DIALOGO
DELLA NATURA   Giacomo
E DI                          Leopardi
UN ISLANDESE
 

Un islandese, che era corso per la maggior parte del mondo, e soggiornato in diversissime terre;andando una volta per l' interiore dell' Affrica, e passando sotto la linea equinoziale in un luogo non mai prima penetrato da uomo alcun ebbe un caso simile a quello che intervenne a Vasco di Gamanel passare Capo di
Buona speranza; quando il medesimo Capo, guardiano dei mari australi, gli si fece incontro, sotto forma di gigante, per distorlo dal tentare quelle nuove acque.Vide da lontano un busto grandissimo; che da prin-
cipio immaginò essere di pietra, e a somiglianza degli ermi colossali veduti da lui, molti anni prima, nell' isola di Pasqua.Ma fattosi più da vicino,trovò che era una forma smisurata di donna seduta in terra, col busto ritto appoggiato il dosso e il gomito a una montagna;e non finta ma viva;di volto mezzo tra bello e terribile,di ochi e di capelli nerissimi;la quale guardavalo fissamente;e stata così un buono spazio senza parlare,all' ultimo gli disse.
NATURA  Chi sei?che cerchi in questi luoghi dove la tua specie era incognita?
ISLANDESE  Sono un povero Islandese,che vo fuggendo la Natura;e fuggitala quasi tutto il tempo della  mia vita per cento parti della terra,la fuggo adesso per questa.
NATURA  Così fugge lo scoiattolo dal serpente a sonaglio,finchè gli cade in gola da se medesimo.Io  sono quella che tu fuggi.
ISLANDESE  Me ne dispiace fino all' anima;e tengo per fermo che maggior disavventura di questa  non mi potesse sopraggiungere.
NATURA  Ben potevi pensare che io frequentassi specialmete  queste parti;dove non ignori che si dimostra più che altrove la mia potenza.Ma che era che ti muoveva a fuggirmi?
ISLANDESE  Tu dei sapere che io fino nella mia prima gioventù,a poche esperienze,fui persuaso e  chiaro della vanità della vita,e della stoltezza degli uomini;i quali combattendo  continuamente gli uni con gli altri per l' acquisto di piaceri che non dilettano,e di beni  che non giovano;sopportandosi e cagionandosi scambievolmente infinite sollecitudini,   e infiniti mali,che affannano e nocciono in effetto,tanto più si allontanano dalla  felicità,quanto più la cercano.Per queste considerazioni,deposto ogni altradesiderio,delibe-
rai ,non dando molestia a chicchessia,non procurando in alcun modo di avan
zare il mio stato,non contenendo  con altri per nessun bene del mondo,vivere
una vita oscura e tranquilla,e disperato dei piaceri,come di cosa negata alla nostra specie, non mi proposi altra cura che di tenermi lontano dai patimenti
Con che non intendo dire che io pensassi di atsenermi dalle occupazioni e dalle fatiche corporali:che ben sai che differenza è dalla fatica al disagio,e dal viver quieto al viver ozioso. E già nel primo metter in opera questa risoluzione,conobbi per prova come egli è vano a pensare,se tu vivi tra gli uomini,di potere,non offendendo nessuno,fuggire che gli aòltri non ti offendano ;e cedendo sempre spontaneamente,e contentandosi del menomo di ogni cosa,ottenere che ti sia lasciato un qualsivoglia luogo, e che questo menomo non ti sia contrastato.Ma dalla molestia degli uomini mi liberai facil-
mente,separandomi dalla loro società,e riducendomi in solitudine:cosa nell'
isola mia nativa si può recare affetto senza difficoltà.Fatto questo,e vivendo senza quasi verun'immagine di piacere,io non poteva mantenermi però senza patimenti perchè la lunghezza del verno,l'intensita del freddo,e l'ardore estremo dell' estate,che sono qualità di quel luogo,mi travagliavano di cintinuo;e il fuoco,presso il quale mi conveniva passare gran parte del tempo
mi inaridiva le carni,e straziava gli occhi col fumo;di modo che,nè in casa nè a cielo aperto io poteva salvare da un perpetuo disagio.Nè anche potea con-
servare quella tranquillità della vita,alla quale principalmente erano rivolti i miei pensieri:perche le tempeste spavenrevoli di mare e di terra,i ruggiti e le minacce del monte Ecla,il sospetto degl'incendi frequentissimi negli alberghi,
come sono i nostri, fatti  di legno,non intermettevano mai di di turbarmi:Tutte le quali incomodità di una vita sempre conforme a sè medesima,e spogliata di qualunque altro desiderio e speranza,e quasi di ogni altra cura,che d'esser quieta;riescono di non poco momento,e molto più gravi che elle non sogliono apparire quando la maggior parte dell' animo nostro è preso dai pensieri della vita civile,e dalle avversità che proengono dagli uomini.Per tanto veduto che più che io mi restringeva e quasi mi contraeva in me stesso,a fine d' impedire che l' esser mio non desse noia nè danno a cosa alcuna del mondo;meno mi venive fatto che le altre cose non mi inquietassero e mi tribolassero;mi posi a cangiar luoghi e climi,per veder se in alcuna parte della terra potessi senza offendere non essre offeso,e non godendo non patire.E a questa deliberazione fui mosso anche da un pensiero
