I concetti di Rabarama

Il 1995 è forse l’anno più importante per la giovane scultrice, in quanto ha inizio la Sua collaborazione con la galleria Dante Vecchiato, che porta l’artista a sviluppare quelle che poi diventeranno le Sue tematiche principali.

 

1a fase concettuale:

E’ proprio dal 1995 che la sua ricerca pone le basi su una particolare divisione del mondo e della vita che si esprime nella negazione del libero arbitrio, nella predestinazione degli eventi e nella riduzione dell’uomo a semplice computer biologico e ad essere umano la cui unità psicosomatica si riduce a sole reazioni fisico-chimiche, quasi fosse programmato unicamente dalla genetica e dalla società, il suo programma è rimanere in vita, la volontà di vivere condiziona quindi ogni funzione dell’esistenza.

Ecco allora un mondo regolato da rapporti di causa effetto ove tutto è programmato. L’universo e la vita sono un gioco di incastri, un puzzle, dove ogni sua parte è inserita in quel preciso luogo dello spazio e del tempo. Paradossalmente vi è comunque una disperata ricerca di Dio e del soprannaturale o meglio di quella energia che tutto “muove”, intesa come fuga dalla realtà e rifugio.

L’espressività dei soggetti dallo sguardo assente, immersi in un loro intimo mondo da esplorare, paiono racchiusi entro i confini della propria pelle “prigione dell’anima” e spazio per la ricerca del perché della propria esistenza, un viaggio nella realtà e nella conoscenza.

A conclusione di questa prima fase di ricerca quindi la pelle diviene la tela che avvolge, protegge ma al tempo stesso invita.

 

2a fase concettuale:

Nel 2000 Rabarama scopre che l’alfabeto indica il vincolo del linguaggio, i geroglifici, i puzzle e i nidi d’ape sono la visualizzazione del genoma, nei labirinti invece viene approfondita la complessità dell’IO.

La ricerca sul DNA e l’idea che siamo unicamente generati da migliaia di cellule, viene superata in questo periodo; le figure che non esprimevano nessuna aspirazione, ma che rappresentavano una condizione, uno status, mutano ancora una volta lacerando questa pelle che le avvolge, dalle squame che portavano l’uomo a riflettere sulla condizione primigenia del suo corpo, alla necessità di sciogliersi da un involucro, una mutazione che nelle opere vediamo espressa nel tentativo di liberarsi in un'infinita e inutile lotta.

I tatuaggi tridimensionali incisi sulla pelle assumono nuove forme simboliche forando completamente la “corazza” protettiva mettendo a diretto contatto l’energia interiore con l’ambiente esterno aiutando in tal modo la fuga dalla materia che ci lega inevitabilmente a un’esistenza terrena, quindi scientifica; la coscienza si rivela compiutamente tale quando si libera dagli elementi che ne negano la spiritualità.

 

3a fase concettuale:

Altra fase dell’esplorazione artistica di Rabarama è quella che disegna intrecci d’erba, uomini albero ricoperti di corteccia che esprime l’idea che l’uomo sia ancora radicato alla “Madre” terra, ma che allo stesso tempo l’abbandono del corpo in quanto materia e l’unico modo per la transmigrazione dell’anima.

Sullo stesso piano, attraverso l’uso delle resine che avvolgono le sculture antropomorfe, Rabarama descrive la fase iniziale di vita dell’uomo, nella placenta con il suo liquido amniotico vitale.

Ma l’uomo non ha solamente questa origine tellurica, non gravita necessariamente verso il basso, c’è qualcosa di solare di olimpico che lo attrae e richiama; in lui c’è una scintilla divina che attende di essere alimentata. Dalla terra l’uomo vuole innalzarsi e solo attraverso un processo di conoscenza e di ascesi la ricerca può continuare; la pelle che lo ricopre non è nulla di illusorio ed è attraverso la sua mediazione che entriamo sensibilmente in contatto con il mondo degli oggetti, ovvero al di la del nostro corpo.

Ecco quindi che la superficie della figura viene totalmente ricoperta di croci e stelle che altro non sono che una nuova ricerca e con la rappresentazione simbolica del corpo si collega con l’universo o meglio ancora con Dio, quell’energia di cui tutti siamo pervasi. Rabarama scopre un modo originale di descrivere la figura umana, una descrizione che rimanda a precisi punti di riferimento filosofici, a questioni che sempre agitano il pensiero sulla natura e il destino dell’essere e dell’esistenza umana.

 

Forma d’arte “figlia del suo tempo”, misteriosa “forza visionaria” che coincide con la sua capacità di conquistare l’orizzonte in cui la linea che separa la libertà “da che cosa” e oltrepassata e si è conquistata la libertà “per che cosa”. L’oltrepasso di quella linea esige una integrale considerazione della natura umana e delle sue possibilità, il superamento definitivo di ogni zavorra materialistica e naturalistica, il richiamo di vocazioni metafisiche superiori. Si tratta di evocare quelle più profonde e interiori potenze dell’anima attraverso le quali è possibile il trascendimento di quell’orizzonte di significato in cui si muovono Metamorfosi e aspirazioni di libertà assolute.

E’ questa la linea di ricerca, per Rabarama la vita è dipingere e plasmare l’argilla, è impossessarsi della materia, muoverla, forgiarla, dipanarla, come se fosse spinta da un bisogno fisico e psicologico al tempo stesso di trovare nuovi modi per ridefinire la materia in una forma plastica.

 

 

Per saperne di più:

http://www.prospettiveweb.com/esposizioni/rabarama/index.php?page=10&dir=opere_rabarama

 

Home page Chi sono Obiettivi Codici Edificio Il mio catalizzatore Catalizzatore Rabarama Paradigma Scenari Manifesto