"La nostalgia verso la vita di coloro che hanno elaborato in se la natura in idea... Costoro non possono vivere soli, e l'uomo è sempre solo anche se egli si è posto dinnanzi la propria natura e di questa rappresentazione ha fatto il suo compagno e in essa gode se stesso; egli deve anche trovare il rappresentato come un vivente."
"Lo stato dell'uomo che il tempo ha cacciato in un mondo interiore, può essere o soltanto una morte perpetua, se egli in esso si vuol mantenere, o, se la natura lo spinge alla vita, non può essere che un anelito a superare il negativo del mondo sussistente, per potersi trovare a godere in esso, per poter vivere."
(Hegel, Filosofi vecchi e nuovi, 1947)
Leopardi visse in un siffatto anelito e in esso fallì. Cercò, e non poté trovare, il rappresentato come un vivente. Questo "rappresentato" si chiamò così per lui illusione; isolato nel "mondo interiore", lo stato, mal sofferto, che egli analizzò e cercò di teorizzare fu lo stato della "morte perpetua", il tedio, la noia.
La noia rivela il vuoto, il nulla delle cose; corrisponde a un'aspirazione inappagata, che trova tutto meschino ciò che è dato e può venir dato.
E' la conclusione del contrasto vitale tra natura e ragione.