A Giugno il grano era
ormai maturo percio' si pensava al raccolto.
Durante il tempo della
mietitura il lavoro diventava ancora piu' duro, in quanto tutto il grano
veniva tagliato, stando piegati per ore ed ore sotto il sole rovente, con
il solo aiuto della falce( a fauci).
Il gruppo dei mietitori
(antu) prima di iniziare il lavoro proteggeva le proprie dita dal
morso della falce con i " cannola " , che sostituivano i moderni
guantoni.
Nonostante la dura
fatica del lavoro, i mietitori non potevano fare a meno di "sparlare" ,
a volte, anche pesantemente, infatti il proverbio recita:
" Uommini all'
antu e fimmini o suli.
Diu ni scansa
Signuri ".
I mietitori erano seguiti
dalle "spigolatrici" (i spicaluori), donne molto povere che cercavano
di racimolare le spighe rimaste. Il frumento una volta mietuto, veniva
sistemato a mucchietti ( a manati). Diversi mucchietti riuniti ,
venivano legati con una specie di spago (a liama, ricavata dalle
foglie essiccate ed intrecciate della ampelodesma) per formare "a regna".
"I regni" venivano
trasportati con i carretti nell' aia e li' ammassati per formare i covoni.
Per evitare spiacevoli sorprese qualcuno restava a fare la guardia anche
di notte. Nell' aia intanto, si sterrava e si batteva una superficie circolare
di circa cento metri quadrati di terreno e qui' venivano collocati "i regni
slegati. Iniziava cosi' la "pisatura" , (la pestatura, ovvero la
trebbiatura): il contadino si poneva al centro della circonferenza e faceva
ruotare uno ad uno i cavalli, in modo che gli animali girando, con il loro
peso, provvedessero alla frantumazione del fusto in paglia e alla separazione
del chicco dalla pula.
Durante il monotono
lavoro il contadino cantava e incitava i cavalli.