di annucniare la sua fermata, urla "Terra del fuego!". Il film suggerisce
che queste abdicazioni alla responsabilita' e alla ragionevolezza esprimono
il nostro piu' essenziale senso di noi stessi.
Entrambe
gli angeli si chiedono spesso cosa possa volere dire essere umani. Damiel
in particolare aspira a esperire le senzazioni che noi diamo per scontate
(l'odore caldo della pizza, il tatto, i colori).
La
cosa che affascina di piu' Damiel e' la capacita' dei mortali di vivere
il tempo, di muoversi dall'inizio alla fine. L'eternita' offre solo stasi,
osservazione. La mortalita' offre cambiamenti, interazioni. All'interno
della nostra breve vita' possiamo infatti esperire paternita', il matrionio,
la famiglia, l'amore romantico, la paura della morte, e una miriade di
altre emozioni che una vita immortale non riesce a dare.
Cio'
che sancisce la scelta di Damien di diventare mortale e' l'incontro con
una acrobata dagli occhi tristi: Marion. Lui la osserva mentre si esercita
sul trapezio un giorno in cui le comunicano che il circo avrebbe chiuso
in pochi giorni. La segue nel suo camerino e ascolta i suoi pensieri prima
delusi dalla situazione e poi pian piano riescono a tollerare il duro colpo
e a cercare di dimenticare andando a ballare la sera stesssa. Questa facilita'
di sopportare di interagire con cio' che accade nella vita' affascina molto
l'angelo tanto dal farlo rinunciare alla sua condizione di immortale.
L'autore,
Wim Wender, fa uso di una particolare tecnica narrativa, contrappone spesso
l'uso della pellicola in bianco e nero con quella a colori. Per contrastare
il punto di vista degli umani (a colori e reale) con quello degli angeli
(in bianco e nero, del sogno).
Una
dei punti di forza del film e' la sua struttura poetica. Il film ci inonda
di modi poetici di descrivere situazioni e senzazioni. Ci obbligfa quasi
a guradare alle cose semplici in un nuovo modo. Noi rinasciamo nel momento
in cui Damiel diventa umano (e il film inizia ad essere quasi totalmente
a colori) ed e' infatti una frase di Damiel a renderlo ancora maggiormente
palese : "Questa' sera ho imparato lo stupore!" infatti l'angelo, ormai
uomo, incontra Marion e inizia la loro storia d'amore.
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