che mi nacque,che forse tu non avessi al genere umano se non solo un clima della terra (come tu hai fatto a ciascuno degli altri generi animali,e di quelli delle piant) e certi tali luoghi;fuori dai qualigli uomini non potessero  prospe  rare  nè vivere senza difficoltà e miseria;da dover essere imputate ,non a te ,
ma solo a essi medesimi,quando eglino avessero disprezzati e trapassati i ter-
mini che fossero prescritti dalle tue leggi alle abitazioni umane.Quasi tutto il mondo ho cercato,e fatta esperienza di quasi tutti i paesi; sempre osservando il mio proposito,di non dar molestia alle altre creature,se non il meno che io potessi ,e di procurare la sola tranquillità della vita.Ma io sono stato arso dal caldo fra i tropici,rappreso dal freddo tra i poli,afflitto nei climi temperati dall' incostanza dell'aria,infestato dalle commozioni degli elementi in ogni dove.Più luoghi ho veduto,nei quali non passa un dì senza un temporale:che è quanto dire che tu dai ogni giorni un assalto e una battaglia formata a quegli abitanti,non rei verso di te di nessun ingiuria.In altri luoghi la serenità ordinaria del cielo è compensata dalla frequenza dei terremoti,dalla moltotudine e dalla furia dei vulcani,dal ribollimento sotterraneo di tutto il paese.Venti e turbini smoderati regnano nelle parti e nelle stagioni tranquille dagli altri furori dell' aria.Tal volta io mi ho sentito crollare il tetto in sul capo pel gran carico della neve,tal altra,per l' abbondanza delle piogge,la stessa terra,fendendosi, mi si è dileguata sotto i piedi;alcune volte mi è bisognato fuggire a tutta ingiuria.Molte besti selvatiche,non provocate da me con una menoma offesa,mi hanno voluto divorare;molti serpenti avvelenarmi;in diversi luoghi è mancato poco che gli insetti volanti non mi abbiano consumato fino alle ossa.Lascio i pericoli giornalieri sempre imminenti all' uomo,e infiniti di numero;tanto che un filosofo antico non trova altro contro al timore altro rimedio più valevole che considerare che ogni cosa è da temere.Nè le infermità mi hanno perdonato;
con tutto che io fossi,come sono ancora,non dico temperante,ma continente i piaceri del corpo.Io soglio prendere non piccola ammirazione considerando come tu ci abbi infuso tanta e sì ferma e insaziabile avidità del piacere;disgiunta dal quale la nostra vita,come priva di ciò che desidera naturalmente,è cosa imperfetta;e da altra parte abbi ordinato che l'uso di essi piacere sia quasi di tutte le cose umane la più niciva alle forze e alla sanità del corpo ,la più calamitosa negli effetti in quanto a ciascheduna persona , e la più contraria alla durabilità  della stessa vita.Ma in qualche modo,astenendomi da ogni diletto,io non ho potuto di fare di non incorrere
in molte e diverse malattie:delle quali mi hanno posto in pericolo della morte;altre di perdere l' uso di qualche membro, o di condurre perpetuamente una vita più misera che la passata ;e tutte per più giorni o mesi mi hanno oppresso il corpo e l' animo con mille stenti e dolori.E certo,
benchèciascuno di noi sperimenti nel tempo delle infermità,mali per lui o disusati,e infelicità maggiore che egli non suole(come se la vita umana non fosse bastevolmente misera pewr l'ordinario);tu non hai dato all' uomo,per compensarnelo,alcuni tempi di sanità sovrabbondante e inusitata,la quale gli sia cagione di qualche diletto straordinario per qualità e grandezza.Ne' paesi coperti per lo più di nevi,io sono stato per accecare:come interviene ordinariamente ai Lapponi nella loro patria.Dal sole e dall' aria,cose vitali,
anzi necessarie alla nostra vita,e peròda non potersi fuggire,siamo ingiuriatidi continuo:da questa coll' umidità colla rigidezza,e con altre disposizioni;da quello col calore,e colla stessa luce:tanto che l'uomo non può
mai senza qualche maggiore o minore incomodità o dano,starsene esposto all' una o all' altro di loro.In fine, io non mi ricordo di aver passato un giorno
solo della mia vita senza qualche pena;ladove io non posso numerare quelli che ho consumati senza pure un' ombra di godimento:mi avveggo che tanto ci è destinato e necessario il patire,quanto il non godere;tanto impossibile il viver quieto in qual si sia modo,quanto il viver inquieto senza miseria:e mi
risolvo a conchiudere che tu sei nemica scoperta degli uomini, e degli altri animali,e di tutte le opere tue;che ora c'insidii ora ci minacci ora ci assalti ora ci pungi ora ci percuoti ora ci laceri, e sempre o ci offendi o di perseguiti; e che, per costume e per instituto, sei carnefice della tua propria famiglia, de' tuoi figliuoli e, per così dire, del tuo sangue e delle tue viscere.
