Corso di Rilevamento e Rappresentazione
A.A. 1997/98
prof. Enrica Colabella
Dolce e chiara e la notte e senza vento, e queta sovra i tetti e in mezzo agli orti posa la luna, e di lontan rivela serena ogni montagna. O donna mia, già tace ogni sentiero, e pei balconi rara traluce la notturna lampa: tu dormi, che t'accolse agevol sonno nelle tue chete stanze; e non ti morde cura nessuna; e gia non sai ne pensi quanta piaga m'apristi in mezzo al petto. Tu dormi: ' io questo ciel, che si benigno appare in vista, a salutar m'affaccio, e l'antica natura onnipossente, che mi fece all'affanno. A te la speme nego, mi disse, anche la speme; e d'altro non brillin gli occhi tuoi se non di pianto. Questo di fu solenne; or da' trastulli prendi riposo; e forse ti rimembra in sogno a quanti oggi piacesti, e quanti piacquero a te: non io, non gia ch'io speri, al pensier ti ricorro. Intanto io chieggo quanto a viver mi resti. e qui per terra mi getto, e grido, e fremo. Oh giorni orrendi in così verde etate! Ahi, per la via odo non lunge il solitario canto dell'artigian, che riede a tarda notte, dcopo i sollazzi, al suo povero ostello; e fieramente mi si stringe il core, a pensar come, tutto al mondo passa e quasi orma non lascia. Ecco e fuggito il dì festivo, ed al festivo il giorno volgar succede, e se ne porta il tempo ogni umano accidente. Or dov'e il suono di que' popoli antichi? or dov'e il grido de nostri avi famosi, e il grande impero di qulla Roma, e l'armi e il fragorio che n'andò per la terra e I'oceano? Tutto e pace e silenzio, e tutto posa il mondo,e più di lor non si ragiona. Nella mia prima eta, quando s'aspetta bramosamente il dì festivo, or poscia ch'egli era spento. io doloroso, in veglia, premea le piume; ed alla tarda notte un canto che s'udia per li sentieri lontanando morire a poco a poco, gia similmente mi stringeva il core.