Politecnico di Milano
Facolta' di Architettura
A.A. 1997/98


MARCO D'ANDREA matr. 178223

La sera del di' di festa (Giacomo Leopardi)

Dolce e chiara e' la notte e senza vento.
E queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
Posa la luna,e di lontan rivela
Serena ogni montagna. o donna mia,
Gia' tace ogni sentiero,e pei balconi
Rara traluce la notturna lampa:
Tu dormi, che t'accolse agevol sonno
Nelle tue chete stanze;e non ti morde
Cura nessuna;e gia' non sai ne' pensi
Quanta piaga m'apristi in mezzo al petto.
Tu dormi:io questo ciel,che si' benigno
Appare in vista, a salutar m'affaccio,
E l'antica natura onnipossente,
Che mi fece l'affano. A te la speme;
Nego,mi disse,anche la speme;e d'altro
Non brillin gli occhi tuoi se non di pianto.
Questo di' fu solenne: or da' trastulli
Prendi riposo;e forse ti rimembra
In sogno a quanti oggi piacesti,e quanti
Piaquero a te:non io,non gia' ch'io speri,
Al pensier ti ricorro. Intanto io chieggo
Quanto a viver mi resti, e qui per terra
Mi getto, e grido, e fremo. Oh giorni orrendi
In cosi' verde etate! Ahi, per la via
Odo, non lunge il solitario canto
Dell'artigian, che riede a tarda notte,
Dopo i sollazzi, al suo povero ostello;
E fieramente mi si stringe il core,
A pensar come tutto al mondo passa,
E quasi orma non lascia. Ecco e' fuggito
Il di' festivo, ed al festivo il giorno
Volgar succede, e se ne porta il tempo
Ogni umano accidente. Or dov'e' il suono
Di que' popoli antichi? or dov'e' il grido
De' nostri avi famosi, e il grande impero
Di quella Roma, e l'armi, e il fragorio
Che n'ando' per la terra e l'oceano?
Tutto e' pace e silenzio, e tutto posa
Il mondo, e piu' di lor non si ragiona.
Nella mia prima eta', quando s'aspetta
Bramosamente il di' festivo, or poscia
Ch'egli era spento, io doloroso, in veglia,
Premea le piume; ed alla tarda notte
Un canto che s'udia per li sentieri
Lontanando morire a poco a poco,
Gia' similmente mi stingeva il core.