Per tanto rimango privo di ogni speranza:avendo compreso che gli uomini finiscono di perseguitare hciunque li fuge o si occulta con volontà vera di fuggirli o di occultarsi; ma che tu,per niuna cagione,non lasci mai d' incalzarci,finche ci opprimi.E già mi veggo vicino il tempo amaro e lugubre della vecchiezza; vero e manifesto male, anzi cumulo di mali e di miserie gravissime;e questo tuttavia non accidentale ,ma destinato per legge a tutti i generi dei viventi,preveduto da ciascuno di noi fino nella fanciullezza,e preparato in di continuo,dal quinto suo lustro in là,con un tristissimo declinare e perdere senza sua colpa:in modo che appena un terzo della vita
degli uomini è assegnato al fiorire,pochi istanti alla maturità e alla perfezione,
tutto il rimanente allo scadere,e agli incomodo che ne seguono.
NATURA  Immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per causa vostra?
Ora sappi che nelle fatture,negli ordini e nelle operazioni mie,trattone pochissime,sempre ebbi ed ho l' intenzione a tuut' altro,che alla felicità degli uomini o all' infelicità.Quando io vi ofendo in qualunque modo e in qual si sia mezzo,io non me n' avvengo, se non in rarissime volte:come,ordinariamente,se io vi diletto o vi benefico,io non loso;e non ho fatto ,come credete voi,quelle tali cose,o non fo quele tali azioni,per dilettarvi o giovarvi.E finalmente, se anche mi avvenisse di estinguere tutta la vostra specie,io non mi avvederei.
ISLANDESE  Ponghiano caso che uno mi invitasse spontaneamente a una sua villa,con grande istanza;e io per compiacerlo vi andassi.Quindi mi fosse dato per dimorare una cella tutta lacera e rovinosa,dove io fossi in continuo pericolo di essere oppresso;umida,fetida,aperta al vento ed alla pioggia.Eglli,non che si prendesse cura d'intrattenermi in alcun passatempo o di darmi alcuna comodità,per lo contrario apena mi faceva somministrare il bisognevole a sostentarmi;e oltre di ciò mi lasciasse villaneggiare,schernire  minacciare e battere da' suoi figliuoli,e questa mia gente,per tuo servigioi?e,bene ho altro a pensare che de' tuoi sollazzi,e di darti le buone spese;a questo replicherei:vedi,amico,che siccome tu non hai fatto questa villa per uso mio,così fu in tua facoltà di no invitarmici.Ma poichè spontaneamente hai voluto che io ci dimori,non ti si appartiene egli di fare in modo,che io,quanto è in tuo potere,ci viva per lo meno senza travaglio o senza pericolo?Così dico ora.so beneche tu non hai fatto il mondo in servigio degli uomini.Piuttosto che l' avessi fatto e ordinato per tormentarli.Ora ti domando:t'ho forse io pregato di pormi questo universo?o mi sono intromesso violentemente,e contro tua voglia?Ma se di tua volontà, tu stessa, colle tue manio,mi vi hai collocato;non è egli dunque ufficio tuo,se non tenermi lieto e contento in questo uto regno, almeno vietare che io non vi sia tribolato e straziato, e che l' abitarvi non vi nocia?E questo che dico di me, dicolo di tutto il genere umano,dicolo degli altri animali e di ogni altra creatura.
NATURA  tu mostri non aver posto mente che la vita di quest'universo è un perpèetuo circuito di produzione e distruzione, collegate ambedue tra se di
maniera, che ciascheduna serve continuamente all' altra,allaconservazione
del mondo;il quale sempre che cessasse o l' una o l'altra di loro, verrebbe parimente in dissoluzione.Per tanto risulterebbe in suo danno se fosse in lui cosa alcuna libera da patimento.
ISLANDESE  Cotesto medesimo odo di ragionare a tutti i filosofi.Ma poichè
quel che è distrutto, patisce;e quel che distrugge,non gode,e a poco andare
è distrutto medesimamente; dimmi quello che nessun filosofo mi sa dire:a chi piace o a chi giova cotesta vita infelicissima del' universo,conservata con danno e con morte di tutte le cose che lo compongono?
Mentrre stavano in questi simili ragionamenti è fama che sopraggiunsero due leoni, cosìrifiniti e maceri dall' inedia,che appena ebbero forza di mangiarsi quell' islandese;come fecero;e presone un poco di ristoro,si tennero in vita per quel giorno.Ma sono alcuni che negano questo caso, e narrano che un fierissimo vento,levatosi mentre che l' islandese parlava,lo stese aterra,e sopragli edificò un superbissimo mausoleo di sabbia:sotto il quale colui disseccato perfettamente,e divenuto una bella mummia, fu poi ritrovato da certi viaggiatori,e collocato nel museo di non so quale città di
Europa.