GIACOMO LEOPARDI

 

1798-1822 Nasce a Recanati, nelle Marche (allora appartenenti allo Stato della Chiesa), da un padre coltissimo quanto retrivo, il conte Monaldo, e da una madre di cui patì il carattere severo e poco affettuoso. Isolato in quel "natio borgo selvaggio", si getta in uno studio "matto e disperatissimo", favorito dalla ricca biblioteca paterna, applicandosi al greco, al latino, all’ebraico, alla letteratura italiana e alla filosofia. A causa della salute gracile e minata da una grave scoliosi si accentua la sua condizione di solitudine per cui progetta nel 1819 una fuga da Recanati. Tra il 1817 e il 1819 avvengono alcuni fatti nella vita del Leopardi su cui germina la prima maturità artistica: l’incontro con la cugina del padre Gertrude Cassi e la nascita del primo sentimento d’amore. Il tentativo di fuga da Recanati, subito scoperto, trova conforto nel rapporto epistolare con Pietro Giordani, il severo intellettuale classicista che intuisce il genio del giovane amico. Dietro la spinta ideale del "perfetto scrittore" scrive le due canzoni All’Italia e Sopra il monumento di Dante. Dalla dolorosa situazione esistenziale nacque l’idea nostalgica di una perduta stagione di felicità poetica, trattata nel suo diario meditativo (lo Zibaldone), e videro la luce i piccoli idilli, poesie che muovevano dal genere antico del "quadretto) paesistico per approdare a un paesaggio interiore, al ritratto di un’anima sconsolata: L’Infinito è uno di questi idilli.
1822-1828 Dopo un viaggio a Roma (1822) che lo delude profondamente, si applica alle Operette morali, riflessioni in prosa di carattere filosofico, satirico e fantastico, in cui prese forma una visione che estendeva il pessimismo dal proprio stato personale alla generale condizione dell’umanità. Le compose per lo più nel 1827. Nel 1825 si trasferisce a Milano, poi a Bologna, a Firenze e a Pisa, dove compone nel 1828 A Silvia, facendosi conoscere e apprezzare dai maggiori intellettuali.
1828-1837 La malferma salute lo riconduce a Recanati (1828), dove, maturata la coscienza della propria infelicità e della crudeltà della natura, nascono i grandi idilli (Le ricordanze, La qiuete dopo la tempesta, Il sabato del villaggio, il Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, e, forse, Il passero solitario) che insieme agli idilli pubblicati nel 1825-1826, raccolse nella prima edizione dei Canti. Tornato a Firenze vive un amore infelice per Fanny Targioni Tozzetti e stringe un’amicizia con il napoletano Antonio Ranieri, che segue a Napoli, sperando che il clima meridionale possa giovare ai suoi mali. Qui, tra l’indifferenza dei più, si raccoglie in solitudine componendo poemetti e attendendo alle nuove edizioni delle Operette morali e dei Canti. A Napoli, mentre si accinge a partire per il timore del colera, si spegne nel 1837, a meno di quarant’anni. Lascia alla città le sue carte con gli ultimi componimenti, come il canto della Ginestra, ampia e dolente meditazione sulla sorte dell’uomo.

 

 

Tratto dall’antologia della letteratura italiana

"Lo spazio letterario", vol.3

Gibellini/Oliva/Tesio

 

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