L'infinito
 
Sempre caro mi fu, quest'ermo colle,
e questa siepe, che tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte, e la presente
e viva, e il suon di lei.
 
E il naufragar m'è dolce in questo mare.

 

 

 

 

L'ermo colle e la siepe di fronte al soggetto impediscono la vista, al di là di esse

Sedendo e mirando: da un punto fisso il vedere e il sentire stimolano l'immaginazione di là da quella:
 

a partire da quella  una compresenza di posizioni che crea un vuoto che spaventa

oltre quella
Gli spazi interminati (nel pensiero ogni spazio non ha confani) silenzi, quiete vento, sono perimetrati interamente nel pensiero.

Ove: da quel punto e per quella situazione immaginata, c'è una caduta, come il vuoto, in un profondo, che spaventa, ma che termina (per poco non). Infatti risulta dolce il naufragio nel mare perchè temina nel pnsiero stesso.

Il vento è paragonato al sovraumano (legato all'eterno) silenzioe da questo sovvien l'eterno

e il ricordo del passato (morte) e del presente, riscontrato ulteriormente nel ricordo dei suoni